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Che fine ha fatto la pudicizia delle donne?

di Francesco Lamendola - 20/01/2018

Che fine ha fatto la pudicizia delle donne?

Fonte: Accademia nuova Italia

Melbourne, Australia, 12 gennaio 2018, finale del Kooyong  classic su cemento. La pioggia impone una pausa nella partita e la tennista tedesca di origine bosniaca Andrea Petkovic, 30 anni e 6 tornei vinti, numero 9 nella classifica mondiale, si mette a danzare, così, all'improvviso, davanti a tutti, proprio come se fosse in discoteca, al ritmo di Around the World dei Daft Punk. la sua esibizione è stata così spontanea e travolgente che ha contagiato tutti, compreso l'attempato giudice di gara e la sua diretta avversaria, la ventenne svizzera Belinda Bencic,ed è passata come un venticello per le tribune del pubblico, dove, sorpresi e divertiti, gli spettatori non hanno perso tempo a sorridere e imitarla. Nonostante il viso un po' angoloso e dei bicipiti impressionanti e non troppo femminili (chi fa tennis finisce per avere delle braccia così, obietterà qualcuno; niente affatto, basti confrontare la silhouettedelle campionesse di qualche tempo fa), la tennista tedesca pareva talmente rilassata e a suo agio - anche troppo, visto che poi ha perso il match per 3-6, 6-4, 10-4 - da abbandonarsi completamente al ritmo della danza e immedesimarsi nella parte della ballerina sensuale, assumendo delle pose sempre più ardite e  più sexy, fino a stare in equilibrio sulle punte dei piedi, il bacino proteso in avanti, le braccia e le spalle dondolanti mollemente e sinuosamente: davvero non c'era alcuna differenza fra l'essere su un campo sportivo, in una gara di livello mondiale, con le telecamere delle televisioni puntate sul campo, e una qualsiasi pista da ballo per un pubblico giovanile.
Stiamo dando troppa importanza a un fatterello di cronaca quasi irrilevante, penserà qualcuno. Forse. Il fatto è che si tratta di comportamenti sempre più frequenti, da parte delle donne, e non solo sui campi da tennis o in altri contesti sportivi, ma quasi in qualsiasi ambito della vita sociale, scuola, università e perfino chiesa comprese, da essere considerati ormai del tutto normali e, appunto, da non venire più nemmeno registrati dalla nostra attenzione, o, al massimo, da venire liquidati con un sorriso benevolo e, magari, una battuta scherzosa. Nel modo di vestire - le atlete di molte discipline sportive, ormai, si presentano alle gare seminude -, sia per la strada che sui luoghi di studio e di lavoro, ma anche nel modo di muoversi, di camminare, di atteggiarsi, è diventato pressoché normale ciò che, fino a non moltissimi anni fa, normale non era. E mentre un certo grado di esibizionismo e di ostentazione sensuale della propria fisicità è relativamente accettabile in certi contesti, come nel mondo dello spettacolo, in altri, come quello sportivo, quegli stessi atteggiamenti appaiono decisamente incongrui, posto che una atleta si presenta in pista, o sul campo da gioco, per gareggiare e possibilmente vincere, cioè per farsi ammirare per i suoi meriti atletici e non per il suo personale sex appeal. Ciò vale, naturalmente, e a maggior ragione, per le situazioni della vita quotidiana, nelle quali non c'è nemmeno un pubblico già predisposto, se non la folla anonima che s'incontra per la strada o negli uffici e negli altri luoghi di lavoro e di divertimento. Di fatto stiamo assistendo, ormai quasi distratti, a una vera e propria esasperazione dell'erotismo nella vita quotidiana, dove le donne che possiedono una visibilità mediatica - soubrette, veline, cantanti, attrici, sportive, persino politiche - non esitano a recitare il ruolo della seduttrice, della femme fatale, in qualsiasi momento e in qualunque circostanza, però, nello stesso tempo, con una apparente noncuranza, con una disinvoltura che sembra stemperare e sdrammatizzare la carica erotica di quegli abbigliamenti e di quei comportamenti. Nei luoghi più vari e nelle situazioni più inopportune - un esame di stato, una funzione religiosa - si vedono donne, giovani e meno giovani, vestite in canottiera, con le spalline del reggiseno in bella vista, o senza reggiseno, così da far intravedere le punte dei capezzoli e tutto il movimenti del seno; con magliette cortissime, che lasciano scoperti il basso ventre e un bel po' di fono schiena ad ogni movimento; o con gonne minuscole, che creano un effetto sconcertante quando si siedono, accavallando le gambe, sino a mostrare le mutandine a chiunque voglia vederle, e  anche a chi non lo vorrebbe: il tutto con aria di (finta) indifferenza, di assoluta naturalezza, con sguardi fra l'innocente e lo sfrontato, che paiono voler dire a chiare note: Lo so che mi stai guardando e che ti sto eccitando, ma ti sfido a provare che la malizia è da parte mia, nossignori, sei tu il guardone, il porco, il maschio libidinoso: guarda e crepa di desiderio, tie'!
