Embrioni chimera come prospettiva concreta e problema bio-giuridico
di Daniele Onori – Aldo Rocco Vitale - 10/06/2021
Fonte: Centro studi Livatino
La possibilità, per la prima volta concreta, di ibridi uomo-scimmia pongono insuperabili problemi non soltanto sul piano etico e filosofico, bensì pure giuridico.
1. La notizia della creazione di embrioni chimera attraverso l’incrocio fra materiale genetico umano e materiale genetico di scimmia ha destato non poca attenzione e preoccupazione non soltanto nel mondo degli specialisti della biologia e della bio-medicina. Per il suo rilievo, benché non inedito[1], anche il mondo del diritto non può rimanere silente[2].
Sul piano normativo vengono in considerazione sia la lett. d) dell’art. 13 della legge italiana n. 40/2004[3], sia gli art. 1, 2, 15 e 18 della Convenzione di Oviedo a protezione della dignità umana, cominciando da quella embrionale, nell’ambito della ricerca biologica e bio-medica. La formazione di embrioni chimerici che contengono patrimonio genetico di scimmie e di uomo solleva perplessità di ordine etico e soprattutto biogiuridico[4].
Sotto il profilo etico, come rilevato dal Comitato Nazionale per la Bioetica[5] già da più di un decennio tre motivazioni lo sconsigliano: l’inderogabilità della tutela dell’integrità della specie umana, la necessità di mantenere l’equilibrio tra le specie viventi al fine di preservare l’ecosistema, e infine l’opportunità di evitare la ripugnanza nei confronti di simili sperimentazioni. Dal punto di vista più specificamente giuridico occorre ancora riflettere sulla portata di simili applicazioni biotecnologiche, specialmente in riferimento alla eventualità che, in un prossimo non lontano futuro, simili embrioni chimera possano essere impiantati per la gestazione.
2. Dinnanzi alla irruzione di simili ritrovati il mondo del diritto deve interrogarsi per delineare lo statuto giuridico di eventuali simili soggetti che dovessero essere messi alla luce. Si pongono, tra i tanti possibili, alcuni interrogativi: vi è un diritto alla ‘produzione’ degli embrioni chimera? Esiste un diritto degli embrioni chimera? Dovendosi distinguere gli embrioni chimera animale-uomo dagli embrioni chimera uomo-animale, quale statuto giuridico (animale o umano?) sarebbe pertinente alle due categorie? La materiale possibilità di creare in laboratorio gli embrioni chimera conduce ipso facto ad un diritto di impianto degli stessi?
Una delle spinte che stanno dietro all’avanzare della tecnologia è la visione di un futuro migliore e, dal momento che la tecnica è un esercizio del potere umano, può essere sottoposta a un esame dal punto di vista etico. Questo potere può essere usato sia a fin di bene che di male: la tecnica odierna, infatti, aumenta il potere dei suoi effetti al punto che può divenire pericolosa e l’uomo deve assumersi la responsabilità di difendere il futuro della vita sulla terra.
3. Per Hans Jonas l’uomo non può giocare con la sua esistenza e le ricerche della tecnica che mettono a rischio tale esistenza vanno escluse sin dal principio. Le benedizioni della tecnica racchiudono in sé la minaccia di tramutarsi in una maledizione e la loro tendenza innata a crescere a dismisura rende reale tale minaccia. In questa direzione Jonas sostiene che il mondo stia diventando completamente tecnico e che di fronte a questo processo il compito dell’uomo è di mettere in essere una riflessione filosofica al fine di ricercare i principi volti a risolvere i problemi nuovi che la realtà ci mette quotidianamente innanzi.
Anche in questo frangente degli interrogativi appaiono sostanzialmente inevitabili. Il criterio dell’utilità può essere applicato nel caso dell’essere umano? Creare degli individui particolarmente intelligenti può essere utile all’umanità? È possibile giustificare l’arroganza di chi ha un’opinione così elevata di sé da far ricorso a questa procedura? La riflessione filosofica proposta da Jonas indica che l’uomo non sia più considerato come separato dalla natura così da doversi comprendere la linea continuità esistente tra l’uomo e la natura stessa.
L’etica deve fondarsi sulla globalità dell’essere non solo sull’uomo preso singolarmente. Jürgen Habermas in questo senso ha fornito una definizione di vita personale che implica la comprensione che abbiamo di noi stessi in quanto esseri di genere, chiedendosi se le generazioni del futuro accetteranno il fatto di non poter decidere e di non essere responsabili della loro vita che viene adesso manipolata. Il fatto che un embrione sia oggetto di studio e venga trattato come un semplice strumento in nome del progresso terapeutico non viene accettato dalla maggioranza delle persone in quanto un embrione è considerato già un essere umano e non un banale bene di consumo.
4. Rimane il fatto che il patrimonio genetico manipolato può rappresentare un impedimento in quanto la biotecnologia priva il soggetto della sua libertà etica e non lo rende artefice di quella che dovrebbe essere la sua vita. Viene meno la libertà di essere se stesso e il suo progetto di vita risulta compromesso in quanto il soggetto dipende da un programma stabilito da altre persone. Il filosofo e giurista messicano Rodolfo Vàzquez Cardozo, professore presso l’Instituto Tecnològico Autonomo del Messico, ha in questa direzione criticato razionalmente la clonazione, cioè la pratica con cui l’uomo si arroga il diritto di modificare l’esistenza degli altri sostituendosi a Dio.
La concezione che abbiamo di noi stessi come uomini e il concetto universale di uomo vengono messi in dubbio da questi progressi scientifici e ci si chiede se tutto questo ciò alterare la nostra autocomprensione anche come specie. L’essenza dell’uomo sta diventando sempre più oggetto della tecnica e questo può determinare un cambiamento nella concezione che abbiamo di noi stessi come una società di persone basata sull’uguaglianza e la libertà. Gli esperimenti dell’ingegneria genetica volti a modificare l’uomo e a progettare persone biologicamente differenti mettono in crisi i nostri valori più profondi e radicati.
L’idea anche fantasiosa che un giorno gli uomini saranno sostituiti dalle macchine e che esisteranno dei robot dotati di un cervello artificiale molto più potente rispetto a quello umano può variare le nostre convinzioni e ci fa comprendere che una volta oggettivata l’essenza dell’essere umano la percezione di noi stessi, come persone consapevoli dei propri doveri e delle proprie responsabilità, verrebbe modificata.
Tornano attualissime le riflessioni di Carl Schmitt secondo cui “rispetto alla natura ci sentiamo oggi molto superiori. Non la temiamo più e anche se ci aggredisce con malattie e catastrofi, nutriamo la speranza di sconfiggerla in breve tempo. L’uomo, un essere vivente reso debole dalla natura, si è prepotentemente distaccato dal proprio ambiente con l’aiuto della tecnica. Si è fatto signore della natura e di tutti gli esseri che vivono sulla terra. Le barriere tangibili che nel passato la natura gli aveva opposto, come il freddo e il caldo, la fame e la carestia, gli animali selvatici e i pericoli d’ogni sorta, queste barriere naturali hanno perso molta della loro forza”.[6]
[1] https://www.scientificamerican.com/article/3-human-chimeras-that-already-exist/
[2] Cfr. Adriano Bompiani, Chimere embrionali. Aspetti antropologici, biologici ed etici, Edizioni Studium, Roma, 2012; Nicole Le Douarin, Chimere, cloni e geni, Bollati Boringhieri, Torino, 2002.
[3] «Sono, comunque, vietati: la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere».
[4] Ex plurimis cfr.: Dietmar Hübner, Human-animal chimeras and hybrids: an ethical paradox behind moral confusion?, in Journal of Medicine and Philosophy, 43/2018; Julian Koplin – Julian Savulescu, Time to rethink the law on part-human chimeras, in Journal of Law and the Biosciences, 15 maggio 2019; Julian Koplin – John Massie, Lessons from Frankenstein 200 years on: brain organoids, chimaeras and other ‘monsters’, in British Medical Journal, 11 gennaio 2020.
[5] CNB, Chimere ed ibridi. Con una riflessione particolare sugli ibridi citoplasmatici, 26 giugno 2009.
[6] Carl Schmitt, Dialogo sul potere, Il Melangolo, Genova, 1990, pag. 8.