Bill Gates e la nemesi tecno-medica (III)
di Bianca Bonavita - 16/08/2020
Fonte: Sinistra in rete
L’innovazione per sconfiggere il nemico
Durante la seconda guerra mondiale, un’impressionante quantità di innovazione, incluso il radar, siluri affidabili e decifratori di codici, aiutarono a terminare prima la guerra. Sarà la stessa cosa con la pandemia. Io divido l’innovazione in cinque categorie: terapie, vaccini, test, tracciamento dei contatti e politiche per la riapertura. Senza avanzamenti in ognuna di queste aree, non potremo tornare agli affari come al solito o fermare il virus. Sotto analizzerò nel dettaglio ogni area.
Di nuovo Gates ritorna sulla metafora bellica e ribadisce l’importanza delle innovazioni tecnologiche nella risoluzione della guerra. Ci sembra interessante far notare che Gates, nel suo breve elenco di innovazioni che aiutarono a terminare prima, ovvero a vincere, la seconda guerra mondiale, ometta di citare la bomba atomica. La rimozione dello spettro nucleare, che sembra aver magicamente esaurito il suo potenziale terrorizzante con la caduta del muro di Berlino, (benché sia stato periodicamente agitato per iniziare qualche guerra), non ha certo contribuito a metterci in guardia dai pericoli di autodistruzione resi possibili dal prometeismo scientifico.
E la questione del limite alla scienza si dimostra in questi giorni, ancora una volta, una questione politica di improrogabile centralità.
Scrive Illich:
“Le conseguenze tecniche della medicina istituzionale, fondendosi con quelle non tecniche, generano una nuova specie di sofferenza: la sopravvivenza anestetizzata, impotente e solitaria in un mondo trasformato in una corsia d’ospedale. La nemesi medica è quella che prova l’individuo spogliato d’ogni capacità autonoma di affrontare la natura, i vicini e i sogni, e conservato tecnicamente dentro a sistemi ambientali, sociali e simbolici. (…) La percezione della nemesi porta a una scelta. O i confini naturali dello sforzo umano vengono considerati, riconosciuti e tradotti in limiti determinati politicamente, o come alternativa all’estinzione si accetta la sopravvivenza obbligata in un inferno pianificato e tecnicizzato (…) o la società si decide di sottoporre i vari beni che produce alle medesime rigorose limitazioni, tali da garantire eguale libertà a tutti i suoi membri, o dovrà accettare controlli gerarchici senza precedenti per fornire a ciascun cittadino quello che le burocrazie assistenziali diagnosticheranno essergli di bisogno.”[31]
La medicina assurta a religione porta all’estremo il carattere imperialista della società industriale. Nuovo terreno di conquista, come ben individuato da Illich nel 1976, dell’imperialismo capitalista, attraverso la medicalizzazione, è il bisogno degli individui di delegare a degli esperti la sofferenza, la malattia e la morte. Il grande evento spettacolare Covid-19 ne è ulteriore dimostrazione, laddove la medicina, nella sua accezione farmaceutica, si erige a sovrana.
La medicina, con la casta sacerdotale dei medici e più in generale degli scienziati, non solo si sostituisce al capitalismo come religione ma si sovrappone ad esso diventandone la nuova incarnazione. Il capitalismo e la medicina tendono ora a coincidere in religione fornendo insieme ai pazienti consumatori, che coincidono ormai con tutta l’umanità, le risposte ai loro bisogni indotti di sicurezza sanitaria.
Per scongiurare “l’inferno pianificato e tecnicizzato” preconizzato da Illich, ora alle porte, è quanto mai urgente quella traduzione, auspicata da Illich, in limiti determinati politicamente dei “confini naturali dello sforzo umano”.
E tali limiti andrebbero attentamente considerati nella disamina delle innovazioni tecnologiche che Gates andrà ora a trattare.
Se c’è una cosa che il Novecento avrebbe dovuto insegnarci è che tutto ciò che la tecnologia rende possibile non dovrebbe necessariamente essere usato.
