Dall’era della certificazione verde: Dialogo tra un Credente e uno Scettico
di Andrea Zhok - 11/09/2021
Fonte: Antropologia filosofica
- C) Ciao, ho visto che hai sottoscritto un documento di protesta contro il Green Pass e, confesso che la cosa mi ha sorpreso. Cosa c’è che ti sembra così sbagliato nella gestione della pandemia? Cosa temi?
- S) Credo che la gestione della pandemia da parte dei vari governi italiani sia sempre stata discutibile. All’inizio scusabile con la sorpresa e l’impreparazione, per divenire progressivamente, con l’accumularsi di crescenti manchevolezze, sempre meno tollerabile, fino al punto terminale dell’adozione del Green Pass, che ribadisce tutti gli errori fatti prima, li santifica e si avvia ad esiti potenzialmente catastrofici.
In concreto, credo che con la campagna vaccinale recente si siano creati i presupposti per ottenere il peggiore degli scenari possibili.
In primo luogo, con l’uso a tappeto di vaccini ‘imperfetti’ (leaky) stiamo creando condizioni propizie all’imporsi di varianti vaccino-resistenti, sempre più aggressive.[1] Per quanto, trattandosi di processi stocastici, nessuno possa dare certezze, la strategia che abbiamo adottato è per i virus qualcosa di analogo a ciò che si raccomanda di non fare con gli antibiotici per non creare antibiotico-resistenze. In quel caso si raccomanda di non somministrarli a chi non ne ha bisogno e soprattutto, nel caso in cui lo si faccia, di concludere il ciclo antibiotico fino ad aver debellato i bacilli, perché lasciarne una parte attivi creerebbe le condizioni per l’emergere di ceppi resistenti.[2] Con i vaccini attuali (che in effetti non sono neppure propriamente vaccini ma farmaci preventivi) stiamo sistematicamente lasciando passare una parte del virus, come quando non si conclude il ciclo antibiotico. Naturalmente siamo nel campo delle probabilità e non delle certezze: non è certo che si creeranno varianti vaccino-resistenti, tuttavia stiamo facendo il possibile per arrivarci.
In secondo luogo, puntando tutto sui soli vaccini, e lasciando sguarnito il settore delle terapie precoci, abbiamo creato le condizioni ideali per una nuova situazione emergenziale, che diventerebbe inevitabile e drammatica nel momento in cui emergesse una variante capace di sfuggire del tutto ai vaccini disponibili. In un tale contesto, che molti esperti ritengono plausibile, ci ritroveremmo in una situazione fotocopia del marzo 2020, con chiusure forzate e collasso del sistema produttivo.
In terzo luogo, forse il punto più grave di tutti, abbiamo giocato alla roulette russa con le generazioni più giovani (e con i nascituri) il cui futuro saremmo tenuti a proteggere, e che invece, nonostante fossero scarsamente esposte alle conseguenze più gravi del virus, abbiamo forzato ad una vaccinazione in cui esiti a medio e lungo termine sono ignoti.
In quarto luogo, per ottenere l’adeguata pressione psicologica, si è orchestrata una campagna di demonizzazione dall’alto di tutti i dubitanti, trattandoli come una sorta di subumani immorali o di cretini confusi, legittimando le più odiose forme di stigmatizzazione e discriminazione. Questo avvelenamento della vita pubblica avrà conseguenze sociali gravi per molto tempo a venire.
Si profila infine come altamente probabile una situazione in cui, di fronte agli scricchiolii di questa strategia demenziale, invece di cambiarla, si rincarerà semplicemente la dose, in una corsa a rimpiattino tra varianti e nuove somministrazioni vaccinali (laddove con somministrazioni reiterate le incognite precedenti si moltiplicano esponenzialmente).
L’intera operazione si presenta perciò come un azzardo con in gioco la salute pubblica, la convivenza civile e il funzionamento dello stato. Un capolavoro.
- C) Mamma mia, ma quanto sei negativo! Insomma, scusa, la fai facile tu; cos’altro si poteva fare? Dopo tutto non c’erano molte alternative, no?
- S) Resisto alla tentazione di rispondere a questa ennesima, tediosa, incarnazione del “Non c’è nessuna alternativa” (TINA), e vengo al punto concreto. L’alternativa c’era, è stata proposta da diversi esperti, ed è stata bellamente ignorata.
