Coincidenze significative: Jung, l’I Ching e la sincronicità
di Simöne Gall - 07/08/2019
Fonte: Ereticamente
“Nell’esplorazione dell’inconscio ci imbattiamo in cose assai strane, dalle quali un razionalista si ritrae con orrore, pronto poi a sostenere di non aver visto niente. L’irrazionale pienezza della vita mi ha insegnato a non scartare alcunchè, nemmeno ciò che va contro tutte le nostre teorie (così effimere, nel migliore dei casi) o comunque non ammette spiegazioni immediate”.
C. G. Jung
Nel romanzo ucronico di Philip K. Dick, La Svastica sul Sole, poi ripubblicato col titolo L’Uomo nell’Alto Castello (da cui l’affascinante serie prodotta da Amazon), i personaggi ripiegano sui servigi del Libro dei Mutamenti, ovvero l’I Ching, il libro cinese degli oracoli. Dick stesso, del resto, non fece mistero di averlo impiegato per indirizzare la trama del suo fantasioso romanzo. Spiega in un’intervista datata 1974:
“Ho usato l’I Ching ne L’uomo nell’Alto Castello, poichè avevo deciso che un certo numero di personaggi [del libro] ne avrebbe fatto uso. Allorchè essi ponevano una domanda, lanciavo le monete e tracciavo le linee dell’esagramma. Questo metodo ha governato la direzione del libro. Per esempio, quando Juliana Frink decide se dire o meno ad Hawthorne Abensen di essere il bersaglio degli assassini, in quel caso la risposta [dell’I Ching] indicava che avrebbe dovuto”.
L’I Ching fornisce consigli oltre al particolare, consigli che trascendono la situa-zione immediata. Le risposte fornite dai suoi 64 esagrammi hanno una qualità universale. “Se usi l’I Ching abbastanza a lungo e in maniera continuativa”, riporta ancora Dick, “esso comincerà a cambiarti e a modellarti come persona. Che tu lo voglia o no, ti trasformerà in un taoista, indipendentemente dal fatto che tu abbia mai udito prima un simile termine”.
Secoli e secoli dopo la sua pubblicazione, l’I Ching è tra quei testi che sfuggono a qualsivoglia crisi della carta stampata. Se ne trova facilmente un’edizione dal layout verdastro edita da Adelphi (munita delle tre monete necessarie all’utilizzo dell’oracolo – l’altro metodo per sfruttarne l’arte divinatoria è quello degli steli di achillea) sia nei maggiori rivenditori conformati alla grossa distribuzione, che nella piccola libreria esoterica di fiducia. Il suo utilizzo, ed in particolar modo la sua comprensione non sono però alla portata di chiunque.
“Esamina dapprima le parole,
medita tutto ciò che esse intendono,
le norme fisse allora si palesano.
Se tu però non sarai l’uomo giusto,
a te il significato non si svela”.
(Tratto da l’I Ching)
Il Libro dei Mutamenti è ritenuto il primo dei testi classici cinesi risalenti agli al-bori dell’impero cinese, essendo sopravvissuto addirittura alla distruzione delle biblioteche operata dal Primo imperatore della nazione, Qin Shi Huang Di. Non è dato di sapere chi sia l’autore. La storia tradizionale cinese attribuisce la scrittura della porzione jing al re Wu, il re saggio fondatore della dinastia Zhou occidentale, che regnò tra il 1046 e il 1043 a.C. Sempre per tradizione, viene indicato che i princìpi dell’Yi Jing fossero scaturiti dall’eroe mitologico Fu Hsi, tra i primi sovrani in Cina cui sarebbero stati rivelati, per via soprannaturale, i trigrammi poi sviluppatisi nei 64 esagrammi che ne compongono il testo. Gli studiosi che si sono approcciati nei secoli alla sapienza di cui è intriso il Libro dei Mutamenti, hanno inteso lo stesso come un microcosmo che ingloba in sé la via dell’universo, in grado di determinare anche la via dei cieli e della terra.
In Europa, l’I Ching viene pubblicato per la prima volta nel 1967 da Gottfried Wilhelm von Leibniz. Il filosofo neoplatonico e matematico Leibniz, tra i primi sviluppatori del calcolo infinitesimale, era molto attratto dal simbolismo dell’oracolo. Costui concettualizzava un’armonia universale prestabilita in cui le monadi dell’universo dovevano essere “sincronizzate come tanti orologi che segnino la stessa ora”. Per il caso dell’Europa, la prima versione che circola è quella del sinologo Richard Wilhelm, che la pubblicò nel 1924 con un’introduzione di Carl Gustav Jung, la mente dietro alla psicologia del profondo. Jung, studiando a fondo il meccanismo dei 64 esagrammi, coniò il concetto di sincronicità (letteralmente: “connessione acausale e atemporale di uno o più eventi significativi”). Tenendo presente la corrispondenza dell’estrazione dell’esagramma da una parte e la situazione interrogata dall’altra – ritenute in connessione psichica con l’inconscio personale e collettivo -, si poteva associare l’esagramma ottenuto alla domanda relativa e ai problemi che la stessa andava ponendo. Lo studio del meccanismo matematico in cui sono codificati gli esagrammi dell’I Ching, lo aveva portato a formulare il principio che connetteva avvenimenti di analogo contenuto significativo (rivelatisi in differenti momenti temporali) legati al principio di casualità, e quindi non a quello di causa ed effetto.
