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Di miseria in miseria (in Italia e negli Usa)

di Gianfranco La Grassa - 06/11/2016

Di miseria in miseria (in Italia e negli Usa)

Fonte: Conflitti e strategie

 

La più miserabile è logicamente quella che riguarda il nostro povero paese, ormai ridotto a un crivello. L’ultima farsa (tragica) è quella inventata per la scuola, dove hanno messo in ruolo prof. che non fanno alcunché e prendono lo stipendio di chi, in qualche modo, insegna. Anche se molto male visti i racconti che mi si fanno circa le risposte degli studenti; e agli ultimi anni delle superiori. Le più recenti che ho sentito sono: 1) l’“infausto ventennio” è la “belle époque”; 2) nessuno in una classe sapeva rispondere alla domanda circa il colore delle giubbe portate dai garibaldini. A parte questo, vengo anche a sapere che essere “di ruolo” (per i nuovi prof. immessi) significa esserlo per tre anni, dopo si vedrà. Non so se ho capito bene, ma qualche insegnante dovrebbe dire qualcosa in proposito.
Non è però di questo che intendo parlare, bensì del miserrimo referendum. Sono veramente in difficoltà per andare a votare. Mi ci recherò ma appunto, come ho detto altre volte, solo perché non posso sputare direttamente in faccia ai membri del governo. E del resto perché prendersela con loro; gli altri, della maggioranza come dell’opposizione, sono tanto migliori? Quelli della minoranza piddina, che erano “fieramente” per il no, si sono di fatto divisi; e Cuperlo & C. si stanno ammorbidendo del tutto poiché, con grande probabilità, hanno avuto di che “rinsavire”. Resta D’Alema, cui ancora non hanno evidentemente dato gran cosa. Per lui al momento si organizzano salve di fischi onde consentire a Renzi di intervenire con longanimità per sedarli, sperando di rabbonirlo un po’; ovviamente, per ottenere realmente simile risultato bisognerà essere più “generosi d’animo”.
Quanto a quella che viene considerata la “vera” opposizione, mi sembra che resterà certo decisa a votare NO, commettendo però errori e mancanze in continuazione. Tanto per cominciare ci si mettono i cosiddetti “antagonisti”: quelli che Marx definiva “lumpenproletariat”, giovanotti (molti ex tali, già ingrigiti) disadattati, ultima degradazione dei movimenti del ’77 tipo “autonomia operaia” con quei capi (i cosiddetti “cattivi maestri”) ben noti e odiosi. Figuratevi quanto sono felice di mettere il mio voto assieme a questa accozzaglia di forsennati che, con le sue manifestazioni sconclusionate, rende un perfetto servizio agli avversari. Andrò in cabina, ma con uno sforzo titanico. 
Poi ci sarebbe il “centrodestra”. Berlusconi fa il solito gioco contorto e mascherato che conduce dal 2011. Senz’altro preferisce il NO, ma perché? Diciamo intanto che comincio a pensare prevalga il SI. E se avvenisse il contrario (di stretta misura), il maledetto “nano” (che perfino Dio si è rifiutato di chiamare a sé poco tempo fa, per timore che si mettesse a tramare anche “lassù” con qualcuno della sua risma) è già pronto a chiedere maggiore attenzione per se stesso (e i suoi interessi) in cambio di un bell’accordo con Renzi per la “salvezza nazionale”. Di fronte a questa prospettiva, non ho parole per il comportamento ondeggiante e indeciso di un Salvini, che così