Terapie
Ogni settimana, si leggerà di nuove terapie che saranno sperimentate, ma molte di loro falliranno. Eppure sono ottimista che alcune di queste terapie ridurranno significativamente il carico della malattia. Alcune saranno più facili da distribuire nei paesi ricchi che in quelli poveri, e alcune necessiteranno di tempo per implementarsi. Una parte di queste potrebbero essere disponibili per l’estate o l’autunno.
Se nella primavera del 2021 le persone andranno a grandi eventi pubblici – come una partita sportiva o un concerto in uno stadio – sarà perché abbiamo un terapia miracolosa che renderà le persone fiduciose nell’uscire di nuovo. È difficile sapere precisamente qual è la soglia, ma credo che sia qualcosa come il 95%; questo significa che necessitiamo di una terapia efficace al 95% perché le persone si sentano di nuovo sicure in grandi raduni pubblici. Nonostante sia possibile che una combinazione di terapie abbia più del 95% di efficacia, non è però verosimile, quindi non ci possiamo contare. Se le migliori terapie riducono le morti di meno del 95%, allora avremo ancora bisogno di un vaccino prima di poter tornare alla normalità.
Una potenziale terapia, che non si può definire un farmaco, è quella di raccogliere il sangue dai pazienti che sono guariti dal COVID19, dopo essersi assicurati che sia libero da coronavirus o altre infezioni, e dare il plasma alle persone malate. Le principali aziende in quest’area stanno lavorando insieme per elaborare un protocollo standard per vedere se questo funziona. Dovranno misurare ogni paziente per vedere quanto sono forti i suoi anticorpi. Una variante di questo approccio è prendere il plasma e concentrarlo in un composto chiamato globulina iperimmune, che è più semplice e veloce da somministrare ad un paziente che il plasma non concentrato. La fondazione sta supportando un consorzio di molte delle principali aziende che lavorano in quest’area per accelerare la valutazione e, se la procedura funziona, essere pronti ad implementarla. Queste aziende hanno sviluppato un’alleanza per il plasma (https://www.covig-19plasmaalliance.org/en-us#recruitment) per aiutare i pazienti guariti dal COVID-19 a donare plasma per questo sforzo.
Un altro tipo di potenziale terapia consiste nell’identificare gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario umano che sono i più efficaci contro il nuovo coronavirus. Una volta che questi anticorpi sono stati trovati, essi possono essere costruiti e usati come terapia o come modo per prevenire la malattia (in questo caso è nota come immunizzazione passiva). L’approccio anticorpale ha delle buone probabilità di funzionare, sebbene sia poco chiaro quante dosi possano essere fatte. Dipende da quanto materiale anticorpale si necessiti per dose; nel 2021, le industrie potrebbero essere in grado di produrre da un minimo di materiale anticorpale utile per 100.000 terapie ad un massimo di molti milioni. I tempi per la fabbricazione sono di circa sette mesi nel migliore dei casi. I beneficiari dei nostri finanziamenti stanno lavorando per comparare i differenti anticorpi e fare in modo che solo i migliori possano essere prodotti, stante una ridotta capacità di fabbricazione.
C’è una categoria di farmaci chiamati antivirali, che impediscono al virus di funzionare o riprodursi.
L’industria farmaceutica ha creato dei meravigliosi antivirali per aiutare le persone con HIV, nonostante ci siano voluti decenni per implementare una vasta scelta di efficaci terapie a tre farmaci. Per il nuovo coronavirus, il candidato farmaco principale in questa categoria è il Remdesivir delle Gilead, che è in sperimentazione adesso. Fu creato per l’Ebola. Se dimostra di essere efficace, allora la fabbricazione dovrà essere implementata drasticamente.
