Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Che Iddio ci scampi e liberi dalla dittatura del cretinismo scientista

Che Iddio ci scampi e liberi dalla dittatura del cretinismo scientista

di Francesco Lamendola - 18/10/2016

Che Iddio ci scampi e liberi dalla dittatura del cretinismo scientista

Fonte: Il Corriere delle regioni

 

Il cretinismo scientista è già un flagello di per se stesso, ma, se diventa una forma di dittatura, e non solo culturale, allora Dio ci scampi e liberi da una simile iattura: sarebbe, letteralmente, la fine dell’intelligenza sul nostro pianeta. Il cretino scientista è un signore, di solito un giornalista, a volte un saggista o un divulgatore scientifico, molto più raramente un autentico scienziato, il quale, partendo dall’assunto – completamente erroneo – che la scienza sia la sola forma legittima e attendibile di conoscenza, dichiara guerra alle altre forme, quelle “inferiori”, e, di solito con l’arma del ridicolo – ma a ridere è soltanto lui – cerca di eliminarle, di spazzarle via, di cancellarle dalla nostra mappa mentale: in primis la religione, che, per ragioni note a lui solo, gli dà particolarmente fastidio. Veramente, se non è uno scienziato, avrebbe tanto diritto di parlare a nome della scienza, quanto può averne un tifoso sedentario e pantofolaio - solito a guardare le partite di calcio, di tennis, o le gare di atletica solo in televisione -, di proclamarsi un campione sportivo e di parlare a nome della categoria; tuttavia, non è questo il punto: anche se si tratta di un autentico scienziato, il suo trucco – o la sua illusione - consiste nel non vedere che uno scienziato può essere quanto mai esperto, e persino geniale, nella propria disciplina, senza che ciò lo autorizzi a considerarsi come il portavoce della sola forma attendibile di conoscenza, dall’alto della quale giudicare anche ciò di cui non sa, né capisce nulla.

Il cretino scientista è solo un povero residuato del positivismo e, pertanto, mentre si crede all’avanguardia del progresso, è in ritardo di centocinquant’anni – ma è lui solo a non saperlo e a non vederlo, il che lo rende patetico, più ancora che ridicolo; somigliante, in questo, ai marxisti, agli psicanalisti, ai teosofi del XIX secolo, i quali non si sono accorti che la realtà ha letteralmente disintegrato le loro belle – o brutte, secondo i punti di vista – teorie, e, simili all’ultimo soldato giapponese nella giungla, che ignora la fine della guerra, continuano a battersi e a menare all’aria terribili fendenti, quasi fossero altrettanti Don Chisciotte in lotta contro i mulini a vento (ma, sia chiaro, senza l’onestà e la pulizia morale dell’intrepido hidalgo castigliano). Quando, poi, pretendono di essere le coraggiose avanguardie di un mondo nuovo, farebbero sorridere, se non suscitassero una profonda compassione: poveretti, il mondo è caduto loro addosso e non se ne sono accorti; in compenso, gonfiano il petto come tante mosche cocchiere e sfidano audacemente un sistema di credenze che risale a cinque o sei secoli fa, e questo riesce loro benissimo: trionfare su di un avversario che ha cessato di esistere da almeno mezzo millennio. S’immaginano di essere eroici ed intrepidi come Galilei davanti alla Santa Inquisizione (che non fu né eroico, né intrepido), ma la verità è che hanno dietro di sé l’establihsment politicamente corretto ed il paracadute sempre pronto ad aprirsi, qualunque stupidaggine dicano o facciano.

