Basta con l'"atlantismo", i nostri interessi non sono Made in USA
di Massimo Fini - 11/11/2022
Fonte: Massimo Fini
Durante la visita del cancelliere Scholz a Pechino il presidente cinese Xi Jinping ha detto: “Spero che i rapporti tra Europa e Cina non siano presi di mira o controllati da terzi”. I “terzi” sono evidentemente gli americani. Xi ha perfettamente ragione non solo riguardo agli interessi del suo Paese, ma anche a quelli dell’Europa. È l’ora di farla finita con il cosiddetto “atlantismo” che altro non vuol dire che la subordinazione degli interessi europei, e anche italiani, allo zio Sam, com’è stato per 75 anni.
Il Novecento è stato il “secolo americano”, il Duemila sarà di altri, probabilmente la Cina, ma non solo la Cina. Gli Stati Uniti debbono rassegnarsi a non essere più gli incontrastati primi. L’Europa, e con essa l’Italia, ha il diritto di cercare, almeno cercare, di difendere i propri interessi, cosa evidente ma che non appare del tutto chiara a molti leader dei Paesi europei. Scholz è stato aspramente criticato innanzitutto per essere andato in Cina, orrore, e per soprammercato di essersi portato dietro molti imprenditori tedeschi. Che cosa doveva fare visto che la Cina è un enorme mercato in espansione? Doveva rinunciare perché gli Stati Uniti sono in conflitto economico con la Cina? La più esplicita nella critica a Scholz è stata la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock che ha affermato: “La Germania non può più dipendere da un Paese che non condivide i nostri valori”. O bella, l’Europa intera ha stretti legami con l’Arabia Saudita o l’Egitto o la Turchia, Paesi che certamente “non condividono i nostri valori”.
Il più modesto Di Maio quando era ministro degli Esteri fu massacrato per aver aperto alla “via della seta”. Fu una delle poche buone iniziative di Di Maio. Naturalmente se noi abbiamo vantaggi nel commerciare con la Cina, anche la Cina li ha nei nostri confronti. Una normale, normalissima, dialettica commerciale sempre che noi si abbia la forza e il coraggio di non passare da un padrone all’altro. Altrimenti siamo punto e a capo.
Restando in Italia un esempio palmare di come i nostri interessi non solo non coincidano, ma divergano da quelli americani, è la vicenda della raffineria Lukoil a Priolo. Per l’embargo economico alla Russia decretato dagli americani la raffineria non dovrebbe più ricevere e trattare gas russo a partire dal prossimo 5 dicembre. Per noi sarebbe un disastro: all’azienda Lukoil lavorano 1000 persone che diventano 3000 con l’indotto “ma è a rischio l’intera area industriale compresa tra Priolo, Augusta e Mellili e i suoi 10.000 posti di lavoro” come scrive sul Corriere della Sera (02/11) Giuliana Ferraino. Per buona sorte il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, mio antico sodale a L’Italia settimanale, ha promesso di metterci una pezza. Del resto non è proprio la leader del suo partito, Giorgia Meloni, a dichiarare a ogni piè sospinto che in primo piano ci devono essere gli “interessi nazionali”? E gli “interessi nazionali” non possono essere difesi se continuiamo ad essere “atlantisti”, cioè al servizio degli interessi economici e geopolitici degli Stati Uniti.