La fondazione ha chiesto recentemente alle industrie farmaceutiche di avere accesso alle loro sperimentazioni di farmaci antivirali così che i ricercatori finanziati dal Therapeutics Accelerator (https://www.gatesfoundation.org/TheOptimist/Articles/coronavirus-mark-suzman-therapeutics) possano fare delle selezioni per vedere quali debbano iniziare per primi le sperimentazioni umane. Le industrie farmaceutiche hanno risposto molto velocemente, e quindi c’è una lunga lista di antivirali da selezionare.
Un’altra classe di farmaci funziona perché cambia il modo in cui il corpo umano reagisce al virus.
L’idrossiclorochina è in questo gruppo. La fondazione sta finanziando una sperimentazione che darà indicazioni se funziona sul COVID-19 per la fine di maggio. Sembra che i benefici saranno alla fine modesti, nel migliore dei casi.
Un altro tipo di farmaco che cambia il modo in cui un umano reagisce al virus è chiamato modulatore del sistema immunitario. Questi farmaci sarebbero d’aiuto per la malattia all’ultimo stadio di gravità. Tutte le aziende che lavorano in quest’area stanno facendo tutto quello che possono per aiutare la sperimentazione.
Gates in questo paragrafo, costellato di lodi alle industrie farmaceutiche, fa un elenco di alcune terapie di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi, tra le quali quella che prevede l’uso del plasma delle persone guarite e che in Italia, benché sembri aver prodotto risultati incoraggianti, è stata nei media trattata timidamente, quando non ostracizzata.
Quello che sembra importare a Gates, in questa breve trattazione sulle terapie, è di affermare la tesi, senza portare alcuna dimostrazione, che sia altamente improbabile il “ritorno alla normalità”, identificato qui con “i grandi raduni pubblici”, attraverso il solo uso di terapie efficaci. Esse dovrebbero superare, non si capisce in base a quale evidenza scientifica, il 95% di efficacia per poter garantire il “ritorno alla normalità”. In mancanza del raggiungimento di questa soglia, ci assicura Gates in maniera sbrigativa, avremo ancora bisogno di un vaccino.
E qui entriamo in una delle questioni nodali dell’evento Covid-19.
Vaccini
I vaccini hanno salvato più vite che ogni altro strumento nella storia. Il vaiolo, che uccideva milioni di persone ogni anno, fu eliminato con un vaccino. I nuovi vaccini hanno giocato un ruolo chiave nel ridurre le morti infantili da 10 milioni all’ anno nel 2000 a meno di 5 milioni all’anno oggi.
Siccome non disponiamo di una cura miracolosa e non possiamo contare su di essa, l’unico modo di far tornare il mondo al punto in cui era prima che arrivasse il COVID-19, è un vaccino molto efficace che prevenga la malattia. Sfortunatamente, il tipico tempo di sviluppo per un vaccino contro una nuova malattia è più di 5 anni. Questo tempo si suddivide in: a) scegliere il vaccino candidato; b) testarlo sugli animali; c) un test di sicurezza su un piccolo numero di persone (conosciuta come fase 1); d) un test di efficacia e sicurezza su un numero medio di persone (fase 2); e) un test di efficacia e sicurezza su un grande numero di persone (fase 3); f) approvazione normativa finale e produzione mentre il vaccino viene registrato in tutti i paesi.
I ricercatori possono risparmiare tempo comprimendo le fasi cliniche di sicurezza/efficacia mentre conducono in parallelo test sugli animali e contestualmente pianificano la capacità di produzione. Anche così nessuno saprà in anticipo quale approccio vaccinale funzionerà, quindi ne devono essere finanziati un bel numero così possono avanzare insieme ad alta velocità. Molti approcci vaccinali falliranno perché non genereranno una forte risposta immunitaria che fornisca protezione. Gli scienziati avranno delle risposte in questo senso entro tre mesi di sperimentazione di un dato vaccino sugli umani, guardando alla generazione di anticorpi. Di particolare rilevanza è capire se il vaccino proteggerà le persone più anziane, i cui sistemi immunitari non rispondono solitamente molto bene ai vaccini.