Si poteva utilizzare il vaccino in maniera circoscritta, raccomandandolo e incentivandolo per le fasce che per età e/o malattie pregresse risultano più soggette ad ospedalizzazione (e morte). Parliamo di circa un terzo della popolazione totale, tra over 60 e affetti da patologie croniche inferiori ai 60. Sulla base dei dati in nostro possesso relativi alle precedenti ondate potevamo aspettarci che in questo modo si sarebbe coperto il 98,5% dei soggetti che in precedenza avevano contribuito alle ospedalizzazioni.
Al tempo stesso, sia per coprire il rimanente 1,5%, sia per ridurre l’impatto di quella percentuale di vaccinati che – come ora sappiamo – il virus colpisce egualmente, si dovevano incrementare gli interventi di terapia precoce, le cui conoscenze sono maturate nel primo anno di pandemia, e che avrebbero limitato drasticamente ospedalizzazioni e decessi.
In questo modo si avrebbe avuto un basso impatto sul sistema sanitario, si sarebbero salvate più vite – la tempestività dell’intervento terapeutico, anche semplicemente con antiinfiammatori adeguati, si è dimostrata cruciale sin dalle prime fasi della pandemia – e si sarebbe evitato di alimentare vaccino-resistenze, creando quella situazione di infernale rincorsa tra vaccinazioni e varianti che invece ci si prospetta in futuro.[3]
Inoltre, in questo modo si sarebbe evitato l’attuale scandalo di un obbligo vaccinale camuffato, imposto a fasce di popolazione che non ne avevano bisogno, – mettendole a rischio – e che avrebbero invece fornito la base per una coesistenza futura con il virus, formando difese naturali (più durature di quelle fornite dalla vaccinazione). Ci saremmo risparmiati lo scempio di interventi ricattatori e discriminatori come il Green Pass, e al contempo l’odiosa caccia a dissenzienti e dubbiosi.
- C) Aspetta, aspetta, quali terapie? Lo sanno tutti che non esistono terapie per il Covid!
- S) Ecco questa è una delle numerose balle somministrate alla popolazione dai media e che generano a cascata una serie di conclusioni insensate.
Prima di entrare nello specifico ti invito a riflettere. Dalla comparsa del virus si è cercato innanzitutto di intervenire come si poteva, con i farmaci e i protocolli a disposizione. Ovviamente in prima battuta i risultati non potevano che essere scadenti. Però quella dell’intervento terapeutico è di gran lunga l’area in cui giocoforza nel mondo si è fatta più ‘sperimentazione sul campo’, certamente molto più di quanto sia avvenuto per la ricerca sui vaccini, che è un tipo di indagine accessibile solo a pochi grandi gruppi di ricerca – pubblica o privata. Ora, prima di ogni altra cosa ti chiedo: quanto ti sembra plausibile che in poco più di un anno si siano trovati più di 20 vaccini (ad oggi approvati),[4] ma non si sia trovata nessuna terapia utile?
E in effetti non è così. Volendo concedere un briciolo di buona fede a tutti quelli che si sbracciano a dire che non ci sono terapie, si può immaginare che questa gente semplicemente non sappia cos’è una terapia. Terapia non significa quasi mai “cura risolutiva”, “pillola magica”, martello definitivo ammazza malattie. In verità la stragrande maggioranza delle terapie, specificamente nel caso di affezioni virali, serve a contenere i sintomi, ad evitare processi degenerativi, lasciando poi all’organismo il compito di liberarsi del virus. Bisogna sempre ricordare che qualunque guarigione avviene esclusivamente se l’organismo ripristina il proprio equilibrio: i medicinali servono ad aiutare questo processo, mai a sostituirlo.
