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Chi ha paura delle mele marce?

di Francesco Lamendola - 19/12/2017

Chi ha paura delle mele marce?

Fonte: Accademia nuova Italia

 

 

La cattura, in Spagna, di Igor il russo, che poi non si chiama Igor e non è nemmeno russo, e questo tutti lo sanno eppure i media continuano a chiamarlo così per mancanza di serietà professionale, pone sul tappeto, ancora una volta - ma sono decine, centinaia, migliaia i casi che sollecitano tale riflessione, purtroppo sempre più frequenti - di come difendersi dalle mele marce. Una società sana ne ha il dovere, oltre che il diritto: è malata una società che non possiede più neppure un tale istinto di conservazione. Siamo arrivati al punto che, di buonismo in buonismo, le vittime di aggressioni e rapine vengono condannate per eccesso di legittima difesa, o addirittura per omicidio volontario, e i delinquenti, o i loro familiari, ottengono congrui risarcimenti dai tribunali. Questo è semplicemente folle. Così come è folle che ci siamo ormai rassegnati a vivere sotto assedio, chiusi, specie la sera, nelle nostre case con la porta blindata, col sistema antifurto inserito, pur sapendo che né la porta blindata né il sistema antifurto riusciranno a proteggerci, noi e i nostri cari, se la nostra abitazione verrà presa di mira da una banda di veri professionisti. Di uscire per le strade, dopo il coprifuoco, non se ne parla nemmeno: le strade sono proprietà della malavita e di frotte di stranieri che si spacciano per profughi ma che vengono qui a compiere ogni sorta di atti criminali. Questa è la realtà, e i cittadini italiani la toccano con mano ogni santo giorno, ogni ora e ogni minuto, specie quelli che appartengono alle fasce sociali più deboli e che sono costretti a vivere in quartieri che paiono Fort Apache durante l'assedio dei pellirossa, tanto è vero che nemmeno le forze dell'ordine osano farsi vedere in giro, non parliamo poi di eseguire dei controlli sugli individui più che sospetti i quali spadroneggiano alla luce del sole. Non che abbiano tutti i torti: un poliziotto o un carabiniere, per non parlare di un vigile urbano, rischiano una coltellata alla gola ogni volta che chiedono i documenti a uno di questi stranieri delinquenti e, se le cose si mettono male, c'è sempre un giudice di sinistra pronto a rimettere in libertà lo spacciatore o il rapinatore che era stato fermato, e ad infliggere una multa al tutore dell'ordine per abuso di autorità, magari perché, nel difendersi dalle coltellate, ha mollato un pugno in faccia al povero angioletto che soffriva di "disagio ambientale" e che, venuto dall'Africa in cerca di una vita migliore, con le più oneste intenzioni del mondo, per sopravvivere era "costretto" a spacciare e rapinare a tutto spiano. Non parliamo poi di un bigliettaio degli autobus urbani o delle Ferrovie dello Stato: disarmati, devono rischiare la pelle per chiedere il biglietto a dei criminali pronti a gonfiarli di botte o a ficcar loro un coltello nello stomaco, così, tanto per far vedere chi comanda da queste parti. Il tutto per uno stipendio di mille euro al mese o poco più. Di questa situazione solo la signora Boldrini, il premier Gentiloni e il presidente Mattarella non se ne sono accorti, anzi, negano che esista un'emergenza e si dolgono ogni giorno che dei rigurgiti di razzismo, populismo e fascismo macchino la nostra bella Italia, di solito così accogliente e premurosa; loro soltanto trovano che tutto vada bene, talmente bene che si stanno affannando per regalare per legge la cittadinanza italiana a tutti i bambini stranieri che nasceranno nel nostro Paese, così che questo possa diventare la sala parto di milioni di donne africane e musulmane mediante le quali l'Italia verrà negrizzata e islamizzata, senza colpo ferire, nel corso dei prossimi vent'anni.
Si pone perciò una questione: forse dobbiamo dimenticare Cesare Beccaria. E' arrivato il tempo che lo Stato, la società, gli uomini di cultura, i politici, gli amministratori, si preoccupino della sicurezza dei cittadini perbene e non dei diritti dei delinquenti. La nostra legislazione è figlia dell'illuminismo e l'illuminismo era basato su una serie di utopie sociali, prima fra tutte la "naturale" bontà dell'uomo (Rousseau), o, almeno, la sua "naturale" ragionevolezza (Voltaire). Ebbene, forse è arrivato il tempo di rivedere tutte queste ciarle e di sbarazzarci della nefasta eredità dell'illuminismo. Può darsi che le osservazioni sulla tortura di Pietro Verri, o la crociata per l'abolizione della pena di morte di Cesare Beccaria, fossero giustificate, utili e necessarie nel XVIII secolo; ma i tempi cambiano, le utopie cadono, e i fatti restano. I fatti sono quelli che abbiano descritto: una società assediata, gli onesti che soffrono e i malvagi che spadroneggiano. Vogliamo andare avanti così? Vogliamo continuare a tenere in casa i nostri figli, la sera, perché le nostre città sono