La questione della sicurezza è ovviamente molto importante. Gli enti di controllo sono molto severi sulla sicurezza, per evitare effetti collaterali e anche per proteggere largamente la reputazione dei vaccini, in quanto se uno di loro dà origine a problemi significativi, le persone diventeranno più riluttanti a prendere qualsiasi vaccino. I controllori in tutto il mondo dovranno lavorare insieme per decidere quanto grande deve essere il database di sicurezza per approvare un vaccino per il COVID- 19.
Un passo intrapreso dopo che la fondazione e altri nel 2015 chiesero investimenti per essere pronti ad affrontare una pandemia, fu la creazione della Coalition for Epidemic Preparedness Innovation (CEPI). Sebbene le risorse fossero abbastanza modeste, esse hanno aiutato a far avanzare nuovi approcci alla produzione di vaccini che possono essere usati per questa pandemia. CEPI ha aggiunto delle risorse per lavorare su di un approccio chiamato “vaccini RNA”, che la nostra fondazione ha supportato.
Tre aziende stanno approfondendo questo approccio. Il primo vaccino a iniziare una sperimentazione umana è un vaccino RNA di Moderna, che ha cominciato la fase uno di valutazione di sicurezza clinica a marzo.
Un vaccino RNA è significativamente diverso da un vaccino convenzionale. Una dose di anti-influenzale, per esempio, contiene tracce di virus influenzale che il sistema immunitario impara ad attaccare. Questo è quello che fornisce l’immunità. Con un vaccino RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre diverse copie di questi frammenti.
Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino RNA essenzialmente trasforma il corpo nella sua propria unità di produzione del vaccino.
Ci sono anche almeno 5 ipotesi principali che sembrano promettenti e che usano altri approcci che insegnano al sistema immunitario a riconoscere e attaccare un’infezione virale. CEPI e la nostra fondazione seguiranno gli sforzi di tutto il mondo per far sì che quelli più promettenti abbiano le risorse. Una volta che il vaccino sarà pronto, il nostro partner GAVI farà sì che sia disponibile anche nei paesi a basso reddito.
Una grande scommessa per le sperimentazioni dei vaccini è che il tempo richiesto per i trials dipende dal trovare luoghi di sperimentazione dove la percentuale di contagio è piuttosto alta. Mentre si sta preparando il sito per il trial e si sta ottenendo l’approvazione dei controllori, la percentuale di contagio in quel luogo può scendere. E le sperimentazioni devono coinvolgere un numero sorprendentemente alto di persone. Per esempio, supponiamo che il tasso atteso di contagio sia dell’1% all’anno e che si voglia avviare un trial nel quale ci si aspetta che 50 persone siano contagiate senza vaccino. Per avere un risultato efficace in 6 mesi, il trial necessiterebbe l’inclusione di 10.000 persone.
Lo scopo è quello di prendere uno o due dei migliori costrutti vaccinali e vaccinare il mondo intero – e cioè produrre 7 miliardi di dosi se è un vaccino a dose singola, e 14 miliardi se è un vaccino a due dosi. Il mondo avrà fretta di averlo, quindi le dimensioni e la portata della fabbricazione saranno senza precedenti e dovranno presumibilmente coinvolgere più aziende.
Mi chiedono spesso quando inizierà la vaccinazione su larga scala. Come sostengono i funzionari americani di alto grado della salute pubblica, penso che ci vorranno circa 18 mesi, anche se potrebbero essere 9 mesi o quasi due anni. Determinante sarà la lunghezza della sperimentazione della fase 3, quando si determina la piena sicurezza ed efficacia.
Quando il vaccino sarà prodotto, sorgerà la questione di chi dovrebbe essere vaccinato prima. Idealmente dovrebbe esserci un accordo globale su chi dovrebbe avere per primo il vaccino, ma dati i numerosi interessi in competizione, questo accordo probabilmente non ci sarà. I governi finanziatori, i paesi dove vengono condotte le sperimentazioni e i paesi dove la pandemia ha colpito più duramente: tutti questi soggetti porteranno avanti l’idea che loro dovrebbero avere la priorità.
