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Europa: non ci resta che il caos?

di Luigi Tedeschi - 14/07/2024

Europa: non ci resta che il caos?

Fonte: Italicum

Elezioni francesi: ha vinto l’ingovernabilità
La vittoria del Nuovo fronte popolare è stata resa possibile dal patto di desistenza tra tutte le forze politiche
contrarie alla Le Pen. Macron ha creato uno schieramento unitario costituzionale in difesa della Republique,
che definiremmo come un arroccamento istituzionale, una blindatura del sistema atta a scongiurare
eventuali alternative che possano emergere dal voto popolare.
Rileviamo comunque, che quando un soggetto politico si qualifichi come unico legittimo detentore del
copyright della democrazia, l’ordinamento democratico è destinato a degenerare in oligarchia, se non in
totalitarismo.
L’iniziativa di Macron di indire elezioni politiche anticipate, spacciata dal mainstream come una mossa
“geniale”, ha condotto alla polarizzazione dell’elettorato francese nelle opposte fazioni di destra e sinistra:
è questa una evidente dimostrazione che il dissenso popolare contro le politiche macroniane è rimasto
inalterato. La sconfitta di Le Pen è tuttavia dovuta, non ad un calo di consensi nel ballottaggio, ma al
sistema elettorale francese maggioritario, che ha favorito la coalizione di desistenza. R.N. ha riscosso in
sede di ballottaggio il 32% dei consensi e resta il primo partito in Francia. Quindi, con un sistema elettorale
proporzionale, l’esito di queste elezioni sarebbe stato del tutto diverso. Si registra dunque una
preoccupante divaricazione tra le percentuali dei voti conseguiti dalle singole forze politiche e la
ripartizione dei seggi in parlamento: una netta cesura tra la classe politica e il popolo, che denota la crisi di
rappresentatività in cui versa la Quinta Repubblica.
Le coalizioni elettorali non implicano programmi politici convergenti e non prevedono nemmeno la
formazione di compagini governative corrispondenti alle alleanze elettorali. Macron mirava alla
costituzione di una grande coalizione che assicurasse la continuità della sua linea politica, ma le sue
speranze sono state vane, data la frantumazione del quadro politico francese risultante dalle elezioni. Non
è emersa alcuna maggioranza assoluta nel nuovo parlamento, sia in termini numerici che in tema di
programmi politici. Anzi, tra il Nuovo fronte popolare e Macron sussistono visioni politiche opposte sia in
economia che in politica estera. Macron millanta il successo politico del suo partito che, sebbene risuscitato
dalla coalizione di desistenza, ha perso oltre 80 seggi.
In una Francia dilaniata da contrapposizioni politiche estreme, è prevedibile l’intensificarsi di conflittualità
esasperate, nel contesto di una situazione politica di progressivo degrado sociale ed economico. E’
prevedibile uno stato di ingovernabilità, in cui la crisi istituzionale potrebbe accentuarsi, in vista delle
prossime elezioni presidenziali che implicherebbero scelte radicali tra opposti estremismi. Le “geniali”
manovre politiche di Macron hanno prodotto solo lacerazioni profonde nel paese e quindi una incipiente
crisi istituzionale della Quinta Repubblica. E’ altresì prevedibile che tali scenari si riproporranno in tutta
l’Europa.
Corsi e ricorsi storici capovolti
La Ue non è uno stato, ma un organismo sovranazionale che non ha alcuna soggettività geopolitica
autonoma. E, poiché la UE sussiste quale piattaforma territoriale strategica della Nato, le decisioni relative
alla sua politica estera sono appannaggio di Washington. Pertanto, ogni governo, sia francese che europeo,
è soggetto all’imprimatur americano. Il “fronte repubblicano”, quale unione istituita da Macron per
opporre un “cordone sanitario” all’ondata lepenista, ha avuto la sua ragion d’essere nell’assicurare l’Europa
alla sfera atlantica in funzione russofoba e filo – sionista.
