Darya Dugina è a tutti gli effetti una martire
di Matteo Mazzoni - 22/08/2022
Fonte: Matteo Mazzoni
Se domani mattina andassi al bar, e domandassi cosa ne pensano gli avventori di Giorgio Locchi o di Marco Tarchi, probabilmente mi risponderebbero chiedendo se si tratta di calciatori.
Se dall'altra parte domandassi di Luciano Gallino, crederebbero trattarsi di qualche venditore di pollame.
La stragrande maggioranza delle persone non sa. È normale.
Quando ci interroghiamo sull'influenza o meno di Dugin non dovremmo aspettarci di entrare in un caffè a Mosca e di trovare che tutti conoscono Dugin.
Ci sono intellettuali che restano noti tra gli addetti ai lavori, e che esprimono la propria influenza solo in determinati ambienti.
Soltanto laddove scelgono di esporsi, di affrontare una kulturkampf, una certa popolarità può emergere. E soprattutto esplodere (ahimè, termine indelicato), laddove al nemico è utile una mostrificazione.
Probabilmente Dugin ha più popolarità in Europa che in Russia. Probabilmente è però influente in certi ambienti d'apparato in patria.
Ricordo di una foto di un soldato russo, in Siria, mentre legge Noomachia. È un'immagine potente.
Anche oggi, col cadavere della figlia ancora da piangere, i giornali italiani non si sono riusciti a contenere. "La figlia dell'ideologo di Putin". "La figlia del Rasputin di Putin". Sanno che non è vero. Che è una menzogna. O forse non lo sanno: sono soltanto giornalisti dappoco. Uomini dappoco.
Se così non fosse, ogni tanto vi informerebbero del fatto che la centrale nucleare di Zaporižžja, non è affatto Zaporižžja, ma ad Ehrenodar. A più di centoquaranta chilometri di distanza da Zaporižžja.
Ma va così. È necessario dare rilevanza alle donne finlandesi che scelgono di sculettare in solidarietà di non so cosa, continuando a mostrificare una ragazza che, comunque la si pensi, era oggettivamente colma di qualità intellettuali - e di serietà -. Ma stava dalla parte del "nemico assoluto". Come orgogliosamente stiamo noi.
Dugin fa parte di quei tradizionalisti che hanno cercato di applicarsi allo studio del politico, considerato non separabile dal piano spirituale.
Per la gente del bar, un "tradizionalista" probabilmente è una qualche specie di conservatore. Pochi sanno di cosa si sta parlando nel concreto.
Evola fu un altro studioso di temi tradizionali che scelse di applicarsi al politico. Così Panunzio. Così fece addirittura lo stesso Guenon indirettamente, ab origine, semplicemente mettendo in contrapposizione irriducibile il mondo moderno e quello della Tradizione.
Ora...chiunque si ritenga impegnato nello studio di materie tradizionali, o ancor meglio è "operativo" oltre al semplice interesse intellettuale, dovrebbe essere in grado di superare l' -ismo, nel Tradizionalismo, e verificare con interesse le posizioni degli innumerevoli autori. Se, superati i vent'anni, uno ancora si definisce "evoliano" o "guenoniano" probabilmente è meglio si occupi di tifo calcistico e non vada oltre.
Chi scrive non potrà mai essere "dughiniano" come non potrà mai essere evoliano o altro.
Va da sé che tra un Attilio Mordini ed un Elemire Zolla, ad esempio, sussistono delle differenze. Si raccoglie del buono in tutti gli autori, e si mette da parte ciò che non convince. Come in ogni ambito della vita. Senza tifoserie infantili.
Dugin dimostra una via possibile di approccio al Tradizional-ismo andando oltre ad esso. Egli dice: se il mondo moderno si dissolve nel post-moderno, ecco che allora la dialettica modernità - Tradizione non ha più un senso. Perché la modernità non esiste più. E qui si apre un mondo tutto da esplorare.
Egli dice: i Tradizionalisti, TUTTI, sono stati uomini modernissimi. Ed è normale.
Come diceva il marxista operaista Mario Tronti, il soggetto rivoluzionario può essere tale solo se è immerso in ciò contro cui vuol fare la rivoluzione.
Ed anche Dugin è un uomo del suo tempo. È un uomo condizionato dal tempo e dal luogo, dal numero e dalla misura. Come tutti. Ma nel post-moderno, anche il tradizionalista deve farsi altro. Cosa? Mistero.
Ripulendo il pensiero di Dugin da ciò che è contingente, casuale, esclusivamente russo, e restando fuori dalle fissazioni dei guenonomani che vedono controiniziati dappertutto (alcuni avrebbero sorprese guardandosi allo specchio), restano nel suo pensiero perle di assoluta profondità.
Noi abbiamo voluto e vogliamo fare la rivoluzione. Intesa etimologicamente, cioè come un revolvere: un tornare alle origini. Siamo chiari: l'origine è l'Origine. L'origine è quella che in una canzone di Battiato vien definita "il dominio della pre-esistenza".
Qualunque Tradizionalista è allo stato edenico che deve mirare. Punto.
Che sia un "tradizionalista" inteso come membro di una corrente di pensiero, o inteso come un soggetto consapevole dell'esistenza di una Tradizione così come già altri, a prescindere da Guenon, e ben prima di lui.
Lo studioso o ancora più l'operativo, non possono non vedere l'evidenza. Darya Dugina era una sorella, laddove condivideva con tutti noi la battaglia per l'Origine. A prescindere da tutti i pensieri da lei espressi, condivisibili si o no. È la spinta a una reintegrazione, l'UNICA cosa che conta. Del soggetto e del mondo.
Uno studioso e ancor più un operativo, dovrebbero sapere che l'accento va posto sul super-razionale, ossia sul sovra-razionale. E non certamente sul piano del dialettico o del meramente razionale. Altrimenti gli si consiglia di lasciar perdere, e iscriversi al CICAP, del fin troppo compianto Angela.
Darya Dugina è a tutti gli effetti una martire. Che questo i suoi assassini l'abbiano considerato o meno, poco importa. Chiunque essi siano.
Lei è tornata alla casa del Padre, e verosimilmente il suo pensiero, ed ovviamente quello del padre terreno (e lei non era solo figlia di-), troveranno ulteriore e maggiore diffusione. Nonostante le ulteriori mostrificazioni e tutti i divieti che già ci immaginiamo. E tramite il pensiero di Aleksandr Dugin, è verosimile che qualcuno di vocato giunga a interessarsi ai temi degli autori innumerevoli cui lui si riferisce, probabilmente anche migliori di lui.
Il sacrificio della Dugina potrà forse condurre persino a un moto di "desiderio" per l'intrapresa di un percorso. E questo è infinitamente più importante di qualsiasi possibile influenza politica e di qualsiasi possibile notorietà. Perché con buona pace degli ottimisti, nei prossimi anni la morte verrà a trovare i popoli. E sarà essenziale farsi trovare pronti e bianchi come neve.