ha perfino favorito la scomposizione del suo partito, dove altri personaggi ambigui, del tipo di Maroni e Bossi, gli stanno facendo la guerra. Doveva denunciare apertamente il traditore di tutto e di tutti, doveva svelare il suo sporco gioco. Invece, l’ha fatto qualche volta, solo a mezza bocca, e poi si è smentito con incontri, varie foto del trio (c’è anche la Meloni) riunito e sorridente; ma, appunto, solo nella foto giacché per il resto si guatano con sospetto reciproco. Restano i grillini, pasticcioni politici ormai conclamati e però, forse, i più coerenti sul NO. Tuttavia, non sono per nulla approvabili nella loro politica, soprattutto estera. Non sono certamente a favore dell’indipendenza e autonomia del paese. Sarebbero pronti pure loro, se avessero il via libera per andare al governo (ma non l’avranno affatto), a stabilire gli accordi dovuti con i “padroni” statunitensi. 
Il quadro è desolante. Chiunque si metta in testa di fare propaganda per il NO, tirando fuori contorti ragionamenti sui problemi costituzionali, non fa altro che favorire il SI, che sviluppa la sua propaganda per la semplificazione del quadro istituzionale, per risparmiare “schei” nel mantenerlo, per favorire la sedicente governabilità (quella che sta in realtà distruggendo l’Italia), ecc. Andiamo comunque a votare NO perché forse può ritardare di un po’ i piani di “fine dell’Italia” e di suo totale appiattimento sulla volontà degli Stati Uniti. Se vince il SI, probabilmente Renzi avrà egualmente bisogno di qualche aiuto dai “traditori” berlusconiani; tuttavia, essendo approvato da una sufficiente quantità di italioti, procederà più spedito nella sua nefasta opera. Inoltre, si sentirà anche più tranquillo con il nuovo presidente Usa, potrà insomma sperare nella stessa “benevolenza” recentemente dimostratagli da Obama. Se vincesse il NO (pur se di misura), dovrà fare maggiori, e fastidiose, concessioni al “nano”; e qualcuno potrebbe anche pensare ad un ricambio di premier (non subito magari). Si perderà un po’ più tempo.
Il guaio grosso è che in questo paese non si vede nessuno che voglia porre in atto – certo in tempi non brevi – una nuova politica mirata all’autentica autonomia. Per attuare simile intento sarebbe indispensabile sondare attentamente una serie di settori appartenenti agli organi di sicurezza del paese. Irresponsabile è sollecitare odio verso i militari di qualsiasi ordine e grado (dico militari in senso molto lato, compresa la polizia o anche i Servizi e via dicendo). Bisogna appurare se in quell’ambito ci sono minoranze suscettibili di non essere sempre fedeli alla Nato (cioè agli Usa) bensì al proprio paese. Andare invece agli scontri ottusi e brutali con simili forze, come fanno i vari scervellati detti “antagonisti” o “no questo e quello”, ribadisce l’appoggio della popolazione alla maggioranza di coloro che stanno al vertice di tali organi del potere e che sono intenzionati a restare succubi della Nato. Per il momento siamo lontani da qualsiasi possibilità di mettere in moto processi virtuosi. Comunque, votiamo per il ritardo di quelli obbrobriosi, cioè per il NO. Cerchiamo, tuttavia, di capire che significa semplicemente un po’ di ritardo. Se poi si dorme e ci si sfoga semplicemente in questo luogo, tanti saluti a tutti!

