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È l’occasione storica di uscire dalla NATO

di Salvo Ardizzone - 14/04/2025

È l’occasione storica di uscire dalla NATO

Fonte: Italicum

Il saggio direbbe che viviamo tempi interessanti, tempi che rimarranno nei libri di Storia. Ciò a cui assistiamo è certo una transizione egemonica, il passaggio dall’Unipolarismo al Multipolarismo, più propriamente al Policentrismo, ma questo sta producendo una rivoluzione geopolitica globale di portata superiore a quella conseguente al collasso dell’URSS.
A guardare dall’esterno, assistiamo a un apparente impazzimento in cui gli USA stanno liquidando il loro passato impero e i suoi strumenti, mentre i sudditi europei, invece di gioire per l’affrancamento, restano attaccati a essi. Soprattutto alla NATO. In realtà, per somma ironia della Storia, dopo aver provocato infiniti rovesciamenti di governi e colpi di stato in giro per il mondo, è Washington ad aver subito un radicale cambio di regime che sta sconquassando le basi del potere USA.
Per comprendere questa bizzarria occorre guardare al percorso che ha portato all’oggi. Gli USA erano usciti vincitori dal secondo conflitto mondiale e avevano assunto il controllo dell’Europa Occidentale. Scipparono il concetto d’Occidente alle nazioni europee distrutte e lo svuotarono dei suoi contenuti culturali, storici e politici, riempiendolo dei propri, a sé confacenti, che nulla, ma proprio nulla, avevano a che fare con l’originale, e ne fecero il vessillo del proprio novello impero.
E per difendere quello, il loro impero appena edificato, non l’Europa, crearono la NATO. Precisazione necessaria perché ufficialmente si disse, e si ripete ancora come un mantra, che essa è nata per difendere il Continente europeo: balle!
A prescindere dal fatto che la NATO è sorta nel 1949, sei anni prima del proprio avversario dichiarato, il Patto di Varsavia, costituito nel 1955, l’essenza dell’Alleanza Atlantica è stata sintetizzata mirabilmente dal suo primo segretario generale, il britannico sir Lionel Ismay; egli disse che serviva a: “tenere gli americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto”, con ciò intendendo qualsiasi nazione europea che volesse emergere. Il territorio europeo era solo la linea di difesa avanzata degli Stati Uniti nei confronti del proprio avversario, l’Unione Sovietica.
A conferma di ciò, dai tanti, tantissimi documenti desecretati si evince che la guerra, semmai fosse scoppiata, era destinata a svolgersi in Europa perché gli USA non avrebbero mai rischiato di vedersi vetrificate Boston o New York per difendere una città europea. E questo perché nella NATO non v’è mai stata eguaglianza, ma un padrone – chiarissimo per tutti – e i servi.
Per quasi ottant’anni ci hanno ripetuto che l’art. 5 del Patto Atlantico ha garantito i paesi europei da qualsiasi aggressione, perché l’attacco a uno di essi avrebbe “automaticamente” implicato la discesa in campo degli altri, ma soprattutto degli americani. Ancora balle, pronunciate con ipocrisia pari alla malafede. Il passaggio essenziale dell’articolo recita testualmente che il membro dell’Alleanza: “intraprenderà le azioni che riterrà necessarie per assistere le parti attaccate”, il che significa: farà ciò che vorrà. Esattamente ciò che avviene oggi con l’Ucraina, coi disastrosi risultati che vediamo. E, a pensarci, non è un caso che ci siano voci a proporre di concedere a Kiev la copertura dell’articolo 5 senza ammetterla nella NATO, nella sostanza un gesto politico che nei fatti non cambierebbe nulla.
Dunque, la NATO è un’organizzazione difensiva? Certamente sì, ma degli interessi americani. Ed è per questo che, con la dissoluzione dell’URSS, essa non ha perso affatto la sua ragione d’essere. Abbiamo visto che, di pari passo all’espansione globale dell’Unipolarismo egemonico, essa è stata la proiezione armata degli interessi americani nel mondo. Nel 1999 ha bombardato la Serbia, nel 2001 ha invaso l’Afghanistan, nel 2003, benché non sia intervenuta ufficialmente, ha messo i suoi assetti a disposizione della sciagurata invasione dell’Iraq, varando la prima delle tante “coalizioni di volenterosi”. Nel 2011 ha attaccato la Libia, con conseguenze che piangiamo fino a oggi. E poi l’Ucraina, in cui è entrata negli anni ’90, radicandosi e producendo l’odierno disastro, per cui il problema non è più se l’Ucraina possa o meno entrare nella NATO, ma è la NATO a doverne uscire dopo decenni.
E sono solo alcuni degli infiniti interventi al seguito degli americani, a cui i membri hanno fornito mezzi, uomini, assistenza in un succedersi di guerre sanguinose. Badate: tutte guerre dei buoni contro i cattivi, tutte guerre per la cosiddetta libertà contro nemici equiparati al male, e per questo da distruggere con qualsiasi mezzo, con bombe giustificate a prescindere, legittime, buone. Perché quelle americane lo sono sempre. Come quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, sulla Corea, sul Vietnam, sull’Afghanistan, sull’Iraq, sulla Serbia, sulla Libia fino a quelle che cadono oggi su Gaza e sullo Yemen con la medesima, identica matrice. I buoni, che le sganciano, contro i cattivi, ovvero donne e bambini che vengono massacrati in nome di superiore civiltà.
In questa ottica, negli anni la NATO si è dilata dal suo focus originario sull’Unione Sovietica e, più recentemente, la Russia, fino ad abbracciare il mondo intero, fino all’Indo-Pacifico, nel nuovo autolesionistico confronto con la Cina. Divenendo NATO globale, Alleanza del Nord Atlantico che abbraccia l’intero globo, ossimoro funzionale agli interessi del padrone americano.
Ma ai nostri giorni l’America ha fatto i conti e s’è trovata in rosso, è costretta a dismettere l’ambizione d’impero, di omologare a sé il pianeta; non può più sostenere un America globale, non ne ha più le risorse, e torna allora all’America americana, anzi, a Fortezza America centrata su se stessa, che non vuol più essere parte di altro. Non vuol più essere Occidente in nome di un impero che oggi rifiuta, ma semplicemente America. È un ritorno alle sfere d’influenza, che non significa affatto rinuncia a imporre i propri interessi con la forza, anzi. In questa fase non si cura d’avere alleati, neanche di facciata, vuole solo strumenti per i suoi interessi.
Per questo non scioglie affatto la NATO, la fa “latente” - è il termine di moda oggi a Washington – da attivare a convenienza senza addossarsi oneri, da riversare tutti sugli altri membri. Ma pretendendo di sfruttare i cosiddetti partner imponendo l’acquisto di propri sistemi d’arma, di gas a prezzi tre, quattro volte superiori, di aprire le loro economie alla propria finanza predatoria, e poi dazi e condizionamenti politici d’ogni sorta. Insomma, puro bullismo a propria convenienza, nella presunzione, invero assai dubbia, d’essere la più forte.
Tornando al quadro odierno, come leggere allora la divaricazione fra le attuali leadership europee e gli USA? Forse perché esse intendono rivendicare finalmente la propria autonomia? O perseguire i propri interessi nazionali finora calpestati? No, per niente. Perché esse sono cresciute per tre generazioni a pane e Washington, dando la propria fedeltà assai prima agli USA che alle proprie nazioni. A prescindere da chi stia alla Casa Bianca, sono legate a quello che era l’impero americano, in quello si riconoscono perché l’unico coerente alla propria sfera di potere, di esso sono orfane e a quello schema rimangono attaccate come naufraghi in una tempesta che non capiscono. Per questo si saldano a spezzoni dello Stato profondo americano, che dal passato sistema traevano logiche e prassi del proprio potere, e questo genera un conflitto interno che dilania ciò che fino a ieri era l’Occidente americano.
In questo frangente, altre leadership del Vecchio Continente, come la Francia di Macron o il Regno Unito di Starmer, si rendono protagoniste d’un attivismo cinico e incosciente, nei fatti sterile, del tutto velleitario, certo, ma dalle conseguenze potenzialmente devastanti, perché giocano con un conflitto nucleare.
È in questa ottica che vanno lette notizie fino a ieri inaudite: il Pentagono che diserta volutamente la doppia riunione dei ministri della Difesa dell’Alleanza Atlantica, prendendo platealmente le distanze dai “volenterosi” che intendono continuare ad alimentare il conflitto ucraino; la Presidenza USA che ventila l’ipotesi di cedere agli europei la guida militare dell’Alleanza Atlantica, ruolo riservato da sempre agli americani; alti funzionari sussurrano alla stampa l’intenzione del Pentagono di ritirare almeno 10.000 effettivi da Polonia e Romania. Il tutto mentre Washington tenta di porre fine alla guerra in Ucraina mentre i vertici europei fanno di tutto per sabotare le trattative.
Citando Mao, si potrebbe dire: “grande è la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”. Sì, perché oggi c’è un’occasione unica per uscire dalla NATO, meglio, per scioglierla e affrancarsi da un asservimento che dura da ottant’anni; per tornare attori della Storia propria e non strumenti della Storia altrui, per ricostruire una sovranità perduta. E ciò perché, in barba al mainstream, è contraddizione star dentro la NATO e dirsi sovranisti. E, ancor di più, è contraddizione star dentro la NATO e dirsi patrioti. Star nella NATO significa calpestare gli interessi propri per fare quelli altrui. Star nella NATO significa esser sudditi. Ed è tempo che tutto ciò finisca.