Naturalmente, esiste anche, in parallelo, un esibizionismo sessuale maschile, peraltro così basso e avvilente che si preferirebbe non parlarne neppure; in questa sede, comunque, ci limiteremo a una riflessione sul narcisismo e l'esibizionismo erotico femminile. La domanda è questa: che fine hanno fatto il pudore, la pudicizia della donna?  Una volta esistevano; esistevano fino a qualche anno fa: ora, paiono essere scomparsi. Ora, anche le ragazze più timide, anche le signore più avanti con l'età, non mostrano alcun imbarazzo a esibire il loro corpo e a farne strumento di eccitazione sessuale, ma senza averne troppo l'aria, facendosi forti del fatto che ormai così fan tutte: e se lo fanno tutte, come si potrebbe insinuare che in quegli stili di comportamento vi è un fondo di malizia? Se qualcuno osa dirlo, vuol dire che ha lui del problemi  con se stesso: la cultura del sospetto, a cominciare dalla psicanalisi freudiana, insegna che la lingua batte dove il dente duole. Se si fa notare che molte donne si vestono e si atteggiano in maniera provocante, in ogni momento e in ogni ambiente possibili e immaginabili, subito l'esercito della "cultura" femminista, donne e uomini tutti insieme, si mette a ragliare: Se trovi della malizia in quei modi di fare assolutamente spontanei, ciò vuol dire che sei tu ad avere dei desideri inconfessabili, e riversi su quelle povere innocenti i tuoi fantasmi repressi e le tue frustrazioni innominabili. E il ricatto del politically correct è talmente forte, che praticamente nessuno è così pazzo da esporsi alla gogna mediatica, permettendosi di criticare, o anche solo di far notare, l'improprietà e lo scarso buon gusto di certi modi di abbigliarsi e di atteggiarsi fisicamente da parte delle donne. La cultura femminista è riuscita a porre la censura perfino a se stessa, quando si è trattato di "silenziare" gli stupri etnici di Colonia, in nome del politicamente corretto; figuriamoci quanto ci metterebbe a ridurre in polpette l'incauto e attardato moralista che osasse sollevare la benché minima perplessità sul fatto che una tennista si metta a ballare in maniera sensuale sul campo da tennis, o che una quindicenne liceale si presenti a scuola con il seno semi scoperto e con i pantaloni a vita bassissima e le mutandine in bella vista. Eh, via, possibile che voi uomini non abbiate mai nient'altro da guardare? Possibile, dice l'attricetta, improvvisata opinion woman, che non sappiate vedere niente, in noi donne, oltre l'aspetto fisico?, e intanto sorride mentre accavalla le gambe sulla poltrona, scoprendo altri venti centimetri di coscia, già abbondantemente scoperta grazie al generoso spacco della gonna.
