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Così gli USA volevano condizionare il voto sul referendum costituzionale

di Roberto Vivaldelli - 10/12/2017

Così gli USA volevano condizionare il voto sul referendum costituzionale

Fonte: Oltre la Linea

 

Le recenti dichiarazioni dell’ex vicepresidente USA Joe Biden sulla presunta interferenza russa in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, non devono sorprendere. Tra Renzi, Biden (e Obama) i rapporti sono più che ottimi e gli incontri tra l’ex presidente del Consiglio e i democratici americani – che dell’interferenza russa ne hanno fatto un vero e proprio mantra per inchiodare Trump – sono stati molteplici negli ultimi tempi.

Appuntamenti che rientrano nella normale sfera della diplomazia, qualcuno obietterà, ma c’è molto di più: parliamo di un vero e proprio atteggiamento di subordinazione nei confronti della superpotenza americana e in particolare dell’universo liberal. Una caratteristica che purtroppo ha spesso caratterizzato la storia del nostro Paese dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e che porta i democratici a tollerare ingerenze e prese di posizione tipiche del neo-colonialismo a stelle e strisce.


Sempre in prima linea per l’amico Obama

Era stato l’ultimo leader ad essere ricevuto, con tutti gli onori del caso, alla Casa Bianca di Barack Obama, prima dell’addio di quest’ultimo dopo due mandati da presidente degli Stati Uniti. Alla fine di ottobre, Matteo Renzi, in piena campagna elettorale siciliana, ha abbandonato il treno che lo stava portando in giro per l’Italia e si è imbarcato su un volo che lo ha portato a Chicago, dove ad aspettarlo c’è proprio il suo carissimo amico Barack. Un avvenimento curioso e inusuale, se si pensa all’importanza della strategica della Sicilia – ma non abbastanza rilevante da farsi sfuggire l’occasione di mantenere saldi i rapporti con i democratici Usa.

Renzi con Obama

Renzi, da presidente del Consiglio, ha ricevuto l’ex vice di Obama Joe Biden per ben due volte negli ultimi due anni, il 25 novembre 2015 e il 29 aprile 2016. Incontro più che cordiali, che hanno cementato un rapporto solidissimo e stretto. Non serve dunque essere dei fini politologici o analisti per comprendere la vera natura delle parole di Biden, intervenuto in soccorso all’amico Matteo. L’obiettivo è quello di imporre una narrativa che abbiamo già visto negli USA al fine di screditare gli avversari del Partito Democratico e compattare il centro-sinistra contro il nemico che diffonde “fake news” al soldo del Cremlino. Operazione cinica, che potrebbe anche rivelarsi un boomerang per il PD.

Vedi: Youtube.com/Watch
L’ingerenza di Barack Obama sul referendum (ottobre 2016)

Nell’ottobre 2016, l’allora presidente USA Obama riceveva Renzi alla Casa Bianca. Al referendum costituzionale mancava poco più di un mese. Dopo aver avuto un colloquio nello Studio Ovale, Obama affermò: “Siamo d’accordo sul fatto che bisogna concentrarsi sulla crescita per la prosperità delle persone: Matteo sta facendo le riforme in Italia, a volte incontra resistenze e inerzie ma l’economia ha mostrato segni di crescita, anche se ha ancora tanta strada da fare”, ha detto Obama, sottolineando che “ci sarà un referendum per ammodernare le istituzioni italiane” che può “aiutare l’Italia verso un’economia più vibrante”. Non è forse un’ingerenza questa nei nostri affari interni? Cosa sarebbe successo se Putin si fosse pronunciato in questi termini? Cosa avrebbe detto la stampa liberal che ora pontifica? Ve lo lasciamo immaginare.
Le gravi parole dell’ambasciatore USA

Ancor più spericolate delle parole di Obama, quelle dell’ambasciatore Usa in Italia, schieratosi per il Sì al Referendum. Atteggiamento a dir poco inusuale per un diplomatico. Come riporta La Repubblica, John Phillips, intervenendo ad un incontro sulle relazioni transatlantiche organizzato a Roma all’istituto di studi americani, dichiarò: “Il No al referendum sulla riforma costituzionale sarebbe un passo indietro per gli investimenti stranieri in Italia”. E aggiunse: “Il referendum è una decisione italiana”. Ma il Paese “deve garantire stabilità politica. Sessantatré governi in 63 anni non danno garanzia”. Il voto sulle riforme costituzionali, continua, “offre una speranza sulla stabilità di governo per attrarre gli investitori che stanno osservando quanto avviene in Italia”.

Da Biden passando per Obama e Phillips, la storia delle ingerenze statunitensi negli affari interni del nostro Paese andrebbe ben oltre la vicenda del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Eppure rappresenta un caso emblematico dell’ipocrisia di queste ore e dell’isteria mediatica contro la Federazione Russa, i cui rappresentanti mai si sarebbero permessi di esprimere una valutazione politica come quelle sopracitate, per rispetto della nostra sovranità. O di quel poco che ne rimane.