Avanti il prossimo
di Marco Travaglio - 27/11/2024
Fonte: Il Fatto Quotidiano
L’idea che con Trump possa scoppiare la pace o almeno la tregua in Ucraina ha gettato nel più cupo sconforto i criminali di guerra americani e gli scemi di guerra europei. Il che la dice lunga su quanto avessero investito nel conflitto con la Russia sulla pelle degli ucraini. Infatti s’impegnano allo spasimo per allungarlo con mine, missili e magari anche truppe; e per allargarlo ai danni di altri Paesi dell’Est. La tecnica è sempre quella collaudata con la cavia Kiev: si annuncia che un Paese entra nella Nato e nell’Ue (tanto ormai coincidono); si appoggiano partiti filo-Nato&Ue; se poi i popoli, volendo restare neutrali per non finire come l’Ucraina, non li votano, si contestano le elezioni gridando ai brogli putiniani, si accusano i vincitori di essere filorussi e si promuovono rivolte di piazza per cacciarli e rimpiazzarli con chi decidono Nato&Ue. In Moldavia si è strillato ai brogli di Putin quando le proiezioni davano i Sì alla Ue in svantaggio, ma poi lo spoglio le ha ribaltate di un pelo, quindi tutto regolare. Ora in Romania, che già fa parte dell’Ue, ha vinto il candidato di destra Georgescu, contrario ad armare Kiev, quindi “ha stato Putin”. E poi c’è la Georgia, l’altro agnello sacrificale issato insieme all’Ucraina nei primi anni 2000 sull’altare dell’agognata guerra fra Nato e Russia.
Nel 2003-04 due “rivoluzioni colorate” a Tbilisi (quella “delle rose”) e a Kiev (quella “arancione”), finanziate da Usa&C., cacciano i presidenti appena eletti Shevardnadze e Yanukovich, rei di volere la neutralità. Si rivota e vincono i “buoni” Saakashvili e Yushchenko. Nel 2008, al vertice Nato di Bucarest, Bush jr. ordina di annunciare l’ingresso di Ucraina e Georgia; Merkel e Sarkozy si oppongono; ma il comunicato finale afferma che “la Nato accoglie con favore le aspirazioni di Ucraina e Georgia a entrare nella Nato”. Però gli ucraini non vogliono e nel 2010 rieleggono Yanukovich: nel 2014 gli Usa finanziano un’altra “rivolta arancione” per cacciarlo e sostituirlo con il fantoccio Poroshenko, che a Minsk firma l’autonomia per il Donbass, poi la nega bombardandolo e cambia la Costituzione per aderire alla Nato. Nel 2019 gli ucraini eleggono il russofono Zelensky che promette la fine della guerra civile, invece la aggrava fino all’invasione russa. Ora ritocca alla Georgia. Il premier neutralista Ivanishvili stravince le elezioni col 54% contro il 37,8 dei pro-Nato. La presidente filoccidentale Zourabichvili grida ai brogli putiniani (del 16%!), invoca la piazza e tenta di impedire che s’insedi il Parlamento eletto: un golpe come quello dei trumpiani a Capitol Hill. Ma Usa e Ue stanno con lei. Se il popolo non vota come dicono loro, non vale. Casomai scoppiasse la guerra pure in Georgia, già sapremmo il perché.