Qui Gates prende le mosse da quello che viene presentato come un dogma di fede indiscutibile: il ruolo salvifico e miracoloso dei vaccini nella storia della medicina.
In realtà la letteratura sull’argomento, molto vasta, presenta tesi anche molto discordanti e vi sono numerosi studi che dimostrano come l’incidenza delle vaccinazioni nella diminuzione delle epidemie causate dalle malattie infettive non sia così preminente come spesso viene propagandata. Molte ricerche indicano come determinante, nella regressione della morbilità e della mortalità per malattie infettive, l’introduzione dell’uso di acqua pulita e delle fogne.
“In particolare i dati statistici indicano che:
- la regressione delle epidemie si è verificata con curve simili sia nei Paesi e/o nei gruppi non vaccinati che nei Paesi e/o nei gruppi vaccinati a parità di condizioni igieniche;
- l’efficacia delle vaccinazioni non è stata tale da impedire il verificarsi di epidemie, nonostante l’ampia copertura vaccinale della popolazione;
- la riduzione della morbilità e mortalità per le malattie per cui sono stati creati i vaccini sono iniziati ben prima della immunizzazione stessa.”[32]
Gates ribadisce poi, per l’ennesima volta, che non esiste cura miracolosa al Covid-19 e che l’unica innovazione che potrà farci tornare alla “normalità” sarà il vaccino. Sottintendendo due falsità: che possano esistere cure miracolose in generale (di nuovo la medicina come religione) e che la cura miracolosa per il Sars-CoV-2, un virus potenzialmente mutevole, sia, senza dimostrazione alcuna, un vaccino.
Lo stesso Gates ammette che abitualmente occorrono cinque anni di ricerche e di sperimentazioni per lo sviluppo di un vaccino per una nuova malattia. Più avanti profetizza che per il Sars-CoV-2, (visto forse la gara globale che è stata bandita per la sua produzione, e magari qualche scorciatoia nella procedure di sicurezza), occorreranno tra i 9 e i 24 mesi. Ma se il Sars-CoV-2 può subire mutazioni è legittimo chiedersi da cosa immunizzerebbe il vaccino prodotto.
Una risposta a questa domanda potrebbe essere nelle parole di Gates sui vaccini a RNA che, a differenza dei vaccini classici (i quali inoculano, insieme ad adiuvanti di non sempre provata innocuità quando non di comprovata dannosità, lo stesso virus attenuato vivo o inattivato) sono vaccini biotecnologici in corso di sperimentazione che agiscono attraverso la genetica.
“Con un vaccino RNA, piuttosto che iniettare frammenti del virus, si dà al corpo il codice genetico necessario per produrre diverse copie di questi frammenti. Quando il sistema immunitario vede i frammenti virali, impara come attaccarli. Un vaccino RNA essenzialmente trasforma il tuo corpo nella sua propria unità di produzione del vaccino.”
Trasformare il nostro corpo, peraltro già dotato di un naturale sistema immunitario, in una “unità di produzione del vaccino”, ci sembra un passo oltre uno di quei limiti da determinare politicamente di cui parla Illich. Attraverso quali biotecnologie avverrebbe questa trasformazione? In che modo esse potrebbero interagire con il Dna individuale? E soprattutto non si ribadisce in questo modo, ancora più che con i vaccini classici, l’inadeguatezza dell’essere umano di fronte alla malattia e dunque la totale, e ancor più grave poiché strutturalmente preventiva, espropriazione della capacità naturale di un corpo di reagire alla sua, personale, malattia?
Ci pare interessante far notare come in un passaggio della sua trattazione Gates ammetta come i sistemi immunitari delle persone più anziane non rispondano solitamente molto bene ai vaccini.
Le campagne vaccinali per l’influenza rivolte alle persone più anziane sono state negli ultimi anni sempre più pressanti.
