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“Genealogia” del complottismo

di Stefano Di Ludovico - 03/06/2020

“Genealogia” del complottismo

Fonte: Stefano Di Ludovico

 La pandemia da Covid-19 ha dato la stura, com’era prevedibile, al quel particolare fenomeno che risponde al nome di “complottismo”, che mai come in queste occasioni, ovvero ogni qualvolta ci si trova di fronte ad eventi straordinari, grandiosi, che coinvolgono il pianeta intero e che è impossibile decifrare e comprendere in tutti i loro risvolti, ha modo di uscire allo scoperto e presentarsi come portatore di spiegazioni e teorie volte a gettare vera luce su fenomeni così complessi e inestricabili. Diffuso sia a destra che a sinistra, o anche nell’area ambientalista, soprattutto nelle loro ali estreme, il complottismo si presenta come un’ideologia trasversale, che sembra accomunare ambiti politico-culturali anche contrapposti.

Con il temine “complottismo” - o “cospirazionismo” che dir si voglia - vogliamo riferirci ad un preciso e ben caratteristico modo di approcciarsi alla realtà e di spiegazione degli eventi - siano essi storici, sociali e financo naturali - secondo cui la causa di questi è da ritrovare sempre e comunque nell’azione intenzionale e consapevole di pochi individui che, in combutta tra loro, agiscono “dietro le quinte” rispetto alle istituzioni e ai canali decisionali pubblici e riconosciuti, presentando così una narrazione degli stessi alternativa rispetto a quella veicolata e diffusa dai mezzi di informazione a questi legati. In tal senso, il complottismo si presenta come una vera e propria “filosofia” o addirittura “metafisica” della storia: il complottista, a prescindere dai riscontri oggettivi delle teorie a cui dà credito e già prima che questi siano eventualmente trovati, è convinto, in base alla sua adesione soggettiva e fideistica a tale visione del mondo, che gli accadimenti non possano che spiegarsi in tal modo e che questo sia l’unico per venirne effettivamente a capo. Il complottista si presenta così, al tempo stesso, come un “negazionista” e un “dietrologo”, dato che, sempre in modo fideistico e aprioristico, tende a non riconoscersi nei fatti come interpretati e narrati ufficialmente, per offrirne appunto letture alternative che ne svelerebbero la vera trama. Per il cospirazionista la realtà come riconosciuta pubblicamente è in realtà solo una “maschera”, dietro la quale agiscono le vere forze che muovono la storia, di cui quelle maschere sono o delle inconsapevoli pedine o le coperture da esse stesse attivate per nascondere al meglio la propria attività. Il complottista vuole quindi presentarci la “vera” realtà che si nasconderebbe dietro quella “falsa”: per ogni evento egli è così sempre capace di scovarne uno “alternativo” che quello celava. Di qui il suo essere diffuso e trovare consensi soprattutto presso le ali estreme dello schieramento politico-culturale, in ambienti “non-conformi” che, non riconoscendosi nella realtà storico-politica in cui si ritrovano ad operare, non ne accettano le relative narrazioni e ne ricercano di alternative. 

Presentandosi come una filosofia o metafisica della storia, il complottismo non può così essere scambiato – checché ne dicano i suoi sostenitori a sua difesa – per un qualsivoglia metodo di ricerca critico volto all’accertamento di fatti fino a un dato momento sconosciuti o noti ma comunque taciuti per i più svariati motivi da centri di potere o gruppi di interesse: se così fosse il complottismo perderebbe la sua stessa specificità e ragion d’essere, e il cosiddetto complottista sarebbe solo un ricercatore come tanti che, tramite la sua ricerca, è riuscito a comprovare nuovi fatti e quindi a formulare nuove teorie, quando invece è una precisa visione del mondo quella che innanzitutto vuol far emergere dal suo lavoro (per fare degli esempi: se nuove indagini portano ad accertare che l’attentato alle Torri Gemelle è stato pianificato da servizi segreti occidentali e non autonomamente dal gruppo terroristico di Al Qaeda, siamo nell’ambito della normale ricerca storico-sociale; se invece, già prima ed eventualmente a prescindere da tali accertamenti, si è convinti che comunque dietro agli attentati ci sia la mano di gruppi che hanno agito nell’ombra, siamo nell’ambito del complottismo. Così come: se nuove indagini portano a scoprire che il Covid-19 è sfuggito accidentalmente da un laboratorio, siamo nell’ambito della normale ricerca; se si è convinti a prescindere che il virus sia di fabbricazione umana e non di origine naturale siamo evidentemente nell’ambito del complottismo). La tesi di un’azione “coperta” di pochi individui che agiscono al di là degli eventi e della relativa narrazione ufficiale risulta essere infatti il presupposto del complottismo, e non la risultante della ricerca storico-sociale stessa: dando un’occhiata ai maggiori siti o alla produzione dei principali autori cospirazionisti, balza subito agli occhi come non ci sia alcun avvenimento storico o di cronaca di un certo rilievo che non venga approcciato aprioristicamente in questo modo, e quella che dovrebbe essere la conclusione dell’indagine risulta essere la sua premessa. Il voler quindi presentare le proprie tesi come frutto di un approccio “critico” alla realtà, come spesso il cospirazionista pretende, approccio a suo dire alternativo a quello seguito dalla gran parte dei ricercatori appiattiti invece sulle versioni ufficiali e pubblicamente sostenute, è privo di senso, dato che la ricerca, quando scientificamente fondata, è di per sé “critica”, in quanto basata sul metodo della falsificabilità di principio dei suoi asserti, e non si danno metodi di ricerca “alternativi”, essendo il metodo di ricerca, per logica stessa, unico, sia esso utilizzato nelle scienze naturali come in quelle sociali, e l’“alternativa” essendo solo quella tra teorie comprovate e teorie smentite e quindi superate da teorie nuove (per tornare agli esempi di prima, se vengo a scoprire che a pianificare l’attentato alle Torri Gemelle non è stata Al Qaeda ma qualcun altro o che il Covid-19 viene da un laboratorio e non dai pipistrelli, non presento alcuna teoria “alternativa”, ma solo teorie nuove e più valide rispetto alle precedenti che evidentemente non reggono alla prova dei nuovi riscontri e quindi devono essere abbandonate).  