Sono stati evocati quindi i fantasmi di Vichy, onde conferire una legittimità storico – ideologica a questo
schieramento del “fronte repubblicano”, di per sé assai diversificato e conflittuale al suo interno, ma unito
sotto l’egida dell’antifascismo, per scongiurare l’assalto al potere di una Le Pen identificata come una

riviviscenza della Francia di Pétain. Trattasi di una narrazione propagandistica e demagogica, ma che
comunque riscuote ancora un vasto consenso, in una Europa che ha reciso la propria memoria storica e non
ha mai storicizzato il novecento, salvo manipolarne continuamente gli eventi in chiave ideologica.
In realtà, assistiamo alla riproduzione dei fenomeni del ‘900 (Marx diceva che “La storia si ripete sempre
due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa” anche se l’attuale farsa europea potrebbe
avere un tragico epilogo), ma in una versione del tutto capovolta. Dalla guerra di Spagna in poi, si
costituirono fronti popolari unitari tra le forze antifasciste che si contrapponevano alle potenze dell’Asse. La
strategia staliniana prevedeva l’egemonia da parte dei partiti comunisti satelliti su tutte le altre componenti
antifasciste, al fine di istaurare regimi marxisti filo – sovietici, successivamente alla sconfitta del nazi –
fascismo. Nell’attuale coalizione antifascista di desistenza anti – lepenista, come dimostrato in queste
elezioni francesi, sono invece i partiti di sinistra a tramutarsi in strumenti di conservazione del sistema
capitalista, accreditandosi come garanti dell’attuale assetto europeo e atlantico. Al sostegno delle sinistre
Macron deve infatti la sua resurrezione politica. Identica situazione si replicherà in Germania, dato
l’esplicito intento delle forze politiche oggi al governo e collassate alle lezioni europee di emarginare AfD.
Vecchi trucchi: si rievocano i mali del passato per occultare quelli del presente.
La stessa equazione Le Pen = Pétain è frutto di una narrazione manipolata e capovolta della realtà. Macron
è un Rothschild Boy e il suo è un partito artificiale, inventato dalle oligarchie finanziarie al fine di imporre
una forza politica centrista, liberista e tecnocratica al governo della Francia, a salvaguardia degli interessi
delle élites finanziarie della UE, dopo la quasi scomparsa delle forze politiche tradizionali gaulliste,
repubblicane e socialiste. Se ne deduce quindi, che, anziché la Le Pen, è stato proprio Macron a reincarnarsi
nel ruolo di Pétain, quale gauleiter preposto a garantire la sussistenza di un regime di occupazione atlantica
ed a preservare un sistema europeista, capitalista, antipopolare e repressivo.
Da queste elezioni non è emersa una maggioranza che abbia numeri per governare. Si profilano dunque
due ipotesi, quella di un governo minoritario e quella di un governo tecnico. Quella del governo tecnico,
non rappresenterebbe che la perfetta continuità dei governi macroniani precedenti, bocciati dagli elettori.
I governi succedutisi dal 2017 in poi, con la presidenza Macron, sono stati costantemente formati da
tecnocrati, la cui funzione era la gestione della governance economico – finanziaria del paese. Non sono
stati proprio i governi dei tecnocrati macroniani ad essersi resi responsabili di questa crisi istituzionale,
prima che economica e sociale, oltre alla fallimentare politica estera di Macron, a generare questa
esplosione della protesta popolare, che si è identificata con la destra di Le Pen e la sinistra di Mélenchon?
Saranno i popoli a far collassare la UE
Le recenti elezioni europee hanno sancito la fine dell’asse franco – tedesco, su si era strutturata da sempre
l’Unione Europea. Tale asse si incardinava sul connubio tra la potenza nucleare francese, il ruolo geopolitico
mondiale della Francia ed il primato della potenza economica tedesca. Con la fine della Françafrique, la
Francia ha subito un drastico ridimensionamento del proprio ruolo internazionale e, con l’interruzione delle
forniture energetiche russe a basso costo, unitamente al declino dell’export tedesco verso la Cina, è venuta
meno la potenza economica della Germania. Pertanto, l’asse franco – tedesco si è dissolto perché non ha
più ragion d’essere.
