Contro l'economicismo (per una veritiera genealogia del conflitto geopolitico)
di Gennaro Scala - 16/04/2023
Fonte: Gennaro Scala
La guerra è dovuta a motivi economici! Quante volte lo sentiamo ripetere! Questa è una teoria del marxismo passata nel senso comune (non dimentichiamo che il marxismo aveva dato vita a partiti di massa che sono durati fino a qualche decennio fa). Ma oggi tale teoria, che in passato ha avuto un suo senso, sta diventando fautrice di una mentalità subalterna che va combattuta.
In realtà, tale teoria si deve poco a Marx che del rapporto tra economia e guerra di fatto non si occupò, ritenendo che l'Inghilterra avesse vinto la secolare lotta con la Francia (dopo la sconfitta di Napoleone) e che non si ponessero più “questioni nazionali” in Europa, per cui il “capitalismo” (una formazione economico-sociale soprattutto inglese) poteva essere sconfitto solo “dall'interno”, dalla classe lavoratrice. Ed è il motivo per cui non si occupò neanche dello Stato. E in un certo senso Marx aveva le sue ragioni, secondo un ottica limitata al suo tempo ed eurocentrica. In quanto, già al finire del 19° secolo si farà avanti la Germania quale potenza sfidante l'egemonia inglese. Mentre, con la rivoluzione russa rinasceranno le altre civiltà mondiali, temporaneamente sopraffatte, dalla scoperta delle Americhe in poi, dal balzo in avanti sul piano tecnico e dell'organizzazione sociale e militare dell'Europa. Tale teoria la si deve molto di più a Lenin che introdusse quelle che erano delle valutazioni di fatto “geopolitiche” (come diremmo oggi) all'interno dell'economia marxiana.
Rovesciando il discorso, potremmo dire che l' “economia” è dovuta al conflitto. E di solito con “economia” si intende capitalismo. Non solo le strutture statuali moderne sono sorte dal conflitto tra gli stati feudali, come ha sostenuto Perry Anderson, uno storico marxista inglese, in un importante libro sulla nascita dello “stato assoluto”, ma anche le strutture economiche, in particolare ciò che chiamiamo capitalismo (finanziarizzazione, cioè accumulazione del denaro e nuova funzione dello stesso, e trasformazione del lavoro in merce) si è rivelato uno strumento potente per la crescita economica che si trasformava in uno dei fattori fondamentali della potenza di uno Stato, a differenze del passato. Nella civiltà greco-romana, ne nel periodo “feudale” vero e proprio, ovvero la lunga transizione tra il crollo dell'Impero romano fino alla nascita del mondo moderno a partire dal 13° secolo, il denaro non aveva tale funzione.
É importante, per combattere questa mentalità subalterna, ristabilire il giusto rapporto tra potenza economia e potenza tout-court a cui concorrono vari fattori, quello economico, militare, dell'egemonia culturale, capacità di direzione politica delle classi dominanti. Sicuramente, il tentativo più rilevante ed incisivo di superamento di questa teoria in ambito marxista è stato quello di Gianfranco La Grassa. Mentre, invece il marxismo d'antan, che sopravvive soprattutto in ambito accademico, promuove oggi la subalternità ideologica. Come nel libro scritto da Emiliano Brancaccio e altri dal titolo “la guerra capitalista”, secondo cui la guerra in corso tra Russia e Usa sarebbe una “guerra tra imperialismi”. Ora, se in termini marxisti, l'imperialismo è la saldatura tra potenza economica e potenza militare, la trasposizione, in termini leninisti, del conflitto economico a livello degli stati, c'è da chiedersi quale imperialismo sia quello della Russia, comunemente non considerata una potenza economica. Emmanuel Todd, uno dei più intelligenti studiosi francesi, elencava in un'intervista i motivi per cui la Russia pur non essendo una potenza economica può essere allo stesso tempo una potenza militare, seconda oggi solo agli Usa (vedi link nei commenti). E questa è proprio una guerra degli Usa contro la potenza militare russa, non una guerra in subordine a quella contro la Cina. Ma quello che gli Usa stanno ottenendo è un'alleanza stabile tra la potenza militare russa e la potenza economica cinese.
Palese è la funzione ideologica della teoria di Brancaccio, abile ideologo non a caso spesso nelle tv nazionali, e invitato a discutere con i “pezzi grossi” dell'establishment culturale internazionale. Cioè, promuovere l'imparzialità dei settori più acculturati e “di sinistra”, nei confronti della guerra in corso. Invece non dobbiamo essere imparziali, ma questo non vuol dire che facciamo il tifo per la Russia, dobbiamo essere per noi stessi, perché innanzitutto pensare di demolire altre potenze dotate di armamenti atomici è folle (questo è l'obiettivo degli Usa), e perché questa guerra si sta rivelando distruttiva per noi stessi, non solo in termini economici, il devastante degrado sociale e culturale ha origine sempre dagli obiettivi di egemonia mondiale ormai folli delle classi dominanti occidentali.