Autunno, tempo di funghi?
di Pierluigi Fagan - 02/10/2024
Fonte: Pierluigi Fagan
Tre giorni fa, Netanyahu ha fatto questa dichiarazione “Quando l’Iran sarà finalmente libero e quel momento arriverà molto prima di quanto la gente pensi, tutto sarà diverso. I nostri due popoli antichi, il popolo ebraico e il popolo persiano, saranno finalmente in pace”. A chi si rivolgeva? In primis, al popolo iraniano in tutta evidenza, secondariamente stava dando un annuncio.
Questo annuncio seguiva quello del discorso all’ONU di qualche giorno prima, un discorso che sebbene i più si aspettassero un giocare in difesa per giustificare le numerose azioni fuori di qualsiasi buona norma di equilibrio geopolitico, l’israeliano aveva condotto fieramente in attacco. Come in attacco Israele ed il suo premier sono da un anno.
Netanyahu, all’ONU, ha mostrato una cartina nella quale l’area di influenza politica e militare iraniana (Iran, Iraq, Siria, Yemen, Hamas), tutta nera, era definita “the curse” ovvero “la maledizione” ovvero la causa di tutti i problemi ed instabilità del Medio Oriente altrimenti votato a pacifiche relazioni si cambio commerciale tra arabo sunniti ed il suo paese mediterraneo, il famoso progetto “Accordi di Abramo-Via del Cotone”. Cercando così di rinfocolare lo storico dissidio sciiti-sunniti faticosamente ricucito dai cinesi negli ultimi tempi.
Netanyahu ha provocato in tutti i modi una reazione militare dell’Iran che dall’inizio degli attentati e morti di quadri di Hamas, Hezbollah ed altri anche iraniani, era stato cauto, come se avvertisse la trappola. Le cronache della stampa internazionale (ma mai come in questi momenti c’è da prendere con pinze e molle qualsiasi analisi o dietro le quinte, promosse da soggetti interessati che fanno parte del gioco) dicono che la parte più politica legata alla nuova presidenza iraniana, si stava fidando delle promesse americane di una possibile tregua spegni-conflitto, se non addirittura di una apertura per la richiesta iraniana di riaprire i negoziati sul nucleare. E chissà che dietro questa pressione israeliana verso l’Iran non ci sia oltreché i progetti di sviluppo Abramo-Cotone, qualche preoccupazione in più per la temuta capacità iraniana di dotarsi di arma atomica. Un vero spettro strategico per Tel Aviv.
Ricordo che Israele è l’unico soggetto dell’area Medio Orientale ad essere dotato di arma atomica sebbene ,unico paese al mondo, non l’abbia mai ammesso, né dichiarata pubblicamente la dottrina cui si atterrebbe per l’utilizzo. Neanche si sa bene quante ne abbiano. Da anni tutti riportano 90 testate, ma con voce di sen sfuggita, Jimmy Carter, a suo tempo, parlò di trecento. Altri parlano di cinquecento. Inoltre, dietro Israele ci sono europei (atomiche britanniche e francesi) e soprattutto americani. Tutto il mondo arabo ne è sprovvista e gli unici sunniti ad avercela sono i pakistani.
Questo crea una profonda asimmetria nel confronto strategico.
In teoria, semmai Israele dovesse sforzarsi di trovare una ragione da vantare per l’utilizzo dell’arma nucleare, potrebbe sempre appellarsi alla nuova dottrina di Putin che sempre pochi giorni fa ha dichiarato che «Prenderemo in considerazione questa possibilità (utilizzo delle atomiche) quando riceveremo informazioni affidabili su un lancio massiccio di armi di attacco aereo o spaziale e sul loro attraversamento del nostro confine di Stato. Mi riferisco ad aerei dell’aviazione strategica e tattica, missili da crociera, droni, aerei ipersonici e di altro tipo». Tradotto: “potremmo rispondere con atomiche se il nostro territorio venisse attaccato anche con semplici mezzi tradizionali”.