L’attenzione di Jung non era però rivolta alle cose per come sono, ma alla tendenza al mutamento che è intrinseca alle natura delle cose stesse. Il futuro è in movimento, pertanto l’azione dell’uomo può avere una parte preponderante nella concretizzazione del suo determinarsi. Nell’antica Cina, non ci si accontentava semplicemente di conoscere il futuro, ma ci si interrogava anche sul comporta-mento da mantenere nelle più disparate situazioni esistenziali. Per questo motivo l’I Ching cominciò a essere visto non solo come un libro di divinazione, ma anche come libro di saggezza. Di ciò ne erano consapevoli personalità quali Confucio e Lao-tse, il cui lavoro intellettuale vedeva nell’I Ching la principale fonte d’ispirazione. (Confucio stesso si occupò anticamente di comporre il commentario dei vari esagrammi.) Il termine sincronicità deriva dalle radici greche syn (ovvero con, che sottintende l’idea di riunione) e khronos (ora, ovvero riunione nel tempo, simultaneità). Jung in particolare definisce la sincronicità in questo modo: gli eventi sincronici si basano sulla simultaneità di due diversi stati mentali. Il fenomeno che ne scaturisce è la risultante di due fattori.
Il concetto in sé trova radici nella tradizione filosofica del neoplatonismo. Già Platone postulava l’esistenza di una realtà intelligente, di idee che formano e indirizzano quella materiale di modo che i fenomeni della natura appaiano collegati tra loro da una legge superiore. Più nello specifico, è con Plotino che si prefigura una spiegazione sincronica dei fenomeni naturali mediante la nozione di Anima Mundi, l’Anima del Mondo, quel potente principio unificante da cui prendono forma i singoli organismi, che pur articolandosi e differenziandosi, ognuno secondo le proprie specificità individuali, risultano connessi tra loro da un’anima comune universale in stretta simbiosi fra spirito e materia. L’umanista Marsilio Ficino formulò una concezione astrologica basata sulla corrispondenza e sull’interdipendenza di ogni parte dell’universo, da leggersi come l’esperienza psicologica dell’anima alla quale è attribuita una particolare centralità, precorritrice delle nozioni junghiane di sincronicità e inconscio collettivo. Per Ficino, negli accadimenti umani vi sarebbe una forma di consonanza con la posizione dei pianeti, i quali sarebbero fondamentalmente descrittivi degli accadimenti, allo stesso modo in cui il volo degli uccelli contemplato dai Romani era ritenuto portatore di significato. Jung, tuttavia, distingueva la sincronicità dal “sincronismo”, termine che attiene a degli eventi che accadono simultaneamente ma che non dispongono apparentemente di un significato comune. La sincronicità è invece basata sulla presenza incombente di un archetipo dell’inconscio collettivo, secondo visioni tipiche del pensiero magico che nella vita di tutti i giorni trovano corrispondenza in episodi come il pensare a una persona e poco dopo ricevere una telefonata da parte della stessa (o da qualcuno che ne porta notizie); pensare a un numero e poi ritrovarlo esposto su qualche manufatto o da qualche altra parte; leggere o avere in mente una frase, che in seguito sentiamo casualmente pronunciare da un’altra persona, e via di questo passo. Situazioni simboliche che in tale solco sarebbero da intendersi come meri accadimenti precognitivi associati a una supposta chia-roveggenza interiore che non sappiamo di avere.
Per Jung, la sincronicità era oltremodo utile a spiegare le pratiche rituali o divinatorie ancestrali, così come il metodo di consultazione de l’I Ching verte sull’ipotesi di una corrispondenza tra interno ed esterno, tra psiche e materiale. Nel caso della divinazione, l’impiego della sincronicità pretende semplicemente di prevedere la qualità complessiva delle fasi temporali in cui certi eventi sincronici possono accadere. In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo – e che mette in connessione fenomeni che accadono nello stesso spazio, ma in istanti diversi -, viene ipotizzata l’esistenza di un principio che connette fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi differenti. Oltre allo svolgimento di un atto conforme al principio in cui, in tempi diversi, accadono avvenimenti provocati da una medesima causa, ne esisterebbe un altro in cui accadono avvenimenti nello stesso tempo ma in due spazi differenti, poiché, essendo questi casuali, non sono direttamente provocati da un effetto, risultando così aderenti a un principio di atemporalità. Di tali concetti deve aver certamente fatto tesoro il regista David Lynch (si pensi, oltre al capolavoro del 2001 Mulholland Drive, anche agli episodi, in particolare quelli finali, della toccante serie Twin Peaks – The Return).