Cosa intende Gates quando scrive che le persone più anziane non rispondono solitamente molto bene ai vaccini? Sta parlando di inefficacia o di qualche forma di iatrogenesi clinica, ovvero di danni ed effetti inattesi provocati dal vaccino stesso?
Immediatamente dopo Gates scrive: “La questione della sicurezza è ovviamente molto importante.”
Qui si entrerebbe in un campo sterminato. Ci sembra rilevante riportare il comma 1 dell’articolo 1 delle legge italiana 210/92:
“Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge.”
Leggi simili esistono in molti altri paesi a riprova del fatto che il danno da vaccino non è una “fake news”.
Per aggiungere un elemento utile alla comprensione di ciò che sta accadendo nel nostro paese ci pare interessante far rilevare come nel settembre del 2014 l’Italia sia stata nominata a Washington, dal “Global Health Security Agenda”, paese capofila nel mondo per le strategie e le campagne vaccinali.[33] Tre anni dopo questa nomina, viene approvata in Parlamento, provocando un rumoroso dibattito pubblico, la legge 119/2017 che istituisce l’obbligo di dieci vaccinazioni nella fascia d’età 0-16.[34]
Nel settembre del 2019 si tiene a Bruxelles una conferenza dal titolo “Global Vaccination Summit” che ha tra i suoi propositi quello di realizzare “dieci azioni verso la vaccinazione per tutti”.[35]
Tutto il dibattito sulle vaccinazioni in Italia è stato, e continua, ad essere falsato da una mistificante impostazione della questione, avvallata soprattuto dai media, che attraverso un’etichetta (No Vax) ha voluto appiattire il dibattito alla misera semplificazione di essere contro o a favore dei vaccini, mentre la questione era ed è di ben altra portata ed ha a che fare con la libertà dell’individuo di potersi sottrarre a un trattamento sanitario obbligatorio imposto in nome di un presunto, tutto da dimostrare, bene collettivo.
Ancora una volta le parole di Illich risultano illuminanti:
“ L’individuo è subordinato alle superiori <> del tutto, le misure preventive diventano obbligatorie, e il diritto del paziente a negare il consenso alla propria cura si vanifica allorché il medico sostiene ch’egli deve sottoporsi alla diagnosi non potendo la società permettersi il peso d’interventi curativi che sarebbero ancora più costosi.”[36]
Si tratta dello stravolgimento, da lui descritto, dei diritti civili in doveri civici.
L’articolo 2 della Convenzione di Oviedo, il primo trattato internazionale sulla bioetica del 1997, sembra aver accolto le preoccupazioni di Illich:
“Primato dell’essere umano
L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza.”
Su questo dovrebbe vertere oggi il dibattito pubblico in tema di vaccinazioni e una politica, libera finalmente da ogni subalternità rispetto a una scienza attraversata da molti conflitti di interesse, dovrebbe agire in difesa di questo primato.
Oltre alla libertà di cura e all’inviolabilità del corpo, in gioco vi è anche una pericolosa idea di umanità fondata sull’immunità, un’umanità che, ben lungi dal mettere in comune un prendersi cura reciproco, si sente solipsisticamente immune, ovvero, etimologicamente, esente da obblighi e doveri, dal momento che vi ha assolto attraverso i dispositivi imposti dal governo medico-tecnologico.
Ma gli interessi in gioco forse sono troppo grandi. La scala di produzione, ci dice Gates, sarà senza precedenti, “lo scopo è quello di prendere uno o due dei migliori costrutti vaccinali e vaccinare il mondo intero – e cioè 7 miliardi di dosi se è un vaccino a dose singola, e 14 miliardi se è un vaccino a due dosi.”
Ci sarà, vaticina Gates, una disputa internazionale su quali paesi potranno ricevere per primi il prodotto miracoloso, e tra questi, ci informa Gates, accamperanno certamente i loro diritti i paesi finanziatori…
E di nuovo risuonano profetiche le parole di Illich:
“Prima la medicina moderna controllava un mercato di dimensioni limitate; oggi il suo mercato non ha più confini. Si è arriv