Il significato politico delle recenti elezioni europee è stato oscurato. Si è riproposta la stessa coalizione nel
parlamento europeo come nulla fosse successo. La UE è un organismo tecnocratico blindato. La struttura
economico – finanziaria della UE sancita dai trattati, non può avere che una rappresentanza politica ad essa
conforme. Una diversa UE è impensabile, quindi il suo modello economico e politico e irriformabile. Una
diversa Europa presuppone la dissoluzione della UE.
Ma la volontà popolare ignorata e scacciata dalla porta della UE, rientra dalla finestra delle elezioni
nazionali. Dalle elezioni francesi, cui faranno seguito quelle tedesche e di altri paesi europei, emerge la
marea montante della protesta popolare contro la UE, resasi responsabile del declino economico e sociale
dei popoli, delle politiche green antipopolari, del coinvolgimento dell’Europa nelle strategie belliciste della

Nato contro la Russia. Come scrive C. Caldwell sul New York Times, “Gli europei per la maggior parte, non
erano consapevoli di essere stati arruolati in un progetto che ha come punto di arrivo l’estinzione di Francia,
Germania, Italia e del resto delle nazioni storiche europee come unità politiche significative. Bruxelles è
riuscita a ottenere il consenso al suo progetto solo nascondendone la natura. La generazione più giovane
d’Europa sembra però aver capito la dissimulazione. Siamo solo all’inizio delle conseguenze“… “Vero
problema dell’Unione [non è] quello che fa, ma quello che è, … un progetto spietato di costruzione dello
Stato come quello del cardinale Richelieu sotto Luigi XIII“.
E’ venuta meno l’indipendenza degli stati, la cui politica economica è imposta dalla UE, la loro politica
estera è stata devoluta alla Nato e la loro sovranità è appannaggio dei mercati, unici arbitri della legittimità
politica dei governi. E’ infatti al giudizio dei mercati, che possono in ogni momento provocare il default di
uno stato, che compete il diritto di vita e di morte dei popoli. Ma le conflittualità sociali interne agli stati si
moltiplicheranno a tal punto da determinare uno stato di ingovernabilità degli stati, che potrebbe condurre
al graduale smembramento della UE.
Il fallimento delle velleità belliche di Macron
Macron con queste elezioni vuole imporre un governo che garantisca la continuità della sua linea politica,
conforme alle direttive dell’establishment europeo. La grave crisi finanziaria in cui versa la Francia è
evidenziata dal passivo di 900 miliardi della sua posizione finanziaria netta nel 2023. Sarebbe pertanto
necessario mantenere inalterato l’afflusso attuale dei capitali dalla Germania, dagli stati arabi del Golfo,
specie dal Qatar, per la sopravvivenza dell’euro e della Francia stessa.
Il declino economico – sociale francese è peraltro ben delineato in un articolo di Thierry Meyssan
pubblicato su “L’AntiDiplomatico” il 03/07/2024, dal titolo “La Francia di fronte al cambiamento epocale”:
“Alla fine del 2023 il debito pubblico era di 3.101 miliardi di euro, ossia il 110,6% del PIL. L’amministrazione
pubblica è molto costosa, ma offre servizi di qualità mediocre.”… “Le frodi, in particolare quelle previdenziali
e fiscali, hanno raggiunto livelli record. La vendita illegale di droga ha un ruolo economico talmente
importante (circa tre miliardi di euro) da essere inclusa nel calcolo del PIL. Le disuguaglianze sono abissali:
mentre quasi tre milioni di francesi (4,25% della popolazione) sono milionari in dollari, quasi un terzo dei
francesi vive con meno di 100 euro a partire dal 10 del mese”.
Assai problematico appare comunque garantire l’attuale flusso di finanziamenti dalle monarchie del Golfo,
che, con l’adesione ai BRICS, potrebbero dirottare i propri investimenti verso la Cina, con cui l’Arabia
Saudita effettua le transazioni commerciali in yuan, anziché in dollari.
La politica bellicista di Macron contro la Russia, ha finalità ben precise. Oltre alla brama di vendetta contro
la Russia, già responsabile della estromissione della Francia dalla Françafrique, l’intento di Macron è quello
di far assumere alla Francia, unica potenza nucleare nella UE, la leadership europea ed il ruolo di potenza
mondiale minore affiancata agli USA.
Ma soprattutto, la velleitaria iniziativa di Macron si colloca in un contesto strategico della Nato, in cui la
guerra ucraina assume una importanza vitale per la geopolitica americana. La guerra contro la Russia è
infatti strategicamente necessaria agli USA per preservare il loro dominio sull’Europa. Una eventuale
sconfitta della Nato, provocherebbe una conflittualità tra gli stati europei che potrebbe condurre alla
dissoluzione della stessa UE. E’ vero che gli USA, da sempre avversi a qualunque progetto di autonomia
europea, potrebbero avvantaggiarsi delle conflittualità interne europee, con la prospettiva di imporre una
governance politica della Nato sull’Europa. Ma, a causa del progressivo disimpegno americano dall’Europa
e della sopraesposizione degli USA nei vari teatri di conflitto nel mondo, una crisi sistemica dell’Europa
stessa potrebbe rivelarsi incontrollabile e comportare alla lunga anche la fuoriuscita degli stati europei più
rilevanti dalla Nato.

Sovranismo e islamofobia
Il tema dell’immigrazione si è rilevato profondamente divisivo nell’elettorato francese, tanto da porre in
discussione l’identità stessa della Francia. L’immigrazione, proveniente principalmente dalle ex colonie
francesi, fu favorita ed incentivata per decenni, a partire dall’era mitterandiana, con ingresso nel paese di
una vasta massa di manodopera a basso costo, a discapito delle classi lavoratrici francesi più disagiate. Ma
soprattutto, l’apertura alla immigrazione di massa indiscriminata, rappresentava l’incipit dell’avvento della
società aperta post – moderna, conformemente alla visione del mondo multiculturale e cosmopolita della
ideologia della sinistra liberal radicale occidentale.
L’integrazione di masse etnicamente e culturalmente estranee alla società europea, sarebbe avvenuta
attraverso un processo di spontanea assimilazione, mediante cioè l’emancipazione sociale favorita dal
benessere e la contemporanea adesione degli immigrati ai valori universali della democrazia occidentale,
quali la libertà, il laicismo, i diritti civili. Tale progetto si è rivelato fallimentare.
Il mito della Republique, evocato da Macron al fine di creare un argine istituzionale tra tutte le forze
contrarie al populismo lepenista dilagante, è ormai una immagine ideologica virtuale. Macron,
nell’identificare la Francia attuale con i valori della Repubblique minacciata dalla destra di R.N., ha
effettuato una manovra politica basata sul millantato credito. La linea politica riformista macroniana non si
è ispirata certo ai valori della Republique, quali le virtù civiche, i diritti individuali, lo stato di diritto (ormai
quasi del tutto scomparsi in Occidente), ma ai paradigmi del neoliberismo finanziario globalista
americanocentrico, da cui è scaturita una struttura elitaria della società ispirata al darwinismo sociale, che
nega tali principi.
Le politiche di integrazione sono peraltro fallite, proprio nella misura in cui hanno preteso di imporre agli
immigrati i principi e i costumi della società occidentale, quali valori universalmente condivisi. Gli immigrati
insomma avrebbero dovuto aderire a valori etico – politici e ideologici a cui gli stessi europei non credono
più da decenni. Il modello neoliberista dominante ha generato diseguaglianze, precarietà del lavoro,
scomparsa dei ceti medi e distruzione dello stato sociale. Se i popoli europei si ribellano, in quanto
condannati alla povertà e alla emarginazione sociale in una società senza futuro, gli immigrati, gli ultimi
nella scala sociale, si sentono estranei ad un Occidente in cui non si riconoscono.
