Elezioni europee: l’incipit della dissoluzione della UE
di Luigi Tedeschi - 11/06/2024
Fonte: Italicum
L’Europa, o meglio, la UE non è il nostro destino ineluttabile. La vittoria della destra, non condurrà, per ora, alla destabilizzazione della classe dirigente oligarchico – tecnocratica della UE, ma è tuttavia un chiaro sintomo della avversione dei popoli nei confronti di una istituzione sovranazionale da cui sono stati emarginati, oppressi e impoveriti.
Nonostante la debacle dei socialisti e dei verdi, la attuale maggioranza nel parlamento europeo, guidata dai popolari, dispone dei voti necessari per una sua riconferma. I popolari potrebbero inoltre intavolare trattative per coinvolgere nella maggioranza i conservatori guidati dalla Meloni. Ma comunque, una probabile riproposizione di una maggioranza che persegua le sue politiche incentrate sulla rivoluzione digitale, la transizione green e l’austerity in economia, come nulla fosse successo, condurrebbe alla esasperazione del conflitto in atto tra i popoli e le elite, rendendo tali fratture insanabili.
Il rafforzamento delle forze sovraniste, renderà tuttavia meno probabile la rielezione della Von der Leyen (peraltro coinvolta nello scandalo delle oscure trattative intercorse tra la UE e le big pharma per le forniture dei vaccini, senza essere stata mai processata). Pur persistendo la attuale maggioranza, la Commissione dovrà poi confrontarsi con un nuovo Consiglio europeo. Dagli stravolgimenti politici interni dei paesi membri prodotti dalle elezioni europee, emergeranno nuovi governi dagli orientamenti assai diversi e non compatibili con la maggioranza del parlamento europeo e la Commissione UE. Queste elezioni hanno comunque espresso un drastico rifiuto popolare verso il riformismo tecnocratico – dirigista che finora ha governato la UE. I contrasti e le conflittualità che sorgeranno nelle istituzioni europee, potrebbero condurre alla ingovernabilità della stessa UE.
L’orientamento politico europeo consolidatosi per decenni risulta del tutto stravolto e soprattutto, queste elezioni sanciscono il definitivo declino dell’asse Parigi – Berlino, espressione delle potenze dominanti in Europa. Scholz e Macron, i leaders sconfitti, sono vittime di se stessi, quali artefici di una politica che ha condotto l’Europa alla totale subalternità alla Nato, con relativo declino economico e sociale dell’intero continente europeo. Le potenze europee di Francia e Germania risultano inoltre declassate nel contesto mondiale.
Queste elezioni rappresentano l’incipit di un processo di graduale, ma progressivo sfaldamento della UE. Immobilismo, burocrazia, assenza di una linea di politica estera definita, dogmatismo economico neoliberista, i mali che affliggono da sempre la UE, si accentueranno, in una fase di stagnazione politica estesa a tutta l’Europa, in cui si esaspereranno le tensioni sociali e le conflittualità fra gli stati. Si evidenzia dunque il fallimento della UE, un organismo tecnocratico – finanziario che ha determinato il declino della democrazia, la fine della sovranità degli stati, la scomparsa delle culture identitarie dei popoli europei.
La crisi irreversibile del modello europeo è ormai emersa in tutta la sua drammaticità. Un modello di ispirazione ideologica cosmopolita, globalista, elitaria, culturalmente subalterno alla influenza delle correnti liberal americane, che ha assimilato l’ideologia woke, il gender, la cancel culture. La UE non è uno stato, è un organismo sovranazionale privo di una sua soggettività autonoma nella geopolitica mondiale. L’Europa è oggi solo una piattaforma strategico – politica della Nato. La UE è stata definita un ecomostro giuridico, realizzato sulla base di un progetto di ingegneria sociale, il cui programma riformista costituisce la reale incarnazione del modello del Grande Reset, con la rivoluzione digitale e la transizione ambientale prefigurate da Klaus Schwab al Forum economico mondiale.
La stessa dimensione post – storica in cui versa l’attuale AmEuropa, ha subito un duro colpo. Gli attuali sconvolgimenti geopolitici scaturiti dalla Guerra Grande e dall’affermarsi degli Stati – Civiltà, hanno probabilmente influenzato le coscienze dei popoli europei. Ci piace almeno sperarlo.
Occorre comunque rilevare però, che in queste elezioni europee hanno prevalso le competizioni tra le forze politiche interne agli stati. Progetti ed idee su riforme strutturali dell’Europa non sono emersi. Esprimiamo il più vivo compiacimento per la debacle dei guerrafondai alla Macron, ma l’orientamento delle stesse forze sovraniste è in larga parte turbo atlantista e filo sionista. Ma l’essere sovranisti in patria e americanisti in Europa è una evidente ed insanabile contraddizione.
Le strutture economiche della UE, rivelatesi fallimentari, non sono state messe in discussione. La recente misura demagogica messa in atto dalla BCE, con la riduzione dei tassi dello 0,25%, in concomitanza delle elezioni, non cancella certo le aspettative negative dell’economia europea. L’aumento dei tassi non può sconfiggere un’inflazione causata da fattori esterni, quale il rincaro dei costi energetici, ma generare solo recessione. La crisi strutturale del modello europeo è del resto dimostrata dal fatto che il Pil europeo è attualmente inferiore del 35% a quello americano. Il primato tedesco ed il suo modello economico basato sull’export è in via di dissoluzione a causa della fine delle forniture energetiche russe a basso costo. Ma nella UE continua a sussistere il patto di stabilità con relative politiche di austerity economica. Gli stessi partiti sovranisti del nord Europa sono i più fanatici seguaci del rigore finanziario a discapito dell’Europa mediterranea.
Al declino del modello tedesco, basato sul monoteismo del mercato, non fa riscontro alcun progetto di riforma dell’economia europea.
La decomposizione del sistema della UE, riflette quella della globalizzazione neoliberista in atto nel contesto geopolitico mondiale. Il primato dell’Occidente nel mondo è in via di dissoluzione. Ma una nuova idea di Europa dei popoli è del tutto assente.