Chi si straccia le vesti ma non ha paura del fuoco amico
di Ireneo Corbacci - 11/10/2024
Fonte: Bye Bye Uncle Sam
1200 militari italiani intrappolati e bersagliati dal fuoco amico sionista: gran balletto di indignazione fake e infingimenti ad hoc da parte della classe servile piazzata nelle “istituzioni” de Itaglia. Inaccettabile, inammissibile, in violazione del diritto internazionale, “chiediamo rispetto” (proprio loro, sic), Israele “dovrebbe avere dei limiti” (magari solo verso i militari italiani, verso palestinesi, libanesi, siriani, iraniani, yemeniti e simili ovviamente no).
Qual è il senso di tutto questo balletto necrofilo?
La consapevolezza stridente, urticante, ma finora messa a tacere, che se fuoco amico può colpire italiani “in missione di pace” fuori dalla penisola, fuoco amico potrebbe colpire in futuro italiani stanziati su suolo patrio, a partire da quelli dentro e nei dintorni delle basi USA-NATO.
E non sarebbe una novità, visto che è già successo in passato e nessuno (leggasi nessuno proprio) ha per questo pagato…
Fuoco amico (friendly fire) è in agguato da noi. E allora occorre mettere le mani avanti, stracciarsi le vesti, “prepararsi” (a subire ancora) e, va da sé, incolpare preventivamente Putin il Russo…
Nessuno dei servi abietti della politica italiana ha davvero paura del fuoco amico.
Anzi, al momento “opportuno” (per loro) lo invocherà. Di nuovo, in forma nuova.
Sarà uno snodo importante e interessante: sarà quando la guerra sarà fatta percepire agli italiani come “realtà vicina”, improvvisamente in mezzo a noi… Sarà quando il declino e l’impoverimento strisciante, la fine della classe media arruffona italica e i primi morsi della fame potranno essere finalmente addossati da Meloni, Schlein, Conte, Draghi e Bonino, proprio a lei: alla GUERRA, quella vera, quella del missile che ti sveglia durante la notte, quella del drone che ti ronza sopra il tetto di casa…
Per capire chi deve aver paura del fuoco amico non ci saranno da risolvere complicate equazioni di secondo grado, né da arrampicarsi sugli specchi con giustificazioni in itanglese…
E non ci sarà niente da aspettarsi dal Vecchierel che sta sul Colle: come nel 1999 in occasione dei bombardamenti NATO sulla Jugoslavia partiti dalle basi italiane del fuoco amico, egli si presenterà in tivù e ripeterà al popolo violato che abbiamo appreso dalle agenzie di stampa dell’inizio delle operazioni in difesa del nostro territorio, mentre a centinaia e migliaia i sacrificabili e gli spendibili moriranno.
Nessuna sorpresa: siamo un importante membro dell’Alleanza uccidentale che sta perdendo la guerra e si sta disfacendo dall’interno. Mica lo dico io, lo scrive lo storico Emmanuel Todd, autorevole membro di ciò che resta dell’antica élite intellettuale francese e della venerabile Scuola delle Annales, nel libro ormai noto (ma clamorosamente non ancora tradotto in inglese) intitolato La défaite de l’Occident (La sconfitta dell’Occidente).
Fuoco amico. Antica minaccia. Toccherà ancora farvi fronte, ma con coraggio mai visto, stavolta, per essere poi pronti a costruire qualcosa di diverso nella disgregazione probabile della NATO e nel riposizionamento internazionale del nostro Paese.
Intanto, fuoco amico fornisce nell’attuale contingenza una buona occasione per far finire (in un modo o nell’altro) la vicenda fallimentare del contingente italiano in Libano, che data dal 1982 e che fu la prima (costituzionalmente dubbia) apparizione all’estero di militari italiani dopo la Seconda Guerra Mondiale, ideata e gestita allora dal primo ministro della difesa socialista della storia della Repubblica, Lelio Lagorio, circostanza che ovviamente quasi nessuno ricorderà perché tutto avvenne fra i fumi della sbornia dei mondiali di calcio spagnoli vinti dagli Azzurri e lo scopone in aereo fra Pertini e Bearzot…
Per il futuro prossimo, tra tante incertezze spicca una piccola cosetta invece certissima: dal fuoco amico ci vorrà (anche) un dio (fatto da noi) che ci guardi.
All’opera, all’opera, all’opera: il fronte interno s’ha da straccià…