In concreto molti medici, anche in Italia,[5] hanno adottato con successo farmaci ‘riconvertiti’ – cioè approvati precedentemente per altri usi, di cui si è constatata l’efficacia. Specificamente è stato osservato sin dalle primissime fasi della pandemia che nel caso del Covid la tempestività dell’intervento giocava un ruolo fondamentale.[6] Una volta che il malato entrava in fase critica, con sviluppo di una polmonite interstiziale, le possibilità di finire in terapia intensiva e di morire crescevano verticalmente. Ma molto si poteva e si può fare per evitare che si giunga a questo stadio. In questo senso credo che a bocce ferme sarà necessario istituire una vero e proprio processo alle responsabilità di chi in un anno e mezzo non ha approntato nessun sistema decente di intervento domiciliare nelle fasi iniziali della malattia, mantenendo un protocollo assurdo di “tachipirina e vigile attesa”, che ha concorso senza dubbio all’enorme numero di decessi in Italia (tra i numeri più alti al mondo in rapporto alla popolazione; superata in Occidente da una manciata di paesi: Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Ungheria).
Farmaci come ivermectina,[7] budesonide, Exo-Cd24, anticorpi monoclonali, ma anche semplicemente alcuni antiinfiammatori non steroidei, ecc.[8] hanno già dietro estese prove sul campo ed una letteratura scientifica.
C’è per inciso chi maligna – ma sono certamente dei malpensanti – che una delle ragioni per cui i farmaci ‘riconvertiti’ siano stati così manifestamente osteggiati, fino alla calunnia,[9] è che erano farmaci con brevetti scaduti, che non portavano perciò introiti alle case farmaceutiche. Ma va da sé che si tratti di dicerie blasfeme, che nessun vero credente nella natura disinteressata e apolitica della Scienza potrebbe mai accogliere.
- C) Ok, ammettiamo che alcune terapie esistano, ma converrai che anche i vaccini esistono. E dunque perché non semplificarsi la vita usando solo quelli? Da quanto dici sembra che tu abbia timori circa la sicurezza dei vaccini anti-Covid, ma hanno detto in lungo e in largo che sono assolutamente sicuri!
- S) Sì, è vero, in molti hanno detto e continuano a dire che i vaccini sono assolutamente sicuri. Questa è in effetti una delle cose più sconcertanti di tutta l’attuale vicenda: la sicumera con cui soggetti che si vorrebbero competenti hanno giurato in pubblico cose su cui non erano nelle condizioni di giurare.
Facciamo un passo indietro.
Sin dalla comparsa del virus sono stati avviati studi per il raggiungimento di un vaccino, nonostante fossero note le difficoltà di ottenere un vaccino efficace per un virus come questo, estremamente mutevole. Dopo meno di un anno sono cominciate a piovere richieste di approvazione di questi nuovi prodotti farmaceutici, e data la pressione comprensibile per un ripristino del ‘business as usual’, si è proceduto ad approvazioni di carattere emergenziale, con procedure semplificate, rinunciando ad alcuni livelli di analisi come le valutazioni di cancerogenicità, genotossicità, e le interferenze con altri farmaci. I tempi di approvazione si sono ridotti in questo modo ad un quarto / quinto del minimo tempo precedentemente richiesto per il vaccino più veloce (Ebola, ricerca iniziata nel 2014, primo uso nel 2018, approvazione FDA 2019).
Anche la successiva approvazione definitiva da parte della FDA del vaccino Comirnaty (Pfizer) si è svolta con modalità emergenziali, comprimendo la discussione sui dati.[10]
Ora, il primo fatto da considerare è che la compressione dei tempi non è una variabile marginale nei processi biologici. Non si può compensare l’ignoranza sugli effetti a medio o lungo termine con l’intensità della ricerca, l’entità dei finanziamenti o il numero di soggetti inclusi nella sperimentazione. A chiunque abbia una preparazione scientifica anche modestissima dovrebbe essere chiaro che negli organismi i processi hanno un loro modo di dispiegarsi nel tempo che non può essere ‘digitalizzato’, non può essere rimpiazzato da altre variabili intensive. Approvare un prodotto farmaceutico le cui fasi di sperimentazione si sono svolte in parallelo e non in successione – come fosse uguale – è qualcosa che è stato considerato un rischio accettabile a fronte di una situazione ritenuta emergenziale, specificamente emergenziale per l’economia, visto che la letalità del Covid non è certo paragonabile a illustri antecedenti come vaiolo o ebola.
Sull’accettabilità di questo rischio potremmo discutere a lungo, ma che un rischio sia stato accettato è innegabile e dichiarato nella stessa espressione di “approvazione emergenziale” (ancora in vigore per l’approvazione EMA). Già qui io mi chiedo con che faccia dei professionisti della sanità abbiano potuto lanciarsi in affermazioni apodittiche sulla sicurezza dei vaccini, senza se e senza ma.
Ma questo è solo l’inizio. In solo 8 mesi dal primo impiego sono emersi una serie di problemi non contemplati all’inizio: trombosi atipiche,[11] sindrome di Guillain-Barré,[12] miocarditi e pericarditi (specialmente nei giovani),[13] sindrome di Stevens-Johnson,[14] oltre al rischio di ADE (antibody-dependent enhancement).[15] Il minimo che un briciolo di buonafede e coscienza richiederebbe è di ammettere che siamo di fronte ad un prodotto farmaceutico di cui ignoriamo in parte la nocività, e la cui assunzione rappresenta comunque un rischio, per quanto le stime attualmente in nostro possesso ritengano questo rischio statisticamente basso.
- C) Vabbé, ma scusa, è noto che tutti i farmaci hanno effetti collaterali anche l’aspirina!
- S) (Signore dammi la forza)
- C) Cosa stai mormorando?
- S) No, no, niente di importante. E tuttavia, non avertene a male, ma anche l’ultimo terrapiattista dovrebbe capire che un farmaco del tutto nuovo, e testato in una frazione del tempo ordinario, non può essere comparato con un farmaco (o un vaccino) che ha alle spalle decenni (o nel caso dell’aspirina addirittura secoli) di esperienza sia intorno agli effetti collaterali, sia intorno alla sua efficacia terapeutica.
Qui dev’essere chiaro che non stiamo parlando di un “rischio calcolato”, perché per fare un calcolo costi-benefici devi avere una valutazione stabile sia dei costi (rischi per la salute) che dei benefici (efficacia del vaccino), mentre nella situazione attuale tanto la tabella dei rischi del vaccino che quella della sua efficacia si aggiornano quotidianamente. Quello che viene fatto passare per “calcolo costi-benefici” è in effetti un gioco d’azzardo sulla pelle della gente. Parlare qui di “rischio calcolato” o di “calcolo costi-benefici” è letteralmente una truffa perché non ci sono le condizioni per effettuare nessuna valutazione del genere.
Va peraltro detto che anche il discorso sul “rischio calcolato” è un discorso raro e sin troppo argomentato per il livello della discussione su cui si è basato il discorso pubblico finora. Ricordo come nonostante nei bugiardini dei vaccini sia sempre specificato che non esiste alcuna sperimentazione sulla possibilità di alternare vaccini differenti, quando se ne è presentato il bisogno eminenti virologi da salotto si sono lanciati in rassicurazioni sul fatto che non c’era nessun problema, che non potevano che funzionare (garantiscono loro).
Mi pare che il disprezzo per qualunque metodologia e qualunque deontologia sia tale da rendere ogni ulteriore discussione imbarazzante e superflua.
- C) Fingo di non aver sentito la lieve punta di ironia, ma visto che sei così sicuro di te, ti chiedo: tu che pensi che il vaccino può essere rischioso, non pensi anche ai rischi della malattia? E quando proponi di non vaccinare i giovani, non pensi che anche loro corrono dei pericoli?
- S) Rispondo subito, ma la doverosa premessa è che io non sono sicuro di nulla, salvo di una cosa: so con assoluta certezza che chi fa proclami di assoluta sicurezza, mente. In effetti la chiave per operare nel presente (sempre, ma in questo contesto pandemico più che mai) sta nel riconoscere le aree di ignoranza e nel trovare strategie che tengano conto proprio dell’incertezza e del rischio. Gli scommettitori vadano a giocare in borsa, e lascino le decisioni sulla salute pubblica a persone con una coscienza.
Veniamo al merito. Sui rischi della malattia Covid-19 abbiamo al momento dei dati abbastanza consolidati, che nonostante il succedersi delle varianti (forse da noi aiutate) presentano un quadro statisticamente stabile. Mortalità ed occupazione delle terapie intensive – i due dati più pesanti, che hanno messo in crisi il sistema ospedaliero – appaiono sin dall’inizio e a tutt’oggi concentrati nelle fasce più anziane della popolazione. L’età media dei decessi è superiore agli 80 anni, e il 98,5% dei ricoveri in terapia intensiva ha riguardato persone di età superiore ai 60 anni.
Se guardiamo alla fasce più giovani troviamo dall’inizio della pandemia (su 18 mesi) 12 decessi nella coorte 0-9 anni e 16 decessi in quella 10-19. Dunque abbiamo nella fascia <20 un totale di 28 decessi, tutti in soggetti con patologie pregresse.[16]
Naturalmente ogni morte è una morte di troppo, ma per capire se questi numeri vadano considerati ‘tanti’ o ‘pochi’, bisogna confrontarli con una situazione a noi nota. Per farlo possiamo confrontarli con i decessi in età pediatrica per la comune influenza stagionale. Nell’ultimo anno solare prima della pandemia (2018) i dati sulla mortalità per influenza in Italia ci danno 11 decessi nella fascia minore di 14 anni.[17] Un confronto non è immediatamente possibile, visto la diversità di fascia e di tempo, ma possiamo avvicinare i due dati. 28 decessi su 18 mesi parametrato su 12 mesi (un anno solare) diventa 18,6. Dunque abbiamo il seguente confronto su un periodo di un anno: 11 decessi per influenza nella fascia 0-13 contro 18,6 decessi per Covid nella fascia 0-19 (cioè più estesa di un terzo). Se assumiamo una distribuzione uniforme per anno, possiamo normalizzare i due dati per anno: 0,846 per l’influenza contro 0,978 per il Covid. Quello che si può dire allo stato attuale delle informazioni disponibili è dunque che nella fascia giovanile e pediatrica la letalità per l’influenza stagionale e quella per il Covid-19 sono di dimensioni perfettamente comparabili.
Detto questo io non mi permetterei mai di dire a qualcuno che deve o non deve vaccinarsi, che sia giovane o anziano, perché in ultima istanza ogni scelta sulla propria salute avviene sulla base di una coscienza in prima persona cui gli altri non possono (non devono) sostituirsi. Quello che però credo si possa dire, con tutta la sicurezza che possiamo estrarre dall’informazione ora disponibile, è che non ci sono affatto ragioni che facciano pesare la bilancia a favore della vaccinazione per le fasce più giovani.
Nello stesso senso, visti i dati della letalità del Covid nella fascia over 60, e alla luce del fatto che in questa fascia i timori per eventuali effetti avversi di lungo periodo del vaccino pesano ovviamente meno di quanto pesino per un giovane o giovanissimo, credo che sia sensato consigliare caldamente la vaccinazione agli ultrasessantenni.
- C) Però io continuo a credere che stai esagerando con i timori per il vaccino. D’accordo, ci sono alcuni segni di correlazione causale con esiti infausti, ma converrai che sono veramente eventi rarissimi?
- S) Vedo con disappunto che ricadi nella fallacia della stima precoce: ti metti a valutare la frequenza di un evento come se avessimo a che fare con una sequenza stabilizzata nel tempo, mentre abbiamo a che fare con dati che sono cambiati più volte in un intervallo di tempo assai breve.
Ma a prescindere da questo punto, ce n’è uno più generale, e a mio avviso più grave, che bisogna considerare. Il discorso che viene fatto costantemente è un discorso che prende in considerazione il migliore degli scenari possibili, quello in cui tutti gli eventi avversi sono stati segnalati e in cui la stragrande maggioranza delle correlazioni temporali sono accidentali. È così che si arriva a quei ‘dati’ sulla bassissima frequenza di eventi avversi.
Ora, i dati scientifici non esistono in natura, non cadono dagli alberi direttamente negli studi dei telegiornali, ma devono essere raccolti, inviati e valutati. Il sistema di segnalazione che è stato adottato è un sistema di farmacovigilanza passiva, incentrato sulla segnalazione spontanea del paziente al proprio medico curante e sulla volontà del medico di inviarla alle autorità preposte. Per quanto esista anche la possibilità di diritto che il paziente si rivolga direttamente, come privato, alle istituzioni, questa opzione è statisticamente marginale.
Studi sulla farmacovigilanza passiva relativa agli eventi avversi, avvenuti prima dell’era Covid, affermano che questo modello di sorveglianza è soggetto ad una strutturale ampia sottostima (underreporting).[18] Si dice che questo sistema tende a catturare solo tra l’1% e il 13% degli eventi avversi seri.
Se andiamo al sito dove vengono segnalate le possibili correlazioni tra vaccini Covid ed eventi avversi in Europa (Eudravigilance) troviamo al momento intorno ai 23.000 casi di decessi considerati sospetti in quanto contingenti alla somministrazione di uno dei vaccini anti-Covid.[19] Naturalmente una correlazione possibile non è una causa certa. Però permettimi di fare per un momento un giochino opposto al tuo gioco di minimizzazione. Immaginiamo lo scenario peggiore possibile, sempre compatibile con i dati a disposizione. Se tutti i 23.000 casi di decessi segnalati fossero provocati dal vaccino e se la segnalazione effettiva fosse davvero l’1% delle occorrenze reali, avremmo a che fare ad oggi con 2.300.000 decessi da vaccino in Europa. Ti fermo subito e ti dico che non credo affatto ad un calcolo del genere, che ci metterebbe di fronte ad un’ecatombe per chiarire le cui responsabilità non basterebbero tutti i tribunali d’Europa. Ma anche se non ci credo, credo sia utile fare un ragionamento del genere, perché ci mostra l’altro estremo dello spazio di possibilità, sempre rimosso, quello di uno scenario unilateralmente pessimista, compatibile con i nostri dati. Questo scenario è utile per capire che quando dei sedicenti esperti da talk show si sbracciano a garantire la sicurezza dei vaccini “perché i casi sono rarissimi” stanno di nuovo forzando volontaristicamente i dati nella direzione desiderata, mentre lo spazio di ciò che non sappiamo è enorme.
A questo quadro dobbiamo aggiungere un ultimo tassello, di natura ipotetica, ma di nuovo ben supportato dai dati disponibili. Nel caso della sottostima delle segnalazioni di cui sopra va notato che stavamo parlando di vaccini ordinari in contesti ordinari (in “tempo di pace”). Ma davvero niente di ordinario c’è nell’atmosfera di battaglia ideologica che si è istituita nel corso di quest’anno sul tema dei vaccini anti-Covid. Abbiamo assistito ad una fortissima polarizzazione, in cui il ceto medico è stato spesso chiamato a prendere le parti della Scienza contro il Pregiudizio. E questo in concreto ha significato spesso – su ciò le testimonianze sono innumerevoli – l’assunzione di un atteggiamento piuttosto restio a dare credito, e seguito, alle segnalazioni fatte dai cittadini.
Questo fatto, di cui naturalmente non possiamo che portare un fondamento aneddotico, appare però confermato se guardiamo con attenzione l’ultimo rapporto di sorveglianza sui vaccini.[20]
Se andiamo alla figura 14 vediamo come ci sia un andamento inverso nel tempo tra le segnalazioni riportate da medici e personale sanitario e quelle riportate dai cittadini: più passa il tempo più si riducono le segnalazioni da parte dei sanitari (dal 94% al 72%) e più aumentano quelle lasciate ai cittadini (dal 6% al 27%). Difficile sottrarsi all’impressione che a fronte di una tendenza alla minimizzazione da parte dei sanitari ci sia stato un tentativo di compensare queste mancate segnalazioni riportandole privatamente. Ma naturalmente restano quelle del personale sanitario a fare la parte del leone.
Questa interpretazione è corroborata se guardiamo la figura 12 dello stesso rapporto, dove vediamo un curioso fenomeno: nel corso del tempo all’aumentare delle vaccinazioni eseguite si riducono progressivamente le segnalazioni di eventi avversi. Sono certo che esisterà una bella spiegazione tecnica per questo fenomeno. Io però non sottovaluterei una possibile spiegazione triviale: semplicemente c’è stata una tendenza da parte di medici e sanitari a ridurre le segnalazioni. Sulle motivazioni psicologiche non voglio soffermarmi, ma credo che chiunque abbia assistito alla progressiva demonizzazione mediatica dei “Novax” (e un medico non può certo permettersi di avere simile fama) non farà difficoltà a trarre da solo le proprie conclusioni.[21]
- C) Certo che a starti ad ascoltare uno si deprime. Ma insomma, non hai fede nella scienza? Se non così, come credi che ci libereremo da questo maledetto virus?
- S) Ti capisco. Anch’