E l’inventore dei computer scoprì la coscienza
di Marcello Veneziani - 31/03/2025
Fonte: Marcello Veneziani
Che dire di uno scienziato che dopo aver passato una vita a studiare la fisica e a inventare formidabili macchine e congegni che tutti usiamo, arriva a fare la scoperta delle scoperte: non siamo solo materia ma spirito e coscienza, il mondo è irriducibile a una macchina o un computer, a un algoritmo o all’intelligenza artificiale? Che vorrebbero dichiararlo insano di mente, se non fosse che quella stessa mente, ora rivolta all’amore come energia universale e alla coscienza come motore di ogni processo, è la stessa che ha inventato il micro-processore e il touchscreen, solo per dire un paio di cose preziose di cui dobbiamo essergli grati. E allora puoi dare tre diverse spiegazioni: la prima, che era lucido e poi è impazzito e da scienziato è diventato un po’ santone; la seconda, che solo un pazzo può fare invenzioni geniali che cambiano il corso del mondo, e se vuoi le une, devi rispettare le altre; la terza, che non sia pazzo ma la sua intelligenza lo ha condotto dopo le sue invenzioni a trovare il punto di fusione tra la ricerca scientifica e la ricerca spirituale.
Sto parlando di Federico Faggin, vicentino, vivente, fisico e metafisico, ormai. E ve ne parlo non da oggi, ma da qualche anno e da qualche libro. È uscito un documentario della Rai, ora visibile su RaiPlay, a cura di Marcello Foa e di altri suoi collaboratori, L’uomo che vide il futuro, che ne ricostruisce puntualmente la storia, la vita e raccoglie le parole del suo straordinario cammino. Vi sto parlando di uno scienziato che ha rivoluzionato Silicon Valley: senza di lui – ha detto Bill Gates – sarebbe solo una Valley: è lui che ha compiuto la rivoluzione del silicio. Una rivoluzione che lo pone sulla scia di Marconi e di Fermi, tra i grandi inventori italiani che hanno fatto nascere il mondo nuovo.
Ma raccontiamo in breve la sua storia. Figlio di uno studioso di filosofia antica e platonica, Giuseppe Faggin, curatore delle opere di Plotino, Federico decide di “tradire” gli studi di suo padre, e diventa perito industriale. Vuole occuparsi di aeronautica, è la sua passione, ma un incidente produrrà il distacco della retina e gli impedirà di realizzare il suo sogno di volare: una disgrazia che col tempo si rivelerà una grazia, una “provvida sventura”. Perché i suoi studi prendono una via fruttuosa. A diciannove anni, alla fine degli anni cinquanta, fabbrica il primo, rudimentale computer; un enorme bestione ingombrante. Viene assunto dalla Olivetti, dove mette a fuoco le sue prime scoperte. Si laurea in Fisica a Padova; poi, come è accaduto a tanti, a troppi, il suo talento è costretto a emigrare negli States: l’Italia sforna ingegni ma non offre poi loro il contesto favorevole per mettere a frutto le loro opere, devi andartene oltreoceano. Comunque sarà lì che la scoperta si farà realtà. Meucci, Marconi, Fermi… È dai tempi di Cristoforo Colombo che le imprese dei nostri scopritori poi le mettono in pratica in America…
Faggin mette a punto un piccolo calcolatore elettronico, poi lavora sui transistor, li rende più efficienti e più veloci, quindi li applica a nuovi dispositivi, sposa il computer al telefono (ma nel frattempo sposa anche sua moglie, che le è ancora a fianco). L’anno chiave è il ’68: mentre da noi in Europa nasce la rivoluzione delle parole, dei cortei, delle occupazioni, delle barricate e poi della violenza, il ’68 di Faggin compie la rivoluzione del silicio che cambierà sul serio la nostra vita. Inventa il microprocessore, rende parlante il pc, antesignano dell’i-phone. Quindi, inventa il touchscreen, prima per gioco, poi preziosa scoperta di utilità universale. Faggin non è solo inventore ma anche imprenditore delle