Dove andiamo?
di Pierluigi Fagan - 03/09/2024
Fonte: Pierluigi Fagan
“L’indomani delle elezioni europee dello scorso 6-9 giugno, mi sono ritrovato da solo a sentire il segnale di un possibile cataclisma. Molti amici pensavano non fosse successo nulla di rilevante, l’ordine morbido della consuetudine liberale avrebbe presto digerito quel piccolo sussulto, tutto sarebbe andato come sempre va. Tuttavia, a me sembrava che a molti mancasse forse una conoscenza un po’ più completa della fase storica e del soggetto prevalente ovvero Europa.” Questo è l’inizio di un post dello scorso 2 luglio.
A seguire, abbiamo avuto le elezioni francesi a doppio turno, un meccanismo che tecnicamente permette di “tagliare le ali” per far, alla fine, convergere il voto elettivo sostanzialmente al centro. Ma a noi interesse la “sociologia politica del voto” non il suo esito pratico, manipolabile con il sistema elettorale.
Alle europee, in Germania, abbiamo registrato il crollo verticale del SPD, lo sprofondo dei Verdi e dei Liberali, la crescita confermata di AfD e il battesimo incoraggiante di BSW della Wagenknecht. In Francia abbiamo registrato il crollo del partito di Macon e l’impetuosa crescita del FN, La secondo turno, la coalizione di sinistra ha sbancato. Tra quattro giorni saranno due mesi che si sono tenute le elezioni in Francia e sul governo siamo ancora in alto mare, ma è molto probabile che si dovrà andare a rivotare. Nel frattempo, sappiamo come è andata nei due land tedeschi quanto a AfD e BSW, ma va segnalata anche la quasi estinzione dei Verdi e la totale estinzione dei liberali. Si aspetta il voto del 22 nel land del Brandeburgo per capire se Scholz andrà a casa chissà poi con quale soluzione alternativa, probabilmente si dovrà andare a rivotare anche lì, con esiti imprevedibili.
Questo limitandoci ai due bastioni che sorreggono l’istituzione europea. Su questa fragilità potrebbe poi abbattersi il ciclone Trump che già ha annunciato l’ordine di portare al 3% le spese di contribuzione NATO sempre che non se inventi altre per il già pianificato (da Biden, ma era una precedente intenzione dello stesso Trump) ammodernamento dell’arsenale nucleare. E questo al netto delle imprevedibili soluzioni o tentativi di soluzione della questione russo-ucraina. Stante che di base, non è un mistero che Trump veda più che di buon occhio la frantumazione europea con conseguente sparizione dell’euro che darebbe nuovo spazio egemonico al dollaro assediato dai BRICS&Co e la possibilità di giocare onte-to-one al divide et impera. Dopo la cooptazione geopolitica dell’intera Europa in un sol boccone operata da Biden&Co, Trump potrebbe ingolosirsi a succhiarci il poco sangue economico e finanziario che c’è rimasto.
Chiudevamo il post dei primi di luglio sbilanciandoci in una possibile previsione (possibile, di certo non c’è nulla, ovvio): “Siete sicuri che da qui all’anno prossimo avremo ancora l’euro e l’UE come la conosciamo?”
Certo, sappiamo quanto è forte la struttura che regge Bruxelles, Maastricht, l’euro, tuttavia ci sono almeno quattro questioni da considerare:
1. L’asse generale dell’ordine mondiale si è invertito dal dominio economico e finanziario a quello geopolitico. Questo ormai è chiaro ai più avveduti. Giocheranno la partita geopolitica gli stati che sono in grado per peso, potenza e strategia. Bloomberg, ad esempio, conferma che la Turchia ha chiesto formalmente l’adesione ai BRICS che potrebbe esser ratificata già ad ottobre. Francia e Germania sono diventati i valletti di Biden ed hanno perso ogni intelligenza ed intenzione geopolitica. Sono appesi alla riconferma della Harris, ma non è detto che la strategia della Harris sull’Ucraina sarà la stessa di Biden e neocon, possono sbagliare ma mi sa che su di lei pesi la banda Obama più che quella che pesava su Biden.
2. Le élite neolib-euriste hanno ampiamente dimostrato livelli tragici di incapacità. Non si tratta di fare cose che magari a noi piacerebbero di più, non siamo così ingenui. È che anche perseguendo i loro fini, avrebbero dovuto mostrare una capacità di annusare lo Zeitgeist in tempo per porre qualche correzione di rotta, di toni, di presenza ed intenzione. Sia Macron con FN, sia Scholz e i due partitini collegati (in particolare i Verdi che dopo la batosta alle elezioni non hanno fatto una piega ed hanno votato la von del Leyen come se non fosse successo niente) con AfD e BSW, sembrano non aver armi o strumenti per limitarne l’espansione. E più gli negheranno la cooptazione nel governo, più come opposizione dura e pura si rafforzeranno. Il problema che fanno finta di non vedere non è nelle fake news o nei populismi è nella gente, molta gente non ne può più.
3. Sospesa la questione Trump-Harris a cui abbiamo accennato, loro e relativi diktat sul con chi si può o non si può commerciare (Cina), cosa che colpirebbe l’economia continentale ma in particolar modo quella tedesca dove per la prima volta nella sua storia Volkswagen ha annunciato che chiuderà una fabbrica (e non sarà l’ultima). Meloni pare che andrà in USA a farsi dare un premio “alla cittadinanza globale” dall’Atlantic Council direttamente dalle mani di Elon Musk che però pare sia allertato anche per ricucire, nel caso, le relazioni tra Meloni e Trump. Col risultato che in Europa i pesi cambierebbero ancora.
4. Per la prima volta, da anni, c’è una opposizione forte sia in Francia (maggioritaria addirittura quanto a sociologia politica) che in Germania e qui, per la prima volta secondo dichiarazione dell’algida Alice Weidel, la leader di Afd, si parla di DEXIT ovvero di uscita della Germania dall’UE-euro. A meno che: «La Dexit, l’uscita della Germania dall’Ue, per noi è un’ultima ratio. Non vogliamo distruggere cose, le vogliamo riformare. Ma può avvenire soltanto se i nostri partner europei capiscono che devono rispettare i nostri interessi più vitali. La Germania, per sopravvivere, non ha bisogno della Ue. La Ue, al contrario, ha bisogno della Germania. La Ue dovrebbe comportarsi di conseguenza. Solo a queste condizioni un’uscita della Germania dall’Ue non si renderà necessaria».
Questa ultima considerazione si ricollega alla prima. La logica delle interrelazioni planetarie torna ad essere politica, politica viene da polis ovvero stato, interesse dello stato o della nazione, ogni nazione nel mondo multipolare cercherà in maniera più o meno tortuosa di multi-allinearsi e farsi gli affari propri ora con questo ora con quello, una dinamica che mal si sposa con gli raggruppamenti tipo UE o NATO, specie se diretti come sono diretti.
Molte cose stanno cambiando, molte cose cambieranno, così sono le transizioni.
[Certo tra la Meloni all'Atlantic Council con Musk, FN e AfD, Macron e Scholz, Trump e la Harris, mai come di questi tempi mi piacerebbe esser cittadino di Titano]