E adesso andiamo a vedere cosa dice il Vocabolario Treccani alla voce pudore: dal latino pudor,  pudoris, derivato di pudēre, sentir vergogna: senso di riserbo, vergogna e disagio nei confronti di parole, allusioni, atti, comportamenti che riguardano la sfera sessuale.  E alla voce pudicizia: (dal latino pudicitia, derivato di pudīcus, pudico, disposizione d'animo e atteggiamento caratterizzati da un forte senso di pudore, di riserbo, di vergogna, specialmente nei confronti di quanto riguarda la sfera sessuale. Dunque, "pudore" e "pudicizia" sono quasi sinonimi; "pudicizia", forse, è più ampio e completo, comprende una maggiore gamma di atteggiamenti e comportamenti, esprime in maniera più ricca ed efficace il concetto su cui vogliamo riflettere: quello di un riserbo, corporeo e non solo corporeo, nei confronti della propria intimità; di una propensione a custodirla gelosamente e a non metterla in piazza alla prima occasione, per nessuna ragione al mondo; di una intensa coscienza della propria dignità, vista come un bene prezioso, da difendere contro l'indiscrezione e la malizia altrui, ma anche dalle proprie tentazioni esibizionistiche e narcisistiche e dai propri bassi istinti. Quest'ultimo è l'aspetto che ci sembra più interessante, perché manifesta l'esistenza di un animo ricco e profondo, capace di ragionare su se stesso e niente affatto incline a cercare sempre e solo nell'altro - come fanno le femministe ipocrite, che provocano e si negano; lanciano il sasso e nascondono la mano - il responsabile del proprio disagio e dei propri eventuali turbamenti. La donna intelligente e moralmente  onesta con se stessa sa che non ci sarebbe il maschio pronto a godere dello spettacolo di ciò che ella mostra, se non fosse lei per prima a desiderare, forse inconsciamente, quello sguardo di desiderio; e quindi rivolge il primo rimprovero a se stessa, poi all'altro, perché sa che tutto parte da un istinto che è in lei: quello di mostrarsi, di esibirsi, di provocare. Abbiamo già avuto modo di notare, parlando dell'episodio biblico di Betsabea e Davide (cfr. l'articolo: Ci fu un tempo in cui si poteva ancora dire che anche Betsabea ebbe parte nel peccato di Davide, pubblicato sul sito dell'Accademia Nuova Italia il 07/01/2018), che se l'uomo è propenso a vedere la donna, ovviamente degradandola, come un semplice giocattolo sessuale, la responsabilità di tale atteggiamento ricade, almeno in parte, sulla donna stessa, la quale, pur negandolo a parole, gode intensamente di essere ammirata e desiderata (altro discorso, poi, è se concedersi o no) e non precisamente per le sue doti intellettuali o spirituali, ma per i suoi attributi fisici e per la sua capacità di seduzione erotica.
Dunque: dove è andata a finire la pudicizia della donna? Si direbbe che sia scomparsa, quasi all'improvviso, come un fiume carsico: fino a ieri esisteva, ora non la si vede più. Il cinema, la televisione, la musica leggera, la letteratura erotica non spiegano tutto: sono aspetti del fenomeno, ma non necessariamente la causa. Lo sappiamo: rischieremo di passare, ancora una volta, per paranoici, ma siamo convinti che la causa ultima risieda molto in alto, in un luogo insospettato: là dove pochissime persone decidono i destini dell'umanità. Alcune società segrete hanno deciso di spingere la società verso la disintegrazione e hanno individuato nell'esasperazione erotica e nell'incitamento alla lussuria uno degli strumenti più importanti (cfr. il nostro articolo: Quando una società sprofonda nella lussuria la sua fine è solo questione di tempo, pubblicato sul sito di di Arianna Editrice il.17/01/2016 e su quello di Accademia Nuova Italia il 06/01/2018). Vale la pena di riflettere che, a dispetto di tanta ostentazione di erotismo in ogni angolo e momento della vita quotidiana, la sessualità feconda, cioè fra uomo e e donna, aperta alla vita, sta addirittura scomparendo: fra aborti, uso massiccio di metodi e prodotti anticoncezionali, matrimoni omosessuali e matrimoni con se stessi (l'ultimo grido della "moda", questo, nato dalla generale tendenza anti-procreativa) la nostra società sta correndo verso il suicidio biologico. C'è anche un meno sano erotismo di quel che non si creda, in ogni caso: tutto si risolve in ostentazioni narcisistiche, che non sono il preludio all'incontro con l'altro, ma solo un modo di sbalordirlo, tenendolo però a distanza. Il narcisista non è interessato all'altro, ma solo al proprio piacere: e se trae sufficiente appagamento dal suscitare il desiderio altrui, si ferma lì e si ritiene soddisfatto. Senza contare che la donna impudica suscita, sì, il desiderio del maschio, ma desta anche un segreto disprezzo; e così pure il desiderio, del resto, una volta che il maschio abbia compreso di essere solo un mezzo di piacere nelle mani della donna narcisista, tende ad affievolirsi. Dove c'è troppo erotismo, fatalmente c'è pochissima sessualità.