diventate delle giungle popolate di bestie feroci? Vogliamo continuare a pagare le spese di una giustizia che, invece di difendere i buoni, si ingegna in tutti i modi di tutelare i delinquenti? Oggi i nipotini di Voltaire e di Rousseau, dopo essere passati per la fase marxista, sono entrati in quella  cattolica di sinistra; oggi hanno la Chiesa e il papa dalla loro, oltre alle massime autorità dello Stato e, naturalmente, le Nazioni Unite, le quali, per chi non l'avesse ancora capito, sono l'agenzia che sta promuovendo l'invasione del Nord della terra da parte delle popolazioni del Sud. Oggi le persone perbene sono ridotte al silenzio, ricattate, minacciate: dal giornalista che riceve l'ordine di raccontare una rapina violenta, ma di tacere la nazionalità del rapinatore, per non fomentare i famosi rigurgiti di razzismo, populismo, ecc., al professore di liceo che viene punito, su richiesta della mamma di un'alunna egiziana, secondo la quale egli ha "insultato" l'islam, ma al quale non viene neppure concesso di discolparsi, sarebbe lunghissimo, infinito l'elenco delle quotidiane ingiustizie e umiliazioni, dei quotidiani bocconi amari che i cittadini onesti devono subire e mandar giù, in ossequio al totalitarismo del politicamente corretto. E se quattro ragazzi vestiti di nero si presentano nella sede di una delle innumerevoli associazioni di "accoglienza" e, senza torcere un capello ad alcuno, senza neppure alzare la voce, leggono un volantino e se ne vanno in prefetto ordine, ecco che l'Italia buonista e progressista s'indigna; ecco che i mas-media lanciano l'allarme contro la deriva xenofoba e intollerante; ecco che diecimila volonterosi cittadini sfilano in piazza per protestare energicamente contro il risorgere del "fascismo" (morto e sepolto, nel modo che sappiamo, settantadue anni fa), e le pubbliche autorità, invece di stemperare la crisi d'isterismo, peraltro voluta e pilotata dall'alto, si stracciano le vesti a loro volta e si affannano a giurare e spergiurare che la “vera" Italia non è quella dei ragazzi vestiti di nero, no, giammai, è quella della solidarietà, dell'accoglienza e, ben s'intende, dell'inclusione, parola magica, parola talismano, parola passe-partout, che tanto piace anche ai neopreti della neochiesa modernista e progressista, e specialmente a papa Bergoglio, che ne è l'alfiere e il campione indiscusso e indiscutibile. E che cosa dicevano, poi, nel loro famigerato volantino, quei truci ragazzotti vestiti di nero, che con inqualificabile violenza fascista hanno interrotto, per ben cinque minuti, la riunione dei cittadini buoni e generosi, dediti all'accoglienza dei migranti? Dicevano - questa è la loro colpa imperdonabile - quel che pensa e sente, ormai, la grande maggioranza del popolo italiano - quello vero, non le signore femministe e progressiste, con l’abito firmato e la messa in piega da trecento euro, che vanno sempre nei salotti televisivi a pontificare, dall'alto della loro ineffabile saggezza e tolleranza (tolleranza a senso unico, evidentemente: per i ragazzi italiani che dissentono da loro e dai loro dogmi immigrazionisti, tolleranza zero) - e cioè che non se ne può più di questa invasione, anzi, di questa auto-invasione mascherata da solidarietà e da accoglienza; che la gente è stanca e non è più disposta ad assistere, senza far nulla, allo scempio della nostra vita sociale, della nostra sicurezza, dei nostri diritti fondamentali; e che, andando avanti di questo passo, per il popolo italiano non ci sarà più un futuro, perché verrà inghiottito e sommerso dall'ondata africana e islamica che trasformerà il nostro Paese in una provincia dell'Africa musulmana. Dire queste cose, esprimere questo concetti, equivale ad una forma di razzismo, se non addirittura di fascismo? Benissimo: come preferiscono lorsignori. Una domandina, però, se avessero un minimo di umiltà e un briciolo di buona fede, dovrebbero pur farsela, i vari Mattarella, Gentiloni, Boldrini & Co: come mai gli italiani, diciamo fino a una ventina d'anni fa, erano completamente ben disposti verso i profughi (veri), pietosi dei loro casi umani, sensibili alle loro sofferenze, mentre adesso sono cambiati così tanto, e sono diventati, come dice l'establishment politicamente corretto, razzisti, populisti e fascisti? Perché gli italiani sono cambiati da così a così nel giro di vent'anni? E chi ha governato il Paese in questi vent'anni, chi ha governato la politica, l'amministrazione pubblica, l'economia, la finanza, la scuola, la cultura, l'informazione, lo sport? E se chi doveva governare avesse governato bene; se chi doveva assumersi delle responsabilità, dei rischi, degli impegni, se li fosse assunti; se tutti costoro avessero avuto sempre di mira il bene degli italiani e l'interesse dell'Italia, saremmo oggi arrivati a questo punto?
