Breve profilo di Abu Muhammad al-Julani
di Daniele Perra - 07/12/2024
Fonte: Daniele Perra
Breve profilo dell'uomo che potrebbe guidare la Siria "libera" (dietro le quinte o meno).
Abu Muhammad al-Julani nasce Ahmed Hussein al-Shar'a a Riyad in Arabia Saudita, nel 1982, da padre siriano; un ingegnere impiegato nell'industria petrolifera. Vi sono poche notizie sulla vita di al-Julani prima del 2003, a parte qualche scarno riferimento ad una relazione con una donna alawita osteggiata dalle rispettive famiglie. Dal 2003 lo troviamo in Iraq a combattere con il ramo iracheno di al-Qaeda inizialmente guidato dal terrorista giordano Abu Musa al-Zarqawi. Va da sé che, prima dell'aggressione della "coalizione dei volonterosi" a Baghdad del 2003 (sulla base di prove inventate dall'amministrazione Bush Jr. (la famosa fialetta di Colin Powell all'ONU), la presenza di al-Qaeda in Iraq era irrilevante. Ad onor del vero, prima di giurare fedeltà all'organizzazione guidata da Osama bin Laden nel 2004, AQI era nota come Jama'at al-Tawhid wal-Jihad (congregazione del monoteismo e del gihad). Nonostante i tentativi di associare il gruppo al regime di Saddam, un rapporto del Senato degli Stati Uniti sulla situazione in Iraq prima dell'aggressione ha messo in evidenza come lo stesso Saddam abbia cercato (senza fortuna) di localizzare e catturare al-Zarqawi che, dal 2001 si trovava in pianta stabile nell'Iraq nordorientale (area a maggioranza curda).
AQI è protagonista della guerra civile irachena, dove si mette in luce per la brutalità dei suoi attacchi contro la popolazione sciita.
al-Zarqawi muore nel 2006, a seguito di un bombardamento USA. Sempre nel 2006, al-Julani viene arrestato dagli Stati Uniti e trascorre cinque anni nelle arcinote carceri irachene (Abu Ghraib compresa).
L'esperienza del carcere è fondamentale, soprattutto perché la CIA pesca da esse notevoli risorse. A questo proposito sarà utile ricordare che il governo riformista iraniano di Khatami aveva cercato di ricostruire su basi meno conflittuali i rapporti tra Repubblica Islamica e Stati Uniti, cooperando anche nella lotta al terrorismo. Nello specifico, era stato anche proposto uno scambio di prigionieri: uomini del MeK (organizzazione terroristica iraniana legata a Saddam) detenuti nelle carceri USA in Iraq in cambio di membri di al-Qaeda detenuti in Iran. Gli USA rifiutarono avanzando preoccupazioni sulla tutela dei diritti umani e sulla condizione delle carceri iraniane (detto da quelli di Guantanamo e Abu Ghraib fa particolarmente ridere). Sta di fatto che la vera ragione era quella che la CIA aveva scoperto che avrebbe tranquillamente potuto utilizzare tali uomini per colpire l'Iran dall'interno.
Ora, dopo cinque anni di prigionia, durante i quali stringe profondi legami con Abu Bakr al-Baghdadi (lo pseudo califfo del sedicente Stato Islamico), al-Julani riappare in Siria a guidare la "ribellione" contro Bashar al-Assad con il Jabhat al-Nusra (ramo siriano di al-Qaeda). Nel 2013, a seguito della scissione tra al-Qaeda e ISIS, il rapporto tra al-Baghdadi e al-Julani si incrina. Dopo esser arrivato ad occupare oltre il 25% del territorio siriano, a partire dal 2015, il Fronte al-Nusra è costretto al ripiegamento. Nel 2017, inoltre, il fronte di opposizione a Bashar al-Assad, assai eterogeneo e composto da milizie portatrici di interessi differenti (in rappresentanza dei rispettivi sostenitori esteri), si sfalda a causa della crisi tra Arabia Saudita e Qatar. Il Fronte al-Nusra diviene prima Jabhat al-Fateh al-Sham e, successivamente, insieme ad altre sigle, viene creato Hayat Tahrir al-Sham che mantiene il controllo sull'area di Idlib.
Dal 2015, in poi, al-Julani cerca anche di ricostruire la sua immagine e quella della milizia da lui guidata (soprattutto agli occhi dell'Occidente e di Israele). Afferma di non aver mai avuto contatti con al-Zarqawi e nega un coinvolgimento diretto nel conflitto civile iracheno. Afferma a più riprese che i suoi nemici sono esclusivamente Hezbollah, l'Iran e l'Esercito Arabo Siriano, sottolineando il carattere "nazionale" della lotta della sua milizia (sebbene questa sia infarcita di mercenari e stranieri, caucasici e centroasiatici in particolare). Afferma che i diritti delle minoranze verranno rispettati nella "Nuova Siria", salvo poi dichiarare gli alawiti come eretici e calpestare i diritti dei cristiani nelle aree sottoposte al loro diretto controllo.
Sull'eresia alawita sarà utile ricordare che, a suo tempo, sia il Gran Muftì di Gerusalemme Hajj Amin al-Husayni (sunnita) che l'Imam Musa al-Sadr (sciita), tramite fatwa, li avevano considerati parte integrante della comunità islamica, superando i pregiudizi medievali dell'hanbalita Ibn Taymiyya.
Sul "governo di Idlib" ci sarebbe molto da dire, visto che HTS ha spesso utilizzato il "pugno di ferro" contro la popolazione locale, sopprimendo con brutalità (ed a più riprese) diverse proteste (nel silenzio dei mezzi di informazione occidentali).
L'obiettivo finale, invece, sembrerebbe quello di creare una "Repubblica Islamica" in Siria sulla base della particolare interpretazione della Shari'a del movimento: una sorta di ibridazione tra correnti estremiste wahhabite e shafi'ite. Di fatto, il destino della Siria, in caso di sconfitta del fronte assadista, sembra essere quello di trasformarsi in un "buco nero" nel cuore del Levante in cui i servizi turchi, nordamericani e israeliani possono agire come meglio credono. Dopotutto, basta osservare le direttrici di partenza dell'offensiva: l'area di Idlib con sostegno logistico turco; l'area di Dara'a accanto alle alture del Golan occupate da Israele.