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Veniamo alla miseria ben più grossa, quella dell’ormai imminente elezione presidenziale statunitense di martedì. Anche qui noto che ci sono speranze assurde nel caso che vincesse Trump. Faccio comunque una digressione riguardante non i candidati, bensì gli elettori che – come si racconta favoleggiando – eleggeranno assai democraticamente il rappresentante del loro paese. Amici che hanno passato molto tempo negli Usa mi assicurano che la popolazione di laggiù non nutre chissà quali illusioni su questa rappresentanza. Non sto discutendo del presente – sembra, dai sondaggi, che l’80% degli americani sia disgustato di come si è svolta questa campagna elettorale – ma delle elezioni presidenziali americane in generale. Mi si riferisce che chi assiste agli show dei candidati, è veramente e solamente interessato allo spettacolo da essi recitato; quindi, ne devo dedurre che gli elettori sono proprio attenti alle loro capacità di attori, alla simpatia o meno che sanno ispirare, ecc. Poi i giornali e le TV – oggi nella stragrande maggioranza per la Clinton – discutono dei rischi o delle sicurezze che la nazione correrebbe con questo o quel presidente. La gente, anche se credo subisca un’influenza da parte dei media, è comunque più attratta proprio dal lato teatrale della contesa.
Se quanto dettomi corrisponde alla realtà, ne concludo che i cittadini americani sono un po’ più “furbi” dei nostrani, convinti dalle argomentazioni di qualcuno e dubbiosi e negativi su quanto sostengono altri. Negli Stati Uniti prenderebbero invece atto che le campagne elettorali sono un grande spettacolo, molto somigliante, fra l’altro, a quello del Circo, data la presenza d’intere squadre di clown. In definitiva, laggiù si renderebbero conto che le “libere” elezioni non c’entrano molto con la cosiddetta democrazia; mentre qui da noi schiere di ignobili intellettuali, giornalisti, conduttori TV e altri ancora ci stonano la testa da settant’anni circa le meraviglie di questa farsa copiata da oltreatlantico. Nei nostri paesi, insomma, abbiamo solo servi della più bell’acqua, ben pagati per diffondere menzogne. E creduti da poveri decerebrati.
A parte tutto questo, e venendo all’attuale campagna presidenziale americana, spero di sbagliarmi ma credo vincerà l’Oscar di prim’attrice la donna. L’attore ne uscirà comunque con un premio come caratterista (pensiamo a Ernest Borgnine, cui Trump potrebbe un po’ assomigliare per qualche tratto; e gli metterei vicino anche Eli Wallach, magari quello di “Baby doll”, il gustoso film del ’56 di Elia Kazan). Sia chiaro: in ogni caso, si tratta di premi assegnati ad attori scadenti (quindi Borgnine e Wallach potrebbero “scendere dal cielo” a insultarmi), tuttavia sono quelli disponibili sul “mercato”, che ben sappiamo essere l’alter ego della “democrazia” di questo tipo; entrambi dominati dalla politica, pur essa di basso livello in questa fase storica, per cui è logico che lo scontro tra i due candidati sia infine scaduto a zuffa tra gallo e gallina chiusi in un recinto troppo piccolo.
Vorrei essere chiaro: non penso minimamente che Trump sia stato un candidato scelto apposta per non umiliare Hillary e farla possibilmente vincere; ipotesi per altro affacciatasi qualche tempo fa. No, non lo credo. Tuttavia, ho la sensazione che lo scontro apparentemente così aspro tra i due dipenda dalla scelta di determinati centri strategici (non così tanto in contrasto fra loro come sembra) intenzionati, in realtà, a non mutare se non per aspetti secondari la strategia americana (quella del caos) seguita negli ultimi dieci anni; in fondo, essa prese fugace avvio dopo le dimissioni di Rumsfeld nel novembre 2006, ma si fece più robusta con l’elezione di Obama, subendo una netta accentuazione dal 2011 (le sedicenti “primavere arabe”) fino alle più scoperte manovre in Ucraina e Siria, all’utilizzo (forse oggi in attenuazione; vedremo) dell’Isis e via dicendo. 
Se, come penso, vincesse la Clinton (tra il 2 e il 4%), alla fine Trump accetterà “signorilmente” la sconfitta (magari con qualche non incisivo mugugno per probabilmente non irreali brogli) e la “signora” verrà tenuta sotto sorveglianza, avendole già fatto constatare cosa si può organizzare con “scandali” vari, minaccia di impeachment, ecc. Con tutto il complesso gioco in atto, bisognerà vedere come ne usciranno i repubblicani, che hanno ora la maggioranza al Congresso (la cui Camera dei rappresentanti si rinnova per intero e il Senato per un terzo). Non credo però che ne verrà un cambiamento tale da obbligare a un’autentica riformulazione della strategia in atto; dei ritocchi forse, correzioni di rotta anche di qualche rilievo, che non dovrebbe però essere completamente deviata. 
Se la mia ipotesi si rivelerà errata, allora vedremo come riconsiderare il tutto; con un po’ di tempo. Tuttavia, non penso che si dovrà riconsiderare l’intenzione degli Stati Uniti di restare predominanti a livello mondiale. Chi è veramente convinto che Trump, se vincesse, chiuderebbe il paese in se stesso, sbaglia di grosso; di questo sono certo. E adesso attendiamo dopodomani.