Quello che più colpisce, in loro – anche se, nel complesso, si tratta di personaggi psicologicamente banali, limitati, noiosissimi ed estremamente prevedibili – è l’incontenibile narcisismo, la smania compulsiva di apparire e di gridare dai tetti le loro verità e le loro certezze, convinti che il mondo abbia un estremo bisogno e una urgenza disperata di essere redento per mezzo della loro intelligenza sopraffina; e, inoltre, la buffa e inspiegabile convinzione, che non li abbandona mai, di riuscire estremamente simpatici, appunto perché ritengono di essere – ma non lo sono - brillanti, spigliati, giocosi, faceti, inventori d’inesauribili amenità e lepidezze. Peraltro, il loro spirito, o supposto tale, è rivolto esclusivamente a sbeffeggiare e ridicolizzare i “credenti”, da loro qualificati con appellativi quali “non pensanti”, o, semplicemente, “cretini” (ed è solo per questa ragione che ricambiamo la loro cortesia, ripagandoli con la stessa moneta; per tutto il resto, non meriterebbero altro che di essere ignorati). Proprio come il loro santo patrono, san Galileo Galilei, che qualunque antologia scolastica presenta come il non plus ultra dello spirito, oltre che dell’acume scientifico: tacendo sistematicamente le sue miserie intellettuali – dall’abbaglio sulla natura delle comete, attestato nel Saggiatore; al voluto silenzio su vero inventore del cannocchiale, per non sminuire la propria gloria; alla cantonata clamorosa circa l’origine delle maree: e via manipolando e stravolgendo i fatti, per rendergli una maggior gloria – tutti questi signori pensano di avere il diritto, se non addirittura il dovere, di stuzzicare, spernacchiare, offendere chiunque si opponga alla marcia del progresso. Una nota antologia scolastica definisce Galilei un pacato polemista e, nella riga successiva, riconosce che, come polemista scientifico, il suo obiettivo è quello di “ridicolizzare l’avversario”: alla faccia del pacato polemista e della oggettività del dibattito scientifico. Ebbene, allo stesso modo i cretini scientisti dei nostri giorni si sentono pienamente giustificati nello schizzare ironia e veleno a trecentosessanta gradi, salvo atteggiarsi a martiri del libero pensiero se, di tanto in tanto, qualcuno li manda a quel paese. Ma almeno Galilei era un genio; costoro non sono che dei botoli ringhiosi e un po’ molesti.

Piergiorgio Odifreddi, ad esempio, scrive (ne Il matematico impertinente, Milano, Longanesi & C., 2005; poi Milano, Tea, 2007):

 

Naturalmente, sarebbe inutile continuare a domandare a oltranza opinioni sulla religione a scienziati  famosi: a parte i rari poveri di spirito alla Zichichi, dei quali è il Regno dei Cieli, le loro risposte ricalcherebbero quelle che abbiamo  sentito. Accettiamo, allora, la realtà: che chi pensa non crede,  e chi crede non pensa. Voi che pensate e non credete, dunque, non abbiate paura: unitevi ai brights [brillanti] di tutto il mondo, perché vostro è il Regno della Terra (p. 120). E ancora:

Naturalmente soltanto i bambini e i poveri di spirito, ai quali non casualmente si rivolgono i Vangeli, possono accontentarsi di continuare a pensare a Dio e al Diavolo nelle forme antropomorfe, quando non addirittura incarnate, variamente proposte dai tre monoteismi istituzionali (p. 179). E ancora:

Il dibattito tra ragione e fede non è dunque un’accademica questione filosofica, ma una scelta di civiltà: stare dalla parte di Russell o di Padre Pio, significa contribuire all’andata verso l’era digitale o al ritorno verso i secoli bui. Decidiamo ora, per non doverci lamentare in seguito. E che Dio ci assista, soprattutto se non c’è (p. 188).

 

Potremmo proseguire con molte altre perle dello stesso tenore, ma crediamo che basti. Di qua la civiltà – ossia il digitale -, di là i secoli bui – ossia la fede religiosa -; e che Dio ci aiuti, soprattutto se non c’è. Con simili freddure, per l’appunto, il Nostro pare convintissimo di toccare i vertici dell’arguzia e dell’intelligenza scanzonata. Non gli viene in mente che si tratta solo di povere cretinerie: perché la mancanza di umorismo e d’immaginazione, che egli rimprovera ai “credenti” e ai “poveri di spirito”, non si applica a lui stesso; lui è fuori categoria, lui si è conferito da se stesso sia la patente di persona “brillante”, se non geniale, sia quella di cavaliere senza paura di un mondo migliore, e di costruttore della vera civiltà – quella del computer. È il giudice e l’accusatore nel medesimo tempo: e il tribunale della storia, da lui convocato per emettere sentenze inappellabili, sotto la sua penna rabbiosa lavora senza posa, e taglia teste come una vera e propria ghigliottina (oh, ma una santa ghigliottina, al servizio della dea Ragione, proprio come dicevano i rivoluzionari ebbri di sangue nella Francia del 1793).

