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Eraclito, VI secolo a.C., aveva capito tutto. La Scienza nulla.

di Massimo Fini - 29/12/2024

Eraclito, VI secolo a.C., aveva capito tutto. La Scienza nulla.

Fonte: Massimo Fini

La nostra è l’era dello scientismo cioè della Scienza tecnologicamente applicata. La Scienza attraverso la teoria della relatività di Einstein e dei suoi successori è riuscita a darci una rappresentazione abbastanza credibile dell’universo in cui siamo costretti a vivere. Ha risolto, o creduto di risolvere, l’eterno problema del rapporto spazio-tempo sostenendo che Spazio e Tempo sono in realtà lo stesso fenomeno che ritorna eternamente su se stesso. “Ogni verità è curva” scrive Nietzsche nella sua teoria dell’”eterno ritorno dell’identico”. Teoria inquietante perché se tutto ciò che è stato sarà e tutto ciò che sarà è stato che ci facciamo noi qui sulla Terra? Teoria che angosciava lo stesso Nietzsche che, precedendo di un mezzo secolo Einstein e i suoi, avrebbe potuto risolvere con un mezzo secolo di anticipo la diatriba. Teoria che però annulla lo stesso pensiero nicciano. Perché la domanda, che ci stiamo a fare noi in questa eterna curvatura dell’universo, riguarda anche lui. Tanto che nella sua opera Nietzsche a volte affronta questo problema, o piuttosto dramma, ma altrettante se ne ritrae angosciato. Una ricaduta o un riflesso o una premonizione della teoria di Einstein della relatività si ha nell’antropologia col culto, soprattutto nelle società più antiche, degli antenati. Gli antenati, in queste culture, più vicine all’origine del tutto, sono ciò che noi siamo stati e che necessariamente ritorneremo a essere. Di qui, antropologicamente, il rispetto per i vecchi perché nella loro esperienza è racchiusa l’esperienza primigenia. Oggi, nella nostra società che ha perso ogni tipo di bussola, il vecchio è un relitto perché la sua esperienza è continuamente superata da quella delle generazioni che avanzano (“E adesso vai a curare le gardenie, povero, vecchio e inutile stronzo”).
Della teoria della relatività io che sono, come quasi tutti, un ignorante in materia (“Del suo discorso astratto ci ho capito poco o niente” Sancio Panza nella canzone di Guccini, Sancio che aggiunge “Credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane il solo metro che possiedo, com'è vero... che ora ho fame!”) credo di aver compreso una sola cosa: che anche la relatività è relativa. Tanto che lo stesso Einstein dovette fare continui aggiornamenti della sua teoria parlando di una “relatività speciale”. Del resto tutto cambia a seconda del punto di osservazione di chi la osserva. E’, dal punto di vista artistico, l’intuizione di Duchamp che mettendo una bicicletta su un piedistallo afferma: “Questa è un’opera d’arte per la sola intenzione dell’artista” che darà inizio alla cosiddetta “arte concettuale” e si spalancheranno le porte agli imitatori deficienti che a una Biennale di Venezia, ma è solo un esempio, metteranno sul palcoscenico, pretendendo che sia arte, dei mongoloidi.
Dunque la Scienza è riuscita a decodificare, almeno parzialmente, lo spazio-tempo in cui viviamo. Ma non ha saputo rispondere alle eterne domande di Catalano: “chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando?”. Qualora anche la Scienza, attraverso il suo trafficare col Dna, ci dicesse da dove nasce la vita dell’uomo resterebbe da spiegare da dove ha origine questo incomprensibile Universo. In realtà, in un certo senso, la Scienza, e proprio in Einstein, ce lo dice: viviamo in un eterno presente che non ha origine né fine incurvandosi perennemente su se stesso. Ma che cosa ci sia stato prima e che cosa ci sarà dopo questo eterno presente la Scienza, coerentemente, non ce lo dice. Se siamo in un ”eterno presente” non c’è né un prima né un dopo. Quindi per la Scienza le domande di Catalano, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo sono infantili e inutili. La Scienza ti dà una descrizione dell’arredo dell’Universo, ma non il suo perché.
Peraltro la Scienza moderna, nonostante la psicoanalisi, non è riuscita a governare, e forse nemmeno a capire, alcune espressioni tipiche dell’essere umano, l’istinto e l’intuizione tanto che Freud, alla fine della sua vita, fu costretto a confessare che non aveva mai guarito nessuno (si curasse lui per primo). E da quella vecchia isterica e vendicativa che era non riuscì mai non dico ad ammettere che il concetto di “inconscio” lo aveva derivato da Nietzsche e nemmeno da Dostoevskij (“Dostoevskij? Ecco uno psicologo con cui potrei intendermi” scrive Nietzsche, isolato a Sils Maria mentre l’altro a qualche migliaia di chilometri di distanza scriveva racconti detti d’appendice). Perché fra le aporie dei tempi moderni c’è che si pubblicano centinaia, migliaia di testi scientifici, nelle cui contraddizioni si annega qualsiasi possibile verità, ma poi come mi ha detto Roberto Vacca (“Il medioevo prossimo venturo”, 1990) gli scienziati, i filosofi, i pensatori si scambiano le notizie più interessanti nei convegni in cui si incontrano di persona.
Come abbiamo detto gli scienziati ci spiegano l’arredo dell’Universo, ma non sanno dare ragione ad alcuni fenomeni apparentemente inesplicabili. Come mai una contadina toscana si mette improvvisamente a parlar russo senza mai aver conosciuto questa lingua? Come mai, come è stato dimostrato, tre persone si mettono a fare, nello stesso luogo, certi discorsi che facevano cento anni prima? Io credo che ciò sia perché noi crediamo di vivere in un mondo a tre dimensioni, ma le dimensioni potrebbero essere molte di più come ha intuito il pastore inglese Edwin Abbott in Flatlandia.
Io credo che ci siano intorno a noi forze che non riusciamo a intercettare. Non crediamo nemmeno che esistano. In questo senso il disprezzatissimo esoterismo qualche sforzo lo ha fatto (Guénon “Il Re del Mondo”) Mircea Eliade, il più grande storico delle religioni, romeno, di quella Romania, di quel popolo romeno di cui oggi si suol dire sia un popolo di serie B incapace di determinarsi da solo annullandone, come è avvenuto di recente, le elezioni (E Cioran? E Ionescu? E il più grande centro di studi neroniani che sta a Bucarest?).
Questa inesausta ricerca della Verità oltreché faticosa è del tutto inutile. Dice Eraclito: “Tu non troverai i confini dell’anima, per quanto vada innanzi, tanto profonda è la sua ragione”. E quanto più si va innanzi questa verità ci appare sempre più lontana. Eraclito, VI secolo a.C., aveva capito tutto. La Scienza nulla.