Basta la fotografia
di Maurizio Murelli - 21/01/2023
Fonte: Maurizio Murelli
La fotografia è emblematica e da sola dice tutto. A Ramstein in Germania – cuore d’Europa, asse portante degli europeisti di ogni idea di Europa – alle spalle dei relatori le bandiere americane e ucraine. Non una bandiera di altre nazioni, non la bandiera della miserabile UE. Del resto Ramstein è appunto una base militare americana che marca il ruolo dell’occupante e quello della colonia. Al centro del tavolo dei relatori il capo del Pentagono Lloyd Austin che detta l’agenda; non un capo politico ma un capo militare per risolvere una questione che prima di tutto è politica e geopolitica. In collegamento video il questuante Zelensky. Penoso il balbettio degli oligarchi UE, con il mantra: «Più armi agli ucraini per salvare vite umane» quando poi è del tutto evidente che l'implementazione della fornitura di armi agli ucraini ne ha favorito la mattanza sottaciuta dai media.
Mi sono posto la domanda del perché del tipo di comunicazione propagandistico occidentale, palesemente menzognero e mi son fatto convinto che esistono almeno tre livelli.
Il primo è quello peracottaro dei mestieranti mediatici. Non sanno di che parlano, ripetono a pappagallo le fesserie che vengono sostenute dai nanetti della politica o degli analisti allo sbaraglio a loro volta imbeccati dai media statunitensi. Qui il focus è la barbarie russa, la Russia come aggressore, l’Ucraina come eden democratico indebitamente invasa etc. Costoro sanno che devono conformarsi, essere conformisti per non essere espulsi dal circo. Devono compiacere e non permettersi di verificare la fonte delle notizie.
Il secondo è quello di tipo ideologico sostenuto da soggetti quali Georg Soros. Di recente la Fox News Broadcaster ha sostenuto che George Soros ha pagato 54 influenti personaggi dei media nel corso degli anni, inclusi giornalisti di CNN, NBC, CBS, Bloomberg, NPR e Washington Post.
Secondo uno studio di MRC Business, Soros ha speso almeno 131 milioni di dollari per convincere 253 media a coprire gli eventi mondiali nel modo desiderato. Ha pagato tutti, dai giornalisti e dalle emittenti agli editori e ai capi dei media. Georg Soros è stato il principale finanziatore delle “rivoluzioni arancioni” nell’Europa dell’Est, in Ucraina nel 2005 per poi sostenere il golpe di Maidan.
Il terzo livello è quello implementato dalle agenzie collegate ai centri militari che si occupano di guerra psicologica. L’idea è di far leva sull’immaginario collettivo del paese nemico per portare i giovani alla sollevazione contro le istituzioni. Quando queste agenzie (in particolare quelle inglesi) mettono in circolo notizie (subito riprese asetticamente dai media) tipo: “Putin ha il tumore e sta morendo”; “I russi mandano al fronte i soldati senza calzini”; “I russi non hanno più munizionamento”; “C’è una guerra di potere dentro il Cremlino”; “I Russi stanno perdendo la guerra e contano 1000.000 morti”, etc. i destinatari di tale bufale non sono le popolazioni occidentali ma i giovani dei “paesi nemici” per portarli alla rivolta interna: i giovani devono avere una ragione di contestazione e essere convinti che il loro governo mente e che vale la “libera e democratica stampa occidentale”; fanno affidamento sul web e internet. Il governo nemico deve essere discreditato. Vale per la Russia, ma anche per la Cina, l’Iran etc. Questo tipo di notizie lasciano indifferenti le popolazioni occidentali ma sortiscono qualche effetto sulle popolazioni dello Stato avverso agli occidentali, danno ai colonizzati mentali una motivazione. Va detto che questa azione non ha funzionato più di tanto. In Russia, per esempio, stando ai rilevamenti delle agenzie preposte ai sondaggi (tipo Levada), dall’inizio del conflitto ucraino il gradimento verso Putin è passato dal 61% a rasentare l’80%. E anche per Iran e Cina le cose non sono andate come sperato e auspicato dai centri preposti alla guerra psicologica. Questa cosa del consenso popolare a Putin ha di recente fatto sclerare Zelensky che è giunto a minacciare tutto il popolo russo a cui chiederà di rendere conto. Un po’ come gli angloamericani verso i tedeschi nel secondo conflitto mondiale, per cui si è giunto ad auspicare il totale sterminio.
Allo stato delle cose, lo sforzo mediatico della propaganda occidentale è quello di fare in modo che le popolazioni europee non mettano in correlazione le difficoltà economiche (recessione, aumento dei costi della vita etc.) con la guerra e che, comunque, questo è un prezzo da pagare per salvare i principi democratici. “La Russia non deve vincere, l’Ucraina non deve perdere” perché ne andrebbe della salvaguardia dei gloriosi principi democratici occidentali. La famosa frase di Draghi sul condizionatore è emblematica. Ma siccome la situazione sta precipitando, questo tipo di propaganda mediatica mostrerà presto la corda e se al momento non c’è da parte della gente una significativa reattività verso i desiderata degli oligarchi occidentali e dunque della propaganda mediatica, non è escluso che prima o poi non si arrivi al “Chi se ne frega dell’Ucraina” perché poi alla fine, come già ho avuto modo di dire, la menzogna è come una palla di neve che più rotola più si ingrossa, ma quando poi si frantuma a valle modifica lo scenario. “Chi se ne frega dell’Ucraina” sopra tutto perché il prezzo che si chiede di pagare alle popolazioni europee è insensato, non sostenibile e fonte di un disastro epocale per gli europei contro i quali gli USA continuano nella loro guerra, per stravincere perché di fatto l’hanno già vinta. Come appunto emblematicamente dimostra la fotografia a commento di queste righe.