Che cosa accadrà nei prossimi anni? Fino a dove ci porteranno le tendenze attuali? Difficile dirlo; forse, a un certo punto, arrivati al limite, si tornerà indietro, e si riscoprirà il valore della pudicizia. Forse, per avere degli ammiratori, o almeno degli ammiratori con delle serie intenzioni, la donna dovrà tornare a essere pudica. Una cosa è certa: il disordine genera altro disordine; e lasciar libero sfogo ai propri impulsi inferiori è solo apparentemente una manifestazione di vitalità, mentre, a ben guardare, è una espressione dell'istinto di morte, perché gli istinti inferiori conducono inevitabilmente l'individuo su delle strade sempre più pericolose e potenzialmente distruttive. L'istinto sano della donna è quello della maternità; se lo sostituisce con l'istinto di farsi desiderare come si desidera una sgualdrina, non troverà l'appagamento, ma una crescente infelicità, un devastante senso d'inutilità e di frustrazione: si sentirà usata e considerata come un oggetto, paradossalmente proprio ciò contro cui, nel profondo, il suo animo si ribella. Certo, per capirlo, dovrebbe trovarsi al fianco un uomo degno di questo nome: virile, ma anche maturo e responsabile, che sappia vedere in lei non solo un oggetto di delizie carnali. E qui sorge un altro problema: dove trovarlo, un uomo del genere? Cercasi disperatamente uomo virile, maturo e responsabile, capace di vedere in profondità e non solo di farsi abbagliare da ciò che luccica, ma non ha sostanza, né spessore. Speriamo che, nei prossimi anni, questa non si riveli una missione impossibile, come alcuni indizi già ora lasciano supporre - e temere. Perché una cosa è certa: o l'uomo e la donna usciranno insieme dalla presente empasse, dal vicolo cieco in cui si sono cacciati seguendo la via più facile, più banale, più superficiale, nei loro reciproci rapporti, oppure periranno entrambi. Sono legati dalla natura ad un medesimo destino: che può tornare ad essere un destino felice, a patto che essi ne riscoprano le ragioni e la bellezza (cfr. i nostri articoli: Le donne non amano più gli uomini?, ed Eppure uomo e donna si ritroveranno, resi migliori dalle lunghe incomprensioni, pubblicati sul sito di Arianna Editrice rispettivamente il  21/06/2011 e il 23/08/2011).
Se questo un giorno sarà di nuovo possibile, vi sarà anche un ritorno alla sana sessualità e alla procreazione: perché l'amore per la vita si vede non nelle adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali o nel ricorso alla fecondazione eterologa da parte di donne lesbiche, ma là dove l'uomo e la donna, amandosi, vogliono creare una famiglia, e dare ulteriore stabilità e ricchezza alla loro vita comune, aprendosi al desiderio di avere dei bambini. A quel punto, non ci saranno economisti e funzionari statali che verranno a spiegarci quanto l’Italia sia bisognosa d’importare milioni di stranieri, perché solo grazie al loro lavoro la sua economia può andare  avanti, e solo per merito loro l’erario può pagare la pensione agl’italiani (senza considerare che, col tasso di natalità che caratterizza quegli stessi immigrati, in un futuro non troppo lontano lo Stato dovrà trovare i soldi per un numero doppio o triplo di pensionati). Né ci toccherà vedere alla televisione sindaci che, tutti contenti, si vanteranno di aver "salvato" dal completo abbandono e dal destino di paese-fantasma questa o quella frazione comunale, popolata ormai solo da qualche vecchio, facendovi installare intere comunità di africani, o di mediorientali, o di bengalesi: come se l’importante fosse che da quei camini esca comunque del fumo, e sia cosa del tutto indifferente chi ci abita. Ma ci saranno di nuovo tanti fiocchi rosa e celesti ai balconi e alle finestre delle nostre case, perché avremo riscoperto, noi italiani, noi europei, senza odio per nessuno, ma legittimamente fieri di noi stessi, l'autentica gioia di vivere e l'istinto naturale di trasmettere, a nostra volta, il dono misterioso e inestimabile della vita alle generazioni future, che porteranno il nostro nome e il nostro ricordo, nel segno di una comune civiltà. Purché ci svegliamo in fretta da questo sogno narcisista e falsamente edonista, in realtà autodistruttivo, che c’imprigiona tutti quanti, uomini e donne, in una situazione disperata, senza vie d’uscita. Perché il tempo incalza, e ormai non ce ne resta molto per riprendere in mano le nostre vite e il nostro destino.
Potrà sembrare a qualcuno che abbiamo divagato, che siamo andati fuori dal tema che ci eravamo propositi all’inizio. Da parte nostra, siamo convinti di no: siamo convinti che un filo rosso lega cose apparentemente distanti, come il venir meno della pudicizia femminile e la crisi demografica che stiamo vivendo. Non solo demografica, ma altresì morale, culturale, spirituale. Tutte le cose sono collegate; e come vi è una sola strategia mirante all’implosione della nostra società, così vi è un comune atteggiamento di fondo capace di contrastarla: quello di tornare all’amore per la vita, che passa necessariamente attraverso il recupero delle ragioni di un felice incontro e di una operosa complementarità fra l’uomo e la donna…