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Biforcazioni

di Pierluigi Fagan - 26/03/2020

Biforcazioni

Fonte: Pierluigi Fagan

I sentieri possono, ad un certo punto, presentare biforcazioni. Ma scegliendo una delle due vie, si potrebbe poi scoprire che ce ne sarà più avanti un’altra o forse poi un’altra ed un’altra ancora e chissà fino a dove, per andare dove, arrivando quando e come?

Del momento attuale si possono dire tre cose in generale: 1) la crisi è già di dimensioni tali da segnare una cesura storica con un primo ed un dopo, questo ormai è chiaro a tutti; 2) l’entità di questo “prima e dopo” è però funzione della gravità e lunghezza della crisi stessa, quantificazione che non siamo in grado di fare poiché lo svolgimento è in corso; 3) la crisi interviene in un transizione storica già in atto, dal moderno che termina così definitivamente la sua lunga vigenza penta-millenaria a quello che io chiamo il complesso, la nuova era i cui albori risalgono a sessanta/settanta anni fa.

Dentro questo potente quadro, dinamico e pieno di incertezze, s’inscrive una delle tante biforcazioni del percorso. Oggi si riuniscono i capi di Stato e di governo dell’eurozona. Il Presidente del Consiglio italiano, probabilmente con mossa concordata già giorni fa col Presidente francese nell’incontro avuto a Napoli, se non altro a livello di strategia comune, ha emesso una chiamata al finanziamento straordinario di debito comune a livello europeo, per far fronte ai molteplici impegni che la crisi produce e viepiù produrrà. Hanno -pare prontamente- aderito il Portogallo, la Spagna che uscirà devastata nel profondo da questa crisi, la Grecia, la Slovenia, ma anche la Francia e la sua area di riferimento ovvero il Belgio ed il Lussemburgo -hot spot della finanza europea- nonché la cattolica Irlanda che deve posizionarsi anche in vista delle traiettorie dell’ingombrante vicino britannico in via di irreversibile Brexit.

Ieri Trump ha messo sul piatto 2.000 mld US$, pare 4.000 con l’effetto leva, più la promessa di QE illimitato di FED. Sempre ieri, Mario Draghi rompe il pudico silenzio di ex governatore BCE e scrive al Financial Times. Draghi dice alcuni rilevanti cose di idraulica economica e monetaria, tra cui spicca oltre al nuovo ruolo centrale dello Stato -poiché s’è capito che il Mercato è ordinatore solo quando le cose vanno bene-, il doppio nuovo standard che dovrebbe prevedere: 1) permanenti nuovi livelli di indebitamento più alti di prima, come nuovo standard; 2) assorbimento di tutti i debiti privati poi da cancellare. Infine, dice la cosa più importante: “Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell'esitazione può essere irreversibile. Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni '20 è sufficiente come storia di ammonimento.” Secondo il Draghi, toccherebbe esser radicali e veloci. Quando gli economisti riesumano la Storia, vuol dire che sono davvero nei guai ...

Poiché qui non possiamo dilungarci, segnaliamo solo tre punti di possibile prossima biforcazione.

1) Tutta l’élite del vecchio sistema, è pronta a fare tutto ed il suo contrario per “tener botta”. Si spera che la crisi non duri quanto potrebbe durare (18 mesi), forse ci salverà la ricerca (cure e vaccini), guadagniamo tempo poi si vedrà. Quel “tutto ed il suo contrario” stupirà forse qualcuno, vedere certi personaggi trasformarsi in più keynesiani di Keynes, elicotteristi che spargono denaro a pioggia, pasdaran del reddito di cittadinanza e dignità, alfieri del più Stato e meno Mercato, fa stupore. Ma non c’è alcun stupore, quando la realtà impone il suo principio, le chiacchiere vanno a zero e qui sono in gioco le condizioni di possibilità che sostenevano il vecchio sistema, quindi si farà di tutto, ma proprio “di tutto” per sostenerle. A differenza dei loro critici che sono ideologici, i guardiani del sistema son pragmatici.

2) C’è però un problema decisivo in Europa. L’Europa ha una moneta che strutturalmente dietro non ha un prestatore di ultima istanza. Questo è il dogma fondativo del’impianto dell’euro, perché è dogma fondativo dell’ordoliberismo, che è il dogma fondativo della nazione che ha provocato due guerre mondiali che –sebbene la costruzione sia Made in France- risulta il perno centrale della costruzione europea: la Germania. Germania e sua area allargata di condivisione culturale e di interesse economico (che sono due cose diverse). Forse a molti che hanno studiato solo economia, tale principio sembrerà potenzialmente reversibile. Dovrebbero però studiare anche un po’ di storia allargata e comprendere che il sovvertimento di questo paradigma (giusto o sbagliato a noi qui non interessa dire e per altro questi sarebbero propriamente affari tedeschi) non è tra le cose realisticamente possibili poiché non è una semplice ideologia economica, al limite flessibile quando la grave realtà lo impone, ma un perno inamovibile piantato nel subconscio tedesco. Il perno cui si aggrapparono quando devastati materialmente nella psiche e nel concreto, riemersero dalla devastazione cui erano stati causa, riesumando loro idee degli anni ’30. Riavvolsero il nastro di ciò che era successo ed andarono alla biforcazione precedente riesumando la strada che non fu presa, un modo per far un “ravvedimento operoso” senza mettere in discussione la loro stessa ontologia.

Si pone quindi qui una biforcazione. Da una parte i Paesi euro-med, dall’altra i nordici con area subalterna euro-orientale, a proposito degli strumenti atti a “reggere botta”. Tale faglia non è ideologica e componibile, è concreta ed inaggiràbile. Spagna, Italia ma anche Francia per molteplici motivi che non possiamo qui approfondire, non potranno tollerare il non risolvimento del problema del finanziamento. Ma dopo questa biforcazione che promette di lavorare a mo’ di faglia, quindi con effetti geologici profondi ed irreversibili anche se le mediazioni cercheranno di coprirla di coriandoli, si presenterà quella decisiva. Al di là di tutti i debiti possibili ed immaginabili contraibili sul mercato, temo che si ripresenterà il problema dell’asimmetria tra domanda di denaro e possibilità del mercato di fornirla in quantità e condizioni accettabili. Si ripresenterà cioè il problema del prestatore di ultima istanza e lì si cozza contro il dogma. Quando il vitale bisogno s'incontra col dogma inamovibile, son scintille

3) I primi due punti si basano su una ipotesi ovvero che il sistema potrà in futuro esser riavviato e che quindi si tratti di contingenza, di emergenza, di “regger botta”. A chi scrive vien da sorridere di questo “wishful thinking”, ma non c’è modo qui di dar conto di questo sentimento di affettuosa ma disillusa comprensione. Il vecchio sistema, il sistema moderno occidentale ovvero ordinare la società sul principio economico ordinato sul mercato, aveva già numerose gravi patologie pregresse ed abbiamo capito che quando un vecchio con molteplici patologie pregresse incontra il virus, muore. Non si tratta della fine del “neoliberismo” si tratta di qualcosa di molto più profondo e complesso, ma ne riparleremo in seguito anche perché oggi vediamo solo la prossima biforcazione e ci vorrebbe un Tiresia per vedere anche tutte le successive in rapporto a tempo della crisi e dimensione dei suoi effetti.

Gustiamoci quindi l’esito dell’incontro europeo di oggi che probabilmente non sarà decisivo e quello che succederà i prossimi giorni. Sono tempi interessanti sebbene, vissuti non da spettatori, siano anche scomodi. Così è andata, sul come andrà vedremo, siamo in balia di tempo & variabili.