Caro Boeri, sistema pensionistico non è catena di Sant’Antonio
di Claudio Borghi - 07/07/2018
Fonte: lospecialegiornale
Boeri, così come Carlo Calenda e i neoliberisti, insiste nel dire che gli immigrati servono per fare quei lavori che gli italiani rifiutano. Ma non dovrebbe anche dire che questo rifiuto nasce perché i salari sono da fame?
“Quelle di Boeri sono tesi che a mio giudizio non stanno in piedi. Insiste nel dire che gli immigrati ci pagano le pensioni, ma questo è vero soltanto se lavorano. Considerando che in Italia c’è già un alto tasso di disoccupazione, ciò significa che una ulteriore presenza di persone sul territorio nazionale diventa una spesa, non un profitto. Questa persona in più che arriva infatti non aggiunge un posto di lavoro, ma consuma servizi che pesano sul bilancio dello Stato, dalla sanità all’istruzione, passando per la Polizia e le carceri. In Toscana la metà dei detenuti sono stranieri e in molte altre regioni si registra la stessa situazione con costi di mantenimento elevatissimi. Diverso sarebbe se ci fosse crescita economica e carenza di occupazione. A quel punto davvero ogni persona in più contribuirebbe a far entrare soldi nelle casse dello Stato a beneficio di tutti. Ma noi ci troviamo nella situazione esattamente opposta”.
E’ da tempo che Boeri porta avanti questa idea che senza gli stranieri sarebbero a rischio le pensioni degli italiani. Perché insistere? Forse proprio per sconfessare la politica del governo e ogni tentativo di stretta sui migranti?
“Non so sinceramente cosa passi per la testa di Boeri, ma trovo davvero assurdo che continui a portare avanti questa idea. Se il presidente dell’Inps pensa davvero che il sistema pensionistico sia come una catena di Sant’Antonio, per cui chi arriva dopo paga per chi c’era prima ed è necessario far arrivare sempre più gente, penso non abbia capito come funziona il meccanismo. Il sistema pensionistico è determinato dagli occupati, e la sostenibilità della spesa è data dal bilancio dello Stato. Non c’è proporzionalità fra ciò che si paga e ciò che si riceve. Quello che manca viene prelevato dal bilancio. Come si può minimizzare questa quota? Bisognerebbe avere più occupati, ma questo non si ottiene con più immigrati, ma con più lavoro”.
Ora che siete al Governo come pensate di mettere in sicurezza le pensioni degli italiani?
“Questo tema è sicuramente molto sentito dai cittadini e naturalmente trova spazio nel contratto di governo. Si parla di ‘quota cento’ come primo passaggio per rendere più equo il sistema pensionistico. Serve trovare un giusto equilibrio fra contributi versati e anzianità, mentre si parla di proroga dell”opzione donna’ per consentire a determinate categorie femminili di poter accedere prima alla pensione. Il fatto che siamo in un sistema completamente contributivo dovrebbe sollecitare una semplice riflessione: se le cose sono fatte correttamente e non si ingannano i pensionandi, dovrebbe essere del tutto irrilevante l’anno in cui si decide di andare in pensione; perché se uno sceglie liberamente di andarci prima avrà una pensione più bassa, mentre se deciderà, sempre liberamente, di andarci dopo, l’importo sarà maggiore perché maggiore sarà ovviamente l’importo dei contributi che avrà versato”.
Oggi il Parlamento europeo discute la direttiva sul copyright in rete che secondo gli operatori del web limiterà la libertà su internet. Anche Salvini ha criticato il provvedimento dichiarando di essere contrario ad ogni forma di limitazione della libertà di espressione via social. Condivide?
“Bisogna prestare molta attenzione a certe limitazioni che in alcuni casi assumono delle forme corrette e per certi versi condivisibili, come la legittima tutela del diritto di proprietà su un’opera. Dietro la correttezza della forma possono nascondersi però tentativi mascherati di controllo e di censura. Ritengo che esista un establishment che da sempre controlla i media cosiddetti ufficiali e che sta cercando in maniera ossessiva di introdurre degli antidoti alla libera circolazione delle idee e delle notizie in rete. Personalmente sono dell’idea che le fake news e le manipolazioni non avvengano soltanto sul web, dove per altro siamo portati quasi spontaneamente a verificare la veridicità di certe informazioni, ma quelle più insidiose passino in realtà nei dibattiti politici, nei telegiornali, nei quotidiani, sui media accreditati. Notizie che la gente prende per buone, nella consapevolezza che si tratti di informazioni certificate, quando invece non lo sono affatto. Ne sappiamo qualcosa io e il mio collega Alberto Bagnai che ci siamo trovati a dover smentire dati e notizie false in tv perché siamo capitati lì per caso, ospiti di quella trasmissione. Ma non possiamo ovviamente presidiare i media. Soprattutto sulle materie economiche di fake news ne circolano tante e le più pericolose non passano in rete”.