Esistono solo due generi: dov'è lo scandalo?
di Mario Adinolfi - 17/04/2025
Fonte: Mario Adinolfi
Su tutte le prime pagine dei quotidiani di oggi si grida allarmati per la “svolta” anti-Lgbt dell’Ungheria. Particolarmente accorato l’articolo di Tonia Mastrobuoni su Repubblica che ci informa: “Il Parlamento ungherese approva un emendamento alla Costituzione che restringe le libertà civili e i diritti umani. La norma riconosce soltanto due generi: l’uomo e la donna”. Cara Tonia, ne esistono forse altri? Per inciso la norma ungherese è identica a quella italiana e di altri 190 ordinamenti nazionali nel mondo. Solo in 16 viene riconosciuto il “terzo genere” neutro o non binario. Che però non esiste in natura, è un artificio giuridico che inseguiva una moda, un tempo ormai concluso, quello inginocchiato ai dogmi Lgbt.
In Italia, come nel resto del mondo, esistono senza dubbio delle persone transessuali, maschi che diventano femmine e viceversa. Una volta ottenuta una sentenza che riconosce la modifica di genere avranno documenti armonizzati con il sesso d’elezione, ma alla fine dei giochi sempre una M o una F sul passaporto ci si ritrova. Perché i generi sono solo due.
Al tempo dei diktat lgbt questa affermazione veniva contestata, Mark Zuckerberg qui su Facebook ci costringeva a scegliere tra 78 generi e ogni azienda pareva obbligata a seguire le direttive del dipartimento “diversità e inclusione” così i moduli di registrazione ad un qualsiasi servizio aprivano un menu di opzioni ulteriori rispetto a maschio o femmina. Questa sbornia collettiva imposta dall’ideologia gender sta finalmente svanendo ovunque. Non si nega e nessuno nessun diritto, ma si nega l’avvelenamento dei pozzi della verità: siamo tutti o maschi o femmine.
L’ideologia gender pretendeva di normare come elemento identitario qualcosa che non può che essere mutevole, cioè il proprio tipo di attività sessuale. Pensate alla ridicolaggine degli acronimi che vanno aggiunti al più noto Lgbt (lesbica, gay, bisessuale, transessuale) che già di per sé sono una folle e un po’ fascista attività etichettatrice dei propri gusti sessuali. Ora pare che per essere politicamente corretti si debba scrivere Lgbtiqa+ con la i che sta per “intersessuale”, q come “queer”, a come “asessuale” e il segno + sta a significare che esistono infiniti altri orientamenti sessuali. Che sono, per l’appunto, orientamenti sessuali mutevoli (da vecchi diventiamo tutti asessuali, alcuni pure prima) di cui lo Stato non deve impicciarsi trasformandoli in dati identitari da comunicare nei moduli per il passaporto. Allo Stato deve bastare e avanzare sapere se siamo maschi o femmine, perché i generi sono due e non di più, corrispondono al momento in cui nasciamo in cui si grida “è maschio” o “è femmina” e null’altro perché la natura questo determina.
Scandalizzarsi perché in Ungheria è stata scritta una norma che è identica all’ordinamento italiano, che come altri 190 ordinamenti giuridici nazionali riconoscono solo due generi, è folle. I giornali provano a manipolarvi e a dire, come fa Tonia Mastrobuoni su Repubblica, che in questo modo si limitano le libertà civili. Non fatevi fregare, in questo modo si limita solo uno Stato impiccione che non deve pretendere informazioni sulle nostre predilezioni sessuali o asessuali, gli basti certificare se siamo maschi o femmine.
Lo scandalo nasce ovviamente perché il leader ungherese Orbán è nella “lista dei cattivi” con Trump e Putin perché non permette la propaganda lgbt per tutelare i minori. Nel simbolo del Popolo della Famiglia dieci anni fa scrivemmo “no gender nelle scuole” e ci fu chi disse che per via di quella scritta doveva esserci impedito di presentarci alle elezioni. Invece avevamo semplicemente visto lungo. La propaganda lgbt mira dritto sui minori (vedasi il mio scontro con Luxuria in tv una settimana fa a Raidue sul tema delle iniezioni di triptorelina ai dodicenni) perché vuole costruire generazioni indottrinate secondo i dogmi arcobaleno. Chi vince le elezioni su una piattaforma di opposizione a quel ciarpame ideologico, ha poi tutto il diritto di operare secondo ciò che ha proposto. Noi del PdF le elezioni non le abbiamo (ancora) vinte, ma Trump e Orbán e pure Putin sì: hanno il diritto di applicare i programmi per cui sono stati democraticamente eletti. Dov’è lo scandalo? Il Gay Pride a Budapest non sfilerà, non mi sembra una gran perdita. Chi oggi si straccia le vesti sono coloro che con il ddl Zan volevano mandarmi in galera con sei anni di carcere per le idee che qui ho espresso, affermando che possono essere lette come “istigazione all’odio omofobico e transfobico”. E invece sono tutt’altro: semplice ristabilimento della verità, dopo anni di sbornia ideologica gender da cui forse finalmente ci stiamo riprendendo.