sue scoperte, con un suo gruppo di ingegneri. Successivamente decide di dedicarsi alle reti neuronali e quindi alle “macchine pensanti”, madri dell’intelligenza artificiale. Si inoltra in studi biologici e neurologici e si rende conto che i segnali elettrici non riescono da soli a produrre sensazioni, occorre qualcosa che non è riconducibile ai corpi, alla fisica, alla materia, che fa da supervisore alle reti neurali, dà un’impulso, una direzione, una consapevolezza: è la coscienza. Così Faggin tenta l’impresa ardita di programmare un Pc cosciente, davvero intelligente: ma si accorge che è impossibile. Anche in questo caso la sconfitta è la premessa alla sua nuova scoperta: dopo un periodo di insoddisfazione, avvenne l’illuminazione e la svolta. Una notte prenatalizia, sul lago Tahoe, Faggin avvertì “una fortissima energia irradiarsi dal suo petto” e da allora intraprese un cammino spirituale di conoscenza e di autoconoscenza, intrecciandolo alla ricerca scientifica. Voleva dimostrare che il mondo non è frutto del caos, del caso, degli atomi e di un “orologiaio cieco” ma di “enti coscienti che esistono da sempre” e sono tra loro connessi. Dopo anni di studi in cui mise a frutto anche le scoperte della fisica quantistica, scoprì il regno della coscienza e del libero arbitrio. Più di recente, nel suo saggio Irriducibile, Faggin mostrò “la natura spirituale dell’universo”; la materia è fatta di energia vibratoria, una cellula è ben più d’un miscuglio di atomi e molecole. La fisica, osserva, si ferma allo studio della materia, non va oltre e crede di avere in pugno l’universo. L’altro giorno in una conferenza a Praga un fisico teorico italiano contestava la chiave umanistica e spirituale del mio approccio e diceva che ormai la filosofia è superata dalla fisica che può darci una visione del mondo. Ma la fisica non ti dice nulla sul bello, sul bene, sul giusto, non è suo campo l’etica, l’estetica, i sentimenti, l’ontologia, ignora la scommessa della fede… Faggin formula il postulato dell’essere e lo poggia su due gambe; l’essere è dinamico, cioè cambia di continuo, ed è olistico, cioè è in relazione a tutto, è connesso col mondo e con gli altri. Così ritrova l’antico Conosci te stesso, premessa per conoscere anche gli altri. Ritiene che esistere voglia dire conoscere (“Fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”); e cooperare con gli altri è meglio sotto tutti i punti di vista che competere. Ma c’è una realtà oltre il visibile. Non siamo macchine, come pensano gli scientisti, ma scienza e spiritualità alla fine convergono e danno senso alla nostra vita. Chi nega la realtà spirituale, commette “un crimine contro l’umanità” che “porta all’eliminazione dei valori umani” e della libertà. Faggin critica il riduzionismo: ”dal più può derivare il meno, ma non viceversa”. È possibile il degrado, ma per progredire occorre un fattore superiore.
In questo cammino c’è una grande rivoluzione circolare: il destino della scienza torna alle origini del pensiero. La fisica nuova si congiunge alla filosofia, e ritrova l’umanità, la coscienza, l’identità e la libertà.
Ma oltre questo cammino prodigioso che riguarda l’umanità, Faggin compie anche un suo intimo, personale cammino: dopo aver voltato le spalle a suo padre e ai suoi studi filosofici, ritrova alla fine del suo percorso gli autori, i pensieri e le intuizioni dei filosofi cari a suo padre che combaciano con gli esiti della fisica quantica. Lo scienziato ritorna al padre, come la scienza ritorna al pensiero. ”Ricondurre il divino che è in noi al divino che è nell’universo”, ripete Faggin con suo padre, citando Plotino. Così la gratitudine per averci migliorato la vita con la tecnica, si fa radiosa per averci poi donato la fiducia nell’essere e nel futuro.