Il complottista invece non si dà pensiero più di tanto di trovare prove, riscontri, fatti che corroborino le sue tesi, limitandosi per lo più a circostanze e indizi che vengono collegati in base ad inferenze del tutto arbitrarie e spesso al limite del grottesco. Tra le più comuni: eventi casualmente sincronici disposti diacronicamente in una relazione di causa-effetto (per cui, ad esempio, i soldati americani presenti a Wuhan per le olimpiadi militari diventano i portatori del Covid-19 in Cina); effetti di accadimenti diventano le cause degli stessi (le case farmaceutiche o Bill Gates che si arricchiscono con i vaccini diventano le cause della pandemia); soggetti che, in base alle evidenze di cui dispongono al momento, formulano ipotesi su eventi futuri ne diventano i promotori (gli scienziati che hanno predetto lo scoppio di pandemie ne diventano gli agenti); concetti generali in uso nella comunicazione a fini esemplificativi di realtà complesse diventano soggetti in carne ed ossa posti a causa dell’evento (la pandemia scatenata dalle “élite mondialiste”, dalla “finanza internazionale”, dagli “ebrei”, dalla “massoneria” ed altre non meglio precisate entità collettive); per arrivare a veri e propri paradossi logici come quando, di fronte all’impossibilità di definire seppur in modo approssimativo i contorni del complotto, ci si rifugia proprio nella natura “occulta” dello stesso (quindi i complottisti sarebbero a conoscenza di fatti che per loro stessa natura non possono essere conosciuti!). Lo stesso “io l’avevo detto!” che spesso caratterizza il complottismo, ovvero l’esibire a riprova delle proprie tesi l’eventuale verificarsi, a distanza di tempo, di fatti che in precedenza il complottista aveva individuato come causa di un evento, è anch’esso da un punto di vista epistemologico privo di senso, visto che in teoria, a rigor di logica, nulla è impossibile, anche l’ipotesi al momento meno verificabile; ma finché essa non lo diventa, il suo valore euristico è nullo, quindi andrebbe scartata e non sostenuta “sperando” che essa in futuro, cambiando radicalmente le circostanze di verifica, lo diventi! In questo modo, le teorie del complotto, invece di essere costruite, come ogni conoscenza degna di questo nome, su ipotesi corroborate da fatti, vengono sviluppate attorno a tesi e postulati del tutto infondati: ipotesi di per sé inverificabili (come si può verificare se la pandemia è stata scatenata o meno dalle “élite mondialiste” o addirittura dagli alieni secondo le teorie cospirazioniste più fantasiose?); ipotesi inverificate (ci sono prove che sia stata la Cia a scatenare la pandemia?); teorie sì comprovate ma superate da altre che nel frattempo hanno superato maggiori prove di verifica (la teoria secondo cui il Covid-19 sarebbe un virus manipolato in laboratorio ha trovato meno riscontri rispetto a quella secondo cui non lo è stato). Lo stesso presentarsi spesso del complottismo come una normale applicazione della “teoria del sospetto” appare anch’essa una pretesa priva di fondamento, dato che il “sospetto” ha valore euristico sempre a partire dalla verificabilità di principio dell’ipotesi formulata, e diventa conoscenza effettiva a partire dalla verifica fattuale di essa (in tal senso il “sospetto” in nulla si distingue dal quel metodo “critico” sopra richiamato che coincide tout court con il metodo scientifico stesso), altrimenti il “sospetto” è destinato a rimanere tale e a non fornirci alcuna conoscenza effettiva. Il complottismo così più che tra le conoscenze false è da annoverare tra le pseudo-conoscenze, dato che una conoscenza falsa può benissimo riferirsi ad una teoria in precedenza comprovata ma successivamente smentita e dunque superata da una migliore, mentre le teorie complottiste, per le ragioni suddette, si presentano come non falsificabili di per sé (il complottista, alla fine, può dire tutto e il contrario di tutto).