Dimenticare Cesare Beccaria, dunque. Non per introdurre, necessariamente, la pena di morte; ma per lasciarsi dietro le spalle la folle stagione della generosità all'ingrosso, della bontà con un occhio solo, dell'accoglienza indiscriminata, dell'inclusione a prescindere, ossia anche nei confronti di coloro i quali non vogliono saperne di esser inclusi. I poveri idioti del politicamente corretto non hanno capito che non si può assimilare chi non vuole assimilarsi, e che non si può fare di ogni delinquente un cittadino perbene. Sarebbe bello se fosse così: ma i fatti dicono il contrario, e le società si governano con i fatti e tenendo conto dei fatti, non con le chiacchiere e inseguendo delle chimere. Il "russo" Igor, al secolo Norbert Feher, serbo di etnia ungherese, avrebbe dovuto rimanere in carcere, dove effettivamente era: oggi non ci sarebbero cinque famiglie a piangere i loro morti, due in Italia e tre in Spagna. Uomini come Norbert Feher non sono recuperabili e costituiscono un pericolo costante per la società: l'unico luogo dove possono stare è il carcere. A vita. Per costoro, la condanna all'ergastolo deve essere accompagnata dalla specifica esclusione da ogni eventuale condono, grazia o indulto: la società deve avere la certezza che non torneranno mai più in libertà, perché alle bestie feroci non si può consentire di andarsene in giro e preparare altri crimini. È un mistero perché taluni esseri umani agiscano come dei mostri; un mistero che può e deve interessare lo psicologo, il sociologo, il filosofo e pesino il teologo. Ma al politico si chiede una cosa sola: garantire un minimo di sicurezza ai cittadini tranquilli e alle persone perbene.
I nostri giudici sono inadatti ad amministrare la giustizia in un Paese, come il nostro, dove l'emergenza è quella di proteggere i buoni e reprimere i cattivi, sempre più baldanzosi e sempre più certi di farla franca. La cultura cattolica, la morale cattolica, la Chiesa cattolica, avevano una parolina da dire in questa emergenza: e non solo non la dicono, ma dicono la parola diametralmente opposta; si uniscono, con la massima convinzione e con la massima stupidità, al coro dei buonisti a senso unico, di quelli che perdonano qualunque cosa ai delinquenti stranieri, perché tanto, poverini, sono profughi, perché sono gli "ultimi", e non bisogna prendersela con loro, ma coi poteri forti, eccetera, eccetera. E non hanno capito, o non vogliono capire, imbecilli, che gli ultimi, oggi, sono i pensionati italiani che vivono sotto assedio; che si può essere ultimi e tuttavia persone per bene; che la povertà non autorizza mai, e non scusa, la delinquenza; e che scusare e giustificare sempre i negri per il colore della pelle è una forma di razzismo all'incontrario. La morale cattolica ha smesso di fare il suo mestiere, cioè di dire che il male è male e il bene è bene; che il male va evitato, e il bene praticato; che il male sarà punito, se non in questa vita, nell'altra, e il bene sarà premiato. Quanto ai delinquenti italiani, è giusto usare verso di loro lo stesso rigore: non è questione di razzismo; resta il fatto, però, che i delinquenti stranieri sono, in proporzione, molto più numerosi di quelli italiani e che a questo fatto bisogna rispondere sia sul piano legislativo, fermando gli ingressi facili in Italia, sia su quello giudiziario, mostrando il massimo rigore verso chi viene nel nostro Paese chiedendo ospitalità e poi, non appena arrivato, incomincia a delinquere, magari mentre è in attesa di sapere se verrà accolta la sua domanda di rifugiato, e nel frattempo viene ospitato, nutrito e vestito gratuitamente. Cosa che agli italiani poveri non succede., perché il razzismo all'incontrario esiste già, nei fatti, e gli italiani se ne sono accorti benissimo: basti vedere a chi vengono assegnate, di preferenza, le case popolari; oppure chi viene fatto passare avanti, negli ospedali, quando c'è la fila al pronto soccorso. E si sono stancati.
Chi non ha capito questo, chi non accetta questo, non è degno di occupare posti di responsabilità; tanto meno di governare un grande Paese, qual è l'Italia  nonostante tutto. Costui dovrebbe essere obbligato a frequentare un corso di rieducazione, che dovrebbe consistere semplicemente in questo: andare  a lavorare e a vivere così come lavorano e dove vivono milioni di cittadini italiani onesti, assediati dalla delinquenza, dall'insicurezza e dalla sporcizia. Ai signori del palazzo si dovrebbe imporre di lavorare come bigliettai sui treni, come poliziotti nei quartieri degradati, e abitare nei modesti appartamenti di periferia, quelli dove stanno i nostri pensionati, assediati dalla malavita, minacciati dai rapinatori, insozzati dagli spacciatori, dalle prostitute e dai transessuali. Al signor Gentiloni e alla signora Boldrini basterebbe una "cura" di questo genere, anche solo per poche settimane, per capire un po' meglio come vanno le cose in Italia, grazie al loro modo di governare e di concepire il bene comune. Nella vera Italia però: non nei salotti dei signori progressisti al caviale.