Decidetevi: o siamo complottisti o siamo negazionisti
di Francesco Benozzo - 09/09/2020
Fonte: Comedonchisciotte
Faccio di mestiere il filologo. Il filologo analizza le tracce, non si fida delle cose narrate superficialmente, diffida degli slogan e delle narrazioni uniche e condivise. Il filologo, per sua natura, ha l’obbligo di cercare soglie di comprensione inedite, di metterle al vaglio, di difenderle. Il filologo ha cioè l’obbligo, un tempo si sarebbe detto che ha l’obbligo “morale”, di essere quello che oggi si definisce spregiativamente un “complottista”.
Dopo Darwin, ognuno di noi che sia uno scienziato e non un pagliaccio inconsapevole, sa bene che l’idea classica, illuministica e kantiana di una cultura che aiuta a trarsi fuori dallo stadio barbaro degli inizi non può più esistere, e che il caso non viene affatto escluso dalle teorie evoluzionistiche: la selezione naturale non può assorbire completamente e definitivamente l’ingombrante presenza del caso e, in definitiva, lo stesso linguaggio scientifico, uscito dalle rassicuranti logiche di laboratorio, apre da un lato voragini misteriose e inquietanti su una realtà sempre meno comprensibile (anche in senso etimologico) e ammette, dall’altro, di dover continuare a fare i conti con i frammenti di una casualità irrisolta, con un disordine tanto più fastidioso quanto meno eliminabile.
Mentre fa luce nel caos, insomma, la scienza comprende di non potersi sottrarre al fatto di diventare uno strumento che ne amplifica le conseguenze.
Chi è, allora il complottista? Il termine è attestato per la prima volta in forma scritta in antico francese (sec. XII): complot, ‘folla, riunione di persone’, forse imparentato al latino cumulus ‘mucchio (di persone)’, o forse al latino complex ‘complice’, a sua volta da complicare ‘avvolgere insieme’. In tempi più recenti, il complottista è diventato nel linguaggio comune colui che non si fida di teorie esposte in maniera univoca e allineata. Spesso glossato come ‘paranoico’, il complottista ha in realtà in sé la vocazione anti-seriale a voler vagliare le informazioni, e questo si mostra tanto più vero in un’epoca in cui – come ricorda in questi giorni Elena Lamberti – la pandemia è a ben guardare soprattutto una pandeMedia: lo è in quanto una crisi, per sua natura complessa, può diventare un’isteria collettiva attraverso una semplificazione narrativa sistemica. Il complottista diffida proprio di questo: egli diffida della narrativa sistemica.
Ne consegue, evidentemente, che ciò che il complottista nega, ciò che noi complottisti filologi neghiamo, non è certo – come vorrebbe far credere l’etichetta affibbiataci di “negazionisti”, storicamente legata alle figure che negarono l’esistenza dell’Olocausto – qualcosa che ha a che fare con la triste storia dell’umanità. Al contrario, il complottista – noi filologi complottisti, io Francesco Benozzo filologo e complottista – nega, neghiamo, nego precisamente il contrario: egli, noi, io neghiamo la pretesa verità di chi ha deciso di considerare imprescindibili alcune acquisizioni e alcune procedure. Io nego ciò che la scienza ha elevato a dogma e ha passato agli organi di informazione. Io mi ribello alla creazione di questo Impero che ha fatto sì, subdolamente, che dalla retorica della verità si passasse, senza mezzi termini, a dei Regimi di verità, facendo in modo che le relazioni instabili diventassero – altrettanto subdolamente – dei sistemi generali di dominazione. Il complottista sceglie di continuo, rispetto a questo, di non sentirsi suddito di un’ideologia autoritaria dominante e di farsi portavoce di un consapevole dissenso. Il complottista, insomma, è il più feroce nemico del negazionismo autoritario.
Decidetevi dunque, oh Ministri, oh Rettori, oh professori, oh giornalisti al soldo, oh comparse prive di dignità, oh stupidi ignavi: decidetevi se darci dei “complottisti” o dei “negazionisti”: le due cose sono una il contrario dell’altra! Io nego la finta verità narrata senza pudore, ma rivendico la verità dei fatti e dei dati. Io sono uno scienziato consapevole. I negazionisti – oh Ministri, oh Rettori, oh professori, oh giornalisti al soldo, oh comparse prive di dignità – siete voi.
Lasciateci in pace. Non inventate aggettivi. Ogni vostra mossa linguistica sarà vagliata e messa alla berlina. Ci siamo stancati di essere giudicati in branco. Uscite dal vostro branco e confrontiamoci. Come individui e basta. Come individui pensanti. Il resto è solo la prova della vostra vigliaccheria. Ed è la prova del vostro negazionismo.
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Francesco Benozzo, poeta-musicista stabilmente candidato al Premio Nobel per la Letteratura dal 2015, autore di oltre 700 pubblicazioni scientifiche, professore di Filologia all’Università di Bologna, coordinatore del dottorato in Studi letterari e culturali (Università di Bologna), direttore responsabile di tre riviste scientifiche internazionali, membro del comitato scientifico del “Centro Studi di Medical Humanities” (CMH), Condirettore del progetto interuniversitario “IDA: Immagini e Deformazioni dell’Altro” (Università di Bologna, Istanbul, Cairo, Blida, Shahid Beheshti, Rabat), Condirettore del centro di ricerca FIMIM – Filologia e Medievistica Indo-Mediterranea, Coordinatore scientifico del workgroup internazionale sul Paleolithic Continuity Paradigm for the Origins of Indo-European Languages.