 Visto ciò, viene naturale chiedersi perché mai certe persone facciano proprio, in perfetta buona fede (non ci interessa qui a parlare di chi vi aderisce per secondi fini, di lucro o di altro genere, questo potendo valere per chi aderisce o divulghi qualsiasi tipo di conoscenza, anche quella fondata), l’approccio complottista o aderiscano alle sue tesi, pur nella loro evidente inconsistenza epistemologica; inconsistenza, come visto sopra, a volte davvero disarmante. Per rispondere possiamo far riferimento a quella che Nietzsche chiamava la prospettiva “genealogica” di spiegazione delle idee, ovvero l’indagine volta ad individuare le ragioni ed i fattori psicologici che sono dietro la genesi delle idee o che spingono le persone all’adesione ad esse a prescindere dal loro effettiva valenza conoscitiva.

Un primo fattore può essere individuato nella naturale tendenza della mente umana alla semplificazione, in risposta all’esigenza di trovare comunque un perché, una ragione esplicativa degli eventi che ci permetta di orientarci meglio e con maggior sicurezza nel mondo. Così, soprattutto di fronte ad accadimenti straordinari, imprevisti, in quanto tali di difficile comprensione e incerta origine, molti hanno un irresistibile bisogno di trovare una ragione a tutti i costi a cui aggrapparsi, e non c’è ragione più semplice e comprensibile della volontà e della conseguente azione di determinati individui ben identificabili, che sarebbero all’origine di tutto. Se pensiamo a un evento come la pandemia da Covid-19, che in quanto tale chiama in causa fattori innanzitutto naturali, quindi di difficile decifrazione da parte dell’uomo comune richiedendo competenze altamente specialistiche, a cui si aggiungono poi altrettanto complessi fattori economici, sociali, demografici, nulla di più semplice che ridurre tutto a un magheggio di qualche scienziato pazzo o poco accorto, un servizio segreto deviato, un agente di qualche casa farmaceutica; magheggio attraverso cui tutti i nodi vengono al pettine. In tal senso il complottismo si presenta come una forma di “infantilismo”, di vera e propria regressione ad un approccio infantile alla realtà, essendo proprio dei bambini ricorrere alle spiegazioni più immediate e semplicistiche di fronte ai tanti interrogativi che una realtà tutta ancora da scoprire pone loro.

Un secondo fattore può essere visto nel risentimento, il cosiddetto esprit de ressentiment di cui parlava sempre Nietzsche, per cui si è portati a trovare a tutti i costi un colpevole della propria eventuale condizione di malessere o malasorte. Sempre per dirla con il filosofo tedesco, “sto male, qualcuno deve esserne la causa – così ragiona ogni malato”. Di fronte alla difficoltà di accettare il proprio stato e all’impossibilità di trovarne la causa di fronte, anche qui, alla complessità del reale, intreccio di diversi fattori per lo più impersonali  - ai quali nulla può quindi essere imputato - e contro cui in ogni caso nulla si può fare, ci si costruisce un “nemico” ad hoc, identificandolo nell’azione intenzionale – e in quanto tale responsabile – di pochi soggetti, contro cui sfogare tutto il proprio rancore e nel caso intraprendere una lotta anche di fatto. È la nota logica del “capro espiatorio” (di cui gli ebrei sono stati nella storia le vittime predilette, i cospirazionisti par excellence), logica che di fronte ad un evento come ad esempio una pandemia porta a scartare le spiegazioni più ovvie circa una sua origine naturale a favore di un’origine umana: ce la si può prendere infatti con la natura, con i pipistrelli o i pangolini? Sembrerà assurdo ma ci sono complottisti che arrivano ad attribuire perfino i terremoti all’azione intenzionale di qualche centro cospiratorio, e presentano anche denunce alla magistratura in tal senso, non potendo evidentemente denunciare le placche tettoniche! Tale logica porta altresì a caricare il bersaglio individuato di tutta una serie di abnormi caratteri negativi e malefici, secondo un tipico processo di “mostrificazione”, quanto più pesante da sopportare è lo stato di malessere in cui ci si trova. Così uomini delle istituzioni di scarsissimo spessore politico e che mai avrebbero pensato di ritrovarsi a gestire - e mai avrebbero con tutta probabilità voluto - un’emergenza come quella del Covid-19, medici e virologi fino a ieri illustri sconosciuti chiusi negli ospedali a fare il loro onesto mestiere, sono diventati agli occhi di molti i terminali italiani di un grandioso piano mondiale, di un “esperimento sociale” planetario volto alla soppressione delle libertà e all’impoverimento della popolazione; o un ricco magnate come Bill Gates, che come tutti i magnati non sarà uno stinco di santo e in qualche intrallazzo, finanziario come politico, sarà coinvolto pure lui, viene investito di chissà quali poteri occulti, posto a capo di un non meglio precisato consesso satanico che si riunirebbe nelle segrete degli uffici della Microsoft a preparare vaccini velenosi al fine di sterminare l’umanità!... Tutