Dopo un mese di combattimenti, la continuazione del fuoco su obiettivi puntuali racconta una storia diversa. La Russia non ha soppresso completamente le difese ucraine, non ha stabilito la superiorità aerea su tutta l’Ucraina. Gli aeroporti lontani dal teatro di battaglia terrestre sono ancora funzionanti e alcuni nelle città più importanti non sono stati mai bombardati. Il tessuto delle comunicazioni dell’intero paese è ancora funzionante e intatto. Non c’è stato attacco metodico sulla rete dei trasporti o delle infrastrutture che potesse impedire le difese terrestri e i rifornimenti. “Le centrali elettriche colpite riguardano le aree dei combattimenti o le vicinanze d’installazioni militari. Nessuna di esse è stata colpita intenzionalmente”. In pratica non c’è stata nessuna campagna aerea di distruzione programmata per conseguire risultati di natura strategica. Questa autolimitazione è stata utilizzata dall’Ucraina per enfatizzare i successi della propria difesa aerea smentiti dalla stessa Nato che in un briefing per il Consiglio atlantico ha dichiarato: “Il fatto che le batterie missilistiche contraeree S-300 si muovano liberamente sul territorio è un chiaro indizio della capacità della Russia di condurre azioni dinamiche”. Entrambe le versioni dell’Ucraina e della Nato sono sbagliate. Secondo l’analista della Dia “qualunque sia la ragione, è chiaro che i russi hanno evitato di bombardare l’area metropolitana di Kiev. Può essere che essi non abbiano le capacità occidentali di conseguire la superiorità aerea e nemmeno la capacità di acquisizione dinamica degli obiettivi aerei, ma questa non è una guerra per la superiorità aerea è una guerra terrestre. L’aeronautica è subordinata alle operazioni terrestri per le quali qualsiasi obiettivo strutturale distrutto (ponti, comunicazioni, aeroporti) diventa inutilizzabile anche da parte delle proprie forze”. Mentre si leggono queste considerazioni molto razionali su Newsweek, un’altra fonte (che ovviamente sarà definita “complottista e filo putiniana”: Joe Lauria del Consortium News 25.3) le commenta osservando che si tratta di una vera e propria “bomba di verità” (anzi due) lanciata dal Pentagono per mettere in evidenza come il presidente Biden sia intrappolato tra il Dipartimento di Stato da una parte che vorrebbe evitare il confronto militare diretto tra Usa e Russia e dall’altra il Congresso e i grandi media che, sostenendo la narrazione del presidente ucraino, vorrebbero uno scontro diretto tra Nato e Russia. “Le corporazioni di media occidentali, sulla base quasi esclusiva di fonti ucraine, riportano che la Russia sta perdendo la guerra, che la sua offensiva è in stallo e che in preda alla frustrazione ha deliberatamente attaccato i civili e spianato a suon di bombardamenti le città. Biden si è bevuto questa parte della storia definendo il presidente russo un criminale di guerra. Ha anche detto che la Russia sta pianificando un attacco chimico sotto falsa bandiera per incastrare l’Ucraina”.
Tutto questo accade mentre il presidente americano in Europa e tra i consoci del G7, della Nato e del Consiglio europeo lancia ancora minacce e accuse ribadendo le tesi ucraine. Occorre perciò, più che mai riflettere su cosa significhino sia le bombe di verità recenti sia quelle di menzogna ormai datate.
La favola dell’intervento di deterrenza
Se ciò che dicono le fonti di Newsweek e del Pentagono è verità, si conferma vero anche ciò che ha detto Putin quando parlava di operazioni speciali limitate. Allora non sono le azioni della Russia a preoccupare, ma quelle di chi vuole la guerra totale al punto da costruire narrazioni lucrando sulla disperazione e il senso patriottico della propria popolazione e sulla dabbenaggine o peggio della malafede degli altri. Se la Russia non vuole la distruzione dell’Ucraina significa che fino a questo momento ha voluto tenere il conflitto al livello di “bassa intensità” (che comunque non è mai bassa per chi lo deve subire) e a due parti contrapposte. Ciò significa che ogni evento che alteri uno dei parametri (bassa intensità e due parti) comporta l’automatico innalzamento del conflitto, vale a dire la messa in campo di tutto il potenziale militare e di violenza che ancora non si è visto. Tra gli eventi determinanti l’escalation figurano le interferenze esterne con azioni militari (aiuti in armi, interventi diretti e indiretti nel conflitto, fallimento di negoziati, incidenti e provocazioni ecc.). La situazione attuale vede la Nato e tutti gli europei allestirsi per una guerra che ritengono poter combattere al livello attuale. Non è così: ogni operazione eventuale contro la Russia o a supporto dell’Ucraina contro la Russia avverrà in un contesto di elevazione del livello. La favola dell’intervento di deterrenza o di difesa dell’alleanza s’infrange sulla realtà: la conta degli aeroplanini e dei carrarmatini da muovere in aria e a terra non servirà a niente in un contesto di scontro di media o alta intensità.
Sempre in termini razionali, ci si può chiedere chi abbia interesse ad uno scontro di tale livello in Europa. Qui le idee del Pentagono e del Dipartimento di stato collimano: occorre evitare lo scontro diretto tra Stati Uniti e Russia. Il Congresso (o almeno la sua maggioranza trasversale) e i grandi media vorrebbero evitare il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti e mandare avanti la Nato, vale a dire l’Europa. È un teorema semplicistico ma cinico di chi se ne frega dell’Europa e dell’Ucraina. La guerra “regionale” condotta dalla Nato (comandata dagli Stati Uniti) dovrebbe coinvolgere soltanto il nostro continente senza sottoporre gli Stati Uniti e i loro territori al pericolo di risposte sopra le righe (conflitto nucleare strategico). Mentre Pentagono e Dipartimento di Stato si rendono conto che Nato significa Stati Uniti, i signori del Congresso e i media pensano si possano separare i due ambiti.
Il solito grosso affare: chi tira il grilletto?
Questa convinzione non è peregrina: viene dalla consapevolezza che la Russia non vuole attaccare gli Stati Uniti e che gli Stati Uniti non si faranno coinvolgere in una guerra che sfiori i propri territori. La prospettiva è che l’escalation colpirà solo l’Europa e che una volta distrutta Stati Uniti e altri potranno impegnarsi per ricostruirla: un affare fenomenale. E probabilmente lo stesso Biden sarà indotto a scegliere questa “soluzione”. Lo tirerebbe fuori dalle pastoie interne. Sarebbe riconfermato perché guerra durante squadra che vince non si cambia e così via. È una follia, ma è esattamente la strada che stiamo percorrendo. Esistono però, come in ogni guerra, alcuni fattori irrazionali. Uno di essi è il grilletto del conflitto: se la Russia ha avviato l’invasione con obiettivi limitati non aveva alcuna intenzione di ampliarlo, ma di fronte a un evento “indesiderato” potrebbe decidere di passare allo stadio successivo; allora il grilletto dell’indesiderato possono premerlo la stessa Ucraina (che di irrazionali ne ha molti) o un Paese della Nato (Gran Bretagna, Polonia, Stati baltici, Stati che mandano gioiosamente armi e munizioni?). Quando si sentono le voci di operazioni false flag, le accuse di guerra chimica o di guerra nucleare tattica, in genere chi le diffonde è chi le sta preparando. È irrazionale ma è successo. Avviare una guerra regionale sperando che non coinvolga gli Stati Uniti può scontrarsi con l’irrazionalità di chi considera questa speranza come un punto debole e quindi farà di tutto per tirarceli dentro. La Russia? È improbabile, ma altri Paesi messi alle strette potrebbero farlo e qui la storia insegna che chi ha tirato per la giacca gli Usa nelle due guerre mondiali passate è stata la Gran Bretagna. Non c’è due senza tre.