Gas russo mai più. Ma non lo ha detto Putin, bensì gli Anglosassoni
di Maurizio Blondet - 07/09/2022
Fonte: Maurizio Blondet
Mettiamo che le cose in Ucraina si mettano benissimo, ossia come vogliono i desideri, i sogni o incubi dichiarati della NATO, degli occidentali ed anglo: Zelensky vince la guerra e trionfa, Putin viene sconfitto, è impiccato a Norimberga e a Mosca viene insediato un governo sottomesso alle volontà occidentali, che celebra il primo giorno d’insediamento con un Gay Pride (i nostri valori). Credete che allora, pacificata, l’Alleanza Atlantica e gli Stati Uniti lasceranno noi europei tornare a comprare il gas e il petrolio russo, come prima? Che si torni alla normalità che oggi chiamano “dipendenza dell’Europa dal gas russo” ?.
Togliamocelo dalla testa. Gli USA e gli anglo hanno architettato il riarmo e la preparazione dell’Ucraina e tutta la provocazione che ha indotto Putin ad aprire il conflitto, proprio alla scopo di tagliare e sigillare le vene energetiche russe che alimentavano pacificamente e a modesto costo di gas, greggio, carbone il mezzo miliardo di europei garantendone il benessere. L’Europa, non la Russia, era fin dal principio il bersaglio che doveva essere danneggiato dalla crisi progettata ad attuata: gli anglo dispongono della teoria di McKinder che dice: chi domina la heartland domina un mondo di terra – irraggiungibile dalla navi di rapina dell’impero britannico – che va senza interruzione dalla Europa alla Cina attraverso la Russia, un immenso insieme continentale autosufficiente, che commercia per ferrovia, che non ha bisogno di dipendere dalle potenze atlantiche in nulla.
Disporre di una teoria geopolitica è uno dei motivi del successo; i tedeschi che non ne dispongono, e non hanno uno studioso che l’abbia enunciata lucidamente, sono in palese svantaggio: stavano integrando la loro economia con il gas e greggio russo senza dirlo, fra il lusco e il brusco, lasciando che le cose “accadessero”; e sono perdenti perché non osano enunciare, e nemmeno concepire, la teoria che li (e ci) salverebbe: “Stare con Putin” e integrarsi ad Est fino alla Cina e all’Iran.
La vittoria della teoria anglo di MacKinder ha per noi un’aggravante: non è pensata per essere temporanea. La scarsità di gas e greggio – fulmineamente autodistruttiva delle nostre economie – ha da essere permanente. Ben van Beurden, direttore generale di Shell in Europa, l’ha fatto intendere : ora sarà necessario razionare il gas nel vecchio continente, perché le carenze potrebbero durare diversi anni. Per il premier belga la diagnosi è: la crisi durerà dai 5 ai 10 anni. Ma la verità è venuta dall’ex vicepresidente della Aramco, la principale compagnia petrolifera dell’Arabia Saudita, che ha ribadito ancora una volta la posizione del governo del suo Paese di fronte alle richieste del presidente Usa Joe Biden per un aumento della produzione di petrolio: questo è non è un problema transitorio, perché non c’è abbastanza capacità di produzione nel mondo per sostituire il gas russo importato dall’Europa.
E’ singolare la passività e remissività con cui la scorsa settimana, il ministro dell’Economia tedesco e il capo della principale associazione imprenditoriale del paese hanno avvertito che la Germania si stava dirigendo verso l’abisso della rapida deindustrializzazione. Buona parte delle sue imprese, grandi e piccole, sono sotto “enormi pressioni che portano a una rottura strutturale“, ha detto, e alla loro definitiva chiusura – accettando l’esaurimento del “modello economico” incentrato sull’uso massiccio di energia, principalmente importata da Russia, e a prezzi inferiori a quelli degli Stati Uniti e di altre parti del mondo.
Sul Corriere Federico Fubini, un Signore del Discorso, enuncia l’adesione totale del potere italiota alla teoria di MacKinder : “la guerra economica fra la Russia e l’Unione europea è molto lontana dalla fine. E l’unica certezza è che vincerà la parte capace di sopportare più a lungo i sacrifici che questo conflitto implica”
Aspettava un soccorso anglo, la leadership senza qualità tedesca?
Ma la crisi energetica sta colpendo anche gli Stati Uniti. Sia l’amministrazione Trump che quella Biden in passato hanno fatto pressioni sulla Germania per sostituire le importazioni di gas russe con gas americano, anche se è più costoso. Oggi, tuttavia, gli Stati Uniti non hanno la capacità di fornire all’Europa il gas che produce. Il suo prezzo è aumentato del 21,8% dal 2 agosto, poiché le riserve energetiche strategiche scendono a livelli pericolosi. Questa situazione ha spinto l’amministrazione Biden a chiedere alle compagnie petrolifere di fermare immediatamente le esportazioni, avvertendo che, in caso contrario, il governo prenderà provvedimenti di emergenza. Accade solo che alla vigilia delle elezioni di medio termine, il governo si stia rivolgendo alla sua produzione per stabilizzare i prezzi locali della benzina.
Nel frattempo, le turbolenze finanziarie evidenziano un divario crescente tra la speculazione sui prezzi dei futures sull’energia e le riserve fisiche d’energia. La scorsa settimana, un rapporto di Goldman Sachs ha confermato che la carenza di liquidità sta determinando un’estrema volatilità finanziaria dei prezzi dell’energia e che questa coesiste con un crescente inasprimento delle scorte fisiche, che fa presagire ulteriori turbolenze nei prezzi dell’energia. Allo stesso tempo, sulla scena geopolitica stanno emergendo nuovi importanti allineamenti. La recente firma di un memorandum d’intesa tra i governi di Russia e Iran comporta l’investimento di 40 miliardi di dollari per sfruttare congiuntamente le loro riserve di gas naturale, che sono tra le più grandi al mondo.
C’è un futuro nello Heartland, ma non per noi…