Pertanto, il dissenso delle classi subalterne degli immigrati ha innescato un conflitto sociale che si è alla
lunga tramutato in contrapposizione identitaria. L’ideologia globalista della società aperta ha prodotto
fratture identitarie insanabili. Le tesi della destra di R.N., secondo cui la crescita demografica della
popolazione arabo – islamica e africana minaccia l’identità stessa della Francia, con prospettive di pervenire
alla sostituzione etnica nei prossimi decenni, hanno riscosso straordinari consensi elettorali. Una massa
arabo islamica e africana, che vive secondo i propri costumi etico – religiosi, si è insediata da generazioni in
vaste aree metropolitane della Francia, in cui si parla l’arabo e non più il francese.
Il sovranismo di R.N. non si basa più tanto sulla difesa del cattolicesimo e dei valori tradizionali della Francia
(prossimi ormai alla estinzione), quanto sulla contrapposizione etnico – culturale. La difesa dell’identità si è
tramutata in islamofobia. Il fenomeno della islamofobia nasce da una falsa interpretazione della realtà.
Dall’aver concepito come una unica problematica l’immigrazione, il terrorismo e l’Islam, con conseguente
criminalizzazione dell’immigrato musulmano, considerato un aspirante terrorista e potenziale seguace
dell’Islam radicale dell’Isis. Questa falsa narrazione ha comunque posto le premesse per innescare una
insanabile conflittualità sociale tra le classi subalterne che si è rivelata un efficace strumento di dominio per
le classi dominanti.
Appare poi assai contraddittorio esorcizzare lo spettro dell’invasione islamica, contrapponendo ad essa i
valori della nostra civiltà ed evocare le radici cristiane in una Europa in cui il cristianesimo stesso è in
estinzione. Dobbiamo dunque imputare agli arabo – islamici la colpa di non aver rinunciato alla loro
identità? O forse l’islamofobia è scaturita dalla cattiva coscienza di un Occidente che ha rinnegato i suoi
valori e la sua cultura? L’islamofobia non ha la sua origine nell’inconscio dei popoli europei che vedono
negli islamici una proiezione riflessa dell’immagine di se stessi, del loro “dasein” nel mondo premoderno? I
popoli europei non riversano dunque sugli islamici un odio inconscio che nutrono verso se stessi?

I guasti provocati da tali orientamenti sovranisti si riflettono anche in ambito geopolitico: l’islamofobia
dilagante si rivela un fenomeno coerente e funzionale alle strategie occidentali di sostegno alla guerra di
sterminio di Israele contro i palestinesi a Gaza.
E’ la fine della storia? No, è solo la fine dell’Occidente
Queste elezioni, al di là del loro risultato, hanno messo in luce la crisi istituzionale della Francia, crisi che
investe comunque tutti i paesi europei. L’istituzione presidenziale con Macron ha perso la sua credibilità, il
paese è lacerato da contrapposizioni tra opposti schieramenti insanabili. Situazione in cui versa l’intero
Occidente, in primis gli USA, dilaniati da una conflittualità interna estrema, propria di una guerra civile
latente.
E’ evidente la crisi di rappresentatività del sistema liberaldemocratico occidentale. Crisi che prelude
all’avvento di un’era contrassegnata dalla instabilità e dalla ingovernabilità politica e sociale permanente.
Ma è proprio dalle crisi che si generano le grandi trasformazioni nella storia ed emergono nuove classi
dirigenti.
In questa crisi si manifestano i chiari sintomi di una incipiente dissoluzione della stessa civiltà occidentale.
L’Occidente ha identificato con se stesso la storia universale. Pertanto, la teoria della “fine della storia” di
Francis Fukuyama ha un evidente riscontro con la fine dell’Occidente, già concepitosi come il fine ultimo
della storia stessa e come incarnazione del destino dell’intera umanità. Fine dell’Occidente, fine della storia.
Ma alla fine dell’Occidente l’Europa può sopravvivere: non ci resta che il caos?