La sincronicità, dunque, è per Jung un auspicio affinchè “…si apra una strada verso una regione ancora oscura, ma di grande importanza per quanto riguarda la nostra concezione del mondo.”. “L’inconscio è una realtà oggettiva che ha le sue leggi e i suoi meccanismi indipendenti, che esercita una forte influenza sui soggetti, e che potrebbe essere paragonato a una perturbazione cosmica. La mente inconscia ha il potere di tra-sportarci o farci del male nello stesso modo di una catastrofe cosmica o meteo-rologica. […] Forse dovremmo definire la psiche come un’intensità non estesa e non come un corpo in movimento nel tempo”.
Jung non era alieno nemmeno alla tesi che vedeva un parallelismo tra fisica e psicoanalisi, due discipline apparentemente molto distanti fra loro. Egli teneva conto del fatto che l’antica mentalità cinese possedeva di suo gli strumenti per contemplare il cosmo in una maniera paragonabile a quella del fisico moderno. Così come la causalità descrive la sequenza degli eventi, così la mentalità cinese considera la sincronicità la loro coincidenza. Nella sua prefazione all’I Ching, Jung spiega che per capire i contenuti del medesimo è imperativo disfarsi di certi pregiudizi della mentalità occidentale e di preoccuparsi maggiormente dell’aspetto accidentale degli eventi, che è proprio della mentalità cinese. Ciò che noi chiamiamo coincidenza, sembra essere la cosa della quale questa peculiare mentalità s’interessa principalmente.
“I sessantaquattro esagrammi dell’I Ching sono lo strumento mediante il quale si può determinare il significato di sessantaquattro situazioni differenti e insieme tipiche. Queste interpretazioni sono l’equivalente delle spiegazioni causali. Poichè le situazioni sono ogni volta uniche e non possono essere ripetute, sembra impossibile, in condizioni normali, fare esperimenti con la sincronicità”.
Nell’I Ching, il solo criterio di validità della sincronicità è l’opinione dell’osservatore, per il quale il testo dell’esagramma corrisponde a una fedele riproduzione del suo stato psichico. Si presuppone che la caduta delle monete sia proprio quale deve essere necessariamente in quella data situazione, in quanto ogni cosa che avviene in quel momento è un elemento del quadro, poiché forma il disegno caratteristico di quell’istante. Sono le “entità spirituali” operanti in modo misterioso, quelle che fanno dare una risposta sensata all’oracolo. “Queste entità formano, per così dire, l’anima vivente del libro. Essendo così quest’ultimo una sorta di essere animato, la tradizione vuole che all’I Ching si possano porre delle domande nella fiducia di ottenerne risposte intelligenti. Le risposte sensate e piene di significato sono la regola. Se l’I Ching non è accettato dalla coscienza, almeno l’incoscio gli va incontro a metà strada, e l’I Ching è più vicino all’incoscio che non all’atteggiamento razionale della coscienza”. Chi lo ha composto, in altre parole, era convinto che l’esagramma elaborato in un dato momento coincidesse con quel dato momento anche nella qualità, non soltanto nel tempo. L’I Ching insiste continuamente sull’importanza di conoscere se stessi. Il metodo con cui si dovrebbe arrivare a questa conoscenza, dice Jung, si presta ad abusi d’ogni genere, e non è fatto, quindi, “per le persone frivole e immature; come non è fatto per gli pseudointellettuali e i razionalisti. È adatto solo per le persone ponderate e riflessive che si soffermano a pensare sulle cose che fanno e sulle esperienze che vivono, seguendo un’inclinazione che non va confusa con le morbose cogitazioni dell’ipocondriaco”. Fa sorridere immaginare un giovanissimo Syd Barrett nell’istante in cui dispone il testo di “Chapter 24” (dal debutto psichedelico dei Pink Floyd del 1967, The Piper At The Gates Of Dawn) traendo ispirazione dall’esagramma Fu – Il Ritorno (la Svolta) del Libro dei Mutamenti. Leggiamo dal commentario: “Dopo un tempo di decadimento viene la svolta. Riappare la forte luce che prima era stata scacciata”. Il tempo delle tenebre è passato. Il solstizio reca la vittoria della luce.