Ieri gli iraniani che pure avevano prudentemente aspettato prima di rispondere alle continue provocazioni ed attacchi indiretti allo status quo, hanno inviato poco meno di 200 missili su obiettivi militari. Dopo la morte di Nasrallah e l’attacco di terra in Libano, non potevano sopportare ulteriore perdita di credibilità militare nei confronti dei propri alleati e del mondo arabo più in generale.
Tecnicamente, la risposta si potrebbe definire “proporzionata”, tu mi ammazzi una lunga serie di quadri operativi e dopo il massacro di Gaza ora invadi pure il Libano, io ti dico stai attento che così si finisce a scatafascio. Le risposte “proporzionate” presuppongono che siano senza seguito, ribilanciano uno sbilancio e propongono di chiudere la partita.
Ma Israele ha già dichiarato che non ha alcuna intenzione di “chiudere la partita”, per loro, la partita è appena iniziata, Teheran ha sbagliato a reagire (e che altro poteva fare, realisticamente?), ci saranno “serie conseguenze”. Quindi, in termini di gioco, Israele rifiuta di chiudere la partita ed accettare la proporzionalità. Israele vuole l’escalation. Per arrivare fino a dove?
Netanyahu ha davanti una occasione irripetibile, un intero mese in cui il master of game, gli Stati Unti, sono in campagna elettorale, con Trump del tutto allineato al disegno di Netanyahu come ha dichiarato l’altro giorno il genero: “«l’Iran ora è completamente esposto: la ragione per cui i loro impianti nucleari non sono stati distrutti è perché Hezbollah aveva un’arma puntata verso Israele. L’Iran - ha continuato - ha speso gli ultimi quarant’anni usando questo come deterrente». Adesso, ha avvertito Kushner, «la mossa giusta per l’America sarebbe di dire a Israele di finire il lavoro».
L’attuale presidenza, è un anno che viene presa in giro sulla possibilità di fare trattative, sospensioni, tregue etc.. Nei fatti Netanyahu è andato avanti come un treno e gli stessi americani, messi alle strette dagli eventi militare sul campo, non hanno potuto far altro che ribadire la loro presenza ed alleanza di fatto con Tel Aviv. Viepiù che l’avversario elettorale (Trump) si è dichiarato così esplicitamente a favore dello storico alleato ed in fondo il disegno di Netanyahu è lo stesso che promuoveva Biden, la Via del Cotone è una sua pura invenzione non di Trump.
Quindi, Trump vuole che Netanyahu vada fino in fondo per poi, una volta presidente, andare a benedire nuovi accordi e progetti di sviluppo e business sulla linea Abramo-Cotone. Biden non può che accodarsi. Netanyahu ha da 90 a 500 testate nucleari.
L’altro giorno si è rivolto direttamente ai persiani dicendo che era pronto a liberarli dal potere nefasto che li domina. Ha pure aggiunto un agghiacciante “Quando l’Iran sarà finalmente libero >> E QUEL MOMENTO ARRIVERÀ MOLTO PRIMA DI QUANTO LA GENTE PENSI <<”. Non ha accettato di ritenere la risposta di ieri di Teheran “proporzionata” e quindi chiudere momentaneamente la partita; quindi, si si sta avviando volutamente verso l’escalation. Sul piano del precario ed ormai poco significativo “diritto internazionale”, può sempre appellarsi alla nuova dottrina nucleare russa. Il programma l’ha presentato all’ONU con quella cartina esplicita.
Spero vivamente di sbagliarmi anche perché ognuno di noi è sotto-informato di tutta una serie di fatti che non sono certo pubblici, ma vedo concreto il rischio di assistere ad un autunnale agghiacciante “andare a funghi”. Ne basterebbe uno a titolo d'esempio "ragazzi se non volete esser cancellati dalla geografia e dalla storia, sedetevi ad un tavolo e firmate una umiliante resa totale". Come altrimenti decomporre il potere dei vertici iraniani una volta per tutte "prima di quanto la gente pensi"? .