Si noti, inoltre, il ricorrere dell’avverbio naturalmente in principio di frase: tipico contrassegno di una mente negata al pensiero filosofico, la quale dà per scontato e per evidente ciò, appunto, che sta discutendo, e che, in teoria, dovrebbe dimostrare – o almeno provarci. A parte deridere Zichichi, che altro fa il Nostro, per il quale Corrado Augias ha scritto una recensione iperbolicamente celebrativa (Divertente, paradossale, sorprendente, implacabile… Il libro di Odifreddi suscita passioni vive, risveglia curiosità, stimola reazioni vivaci, su La Repubblica, subito schiaffata in copertina: asinus asinum fricat…), per tentar di dimostrare il suo povero assioma: Chi pensa non crede, chi crede non pensa? Passa in rassegna gli scienziati – ma secondo un criterio tutto suo, scegliendo quelli che più gli fanno comodo – e poi, statisticamente, conclude soddisfatto che, siccome la maggioranza degli scienziati non crede, chi credere non è degno di entrare nel sacro tempio della scienza, anzi, non è neppure degno di venire annoverato fra le creature pensanti. E noi, che altro possiamo fare, davanti a tanto genio filosofico, davanti a una siffatta originalità e profondità di pensiero, se non inchinarci riverenti e proclamare, ammaliati e un po’ intimiditi, che mai una mente più geniale ha scandagliato con pari eleganza e con eguale penetrazione i misteri del rapporto tra scienza e fede? Inutile dire che, nel quadretto dipinto da costui, non entrano miseri scienziati di seconda o terza fila, come Blaise Pascal; o, se ci entrano, è solo perché egli possa fare a pezzettini anche costoro, nello spazio di due o tre righe, con la sua ormai ben nota acribia filologica e con la sua inarrivabile capacità di analisi critica. L’esprit de géometrie e l’esprit de finesse del filosofo e matematico francese? Eh, via, tutte sciocchezze: parola del Nostro sommo “matematico impertinente”, e più non dimandare (op. cit., p. 219).

No; davvero non varrebbe la pena di spendere altro tempo a proposito di codesti signori, se non  presentasse un qualche interesse la loro forma mentis, come tipico esempio di patologia psicologica della società moderna. La domanda che ci poniamo è la seguente: Che cosa spinge il cretino scientista a ritenersi intelligente, e a ritenere indispensabile, per il bene dell’umanità, la sua crociata (un po’ tardiva, ma lui non lo sa, e lasciamogli questa beata illusione che lo rende felice) contro l’oscurantismo religioso?

La chiave per la risposta crediamo si trovi nella seguente affermazione:

 

Sulla scia di Dawkins, Dennett, Glashow e Roberts, molti non credenti sono già usciti allo scoperto dichiarandosi “brights”. Chiunque sia interessato a seguirli può consultare il sito www.the-brights.net, nel quale sono descritti gli obiettivi del movimento, che si riducono sostanzialmente  a promuovere la conoscenza di una visione naturalistica del mondo, a farne riconoscere pubblicamente l’importanza civile e a educare la società ad accettarla (op. cit., p. 119).

 

Tutto qui? Così poco? Il Nostro, con il suo sorriso brillante e impertinente, ci sta dicendo che esiste un movimento organizzato di scienziati e di divulgatori scientifici, formato da uomini geniali del calibro di Richard Dawkins (sic), i quali si propongono di instaurare un nuovo credo universale, che non ammetterà deroghe o eccezioni: la visione naturalistica del mondo; e che la società civile verrà chiamata ad “accettarlo”, non a discuterlo o a discuterne. Meraviglioso esempio di tolleranza e di democrazia. Se, poi, ci sarà ancora qualche pazzo, qualche prete, qualche sordido Padre Pio, che non dovesse trovare la visione naturalistica del mondo una risposta sufficiente alle domande ultime dell’uomo, be’, si potrà sempre provvedere con una terapia di rieducazione o, magari, con una procedura di ri-programmazione mentale, magari con l’ausilio di un microchip da introdurre nel cervello dei più testoni e dei più recalcitranti. Ma per carità, non si dovrà chiamarla Inquisizione: perché i suoi scopi saranno nobilissimi: l’instaurazione del Regno dell’Uomo sulla Terra, e non già biecamente reazionari, come quelli dell’Inquisizione cattolica nei secoli bui…

Ecco, dunque, la risposta alla nostra domanda: costoro si credono brillanti, intelligenti e spiritosi semplicemente perché si propongono d’instaurare una dittatura mediante la quale verrà stabilito che essi sono brillanti, intelligenti e spiritosi: e si sentono così sicuri di riuscirci, e così vicini al traguardo, che danno la cosa come già fatta, ciò che li autorizza a identificare la realtà con le loro aspettative riguardo a se stessi – oltre che riguardo al mondo intero. Del resto, cosa può esserci di più delizioso: preparare un futuro nel quale un perfetto cretino, dotato, operò, si sufficiente ambizione e faccia tosta, si vedrà equiparato ad Aristotele? Cosa si potrebbe immaginare di più voluttuoso, di più seducente, di più molle, che una società futura, la cui principale ragion d’essere sarà quella di lodare, magnificare, ringraziare ed elogiare, oltre ogni umano limite e pudore, coloro che oggi la stanno sognando, e che, domani, ne saranno i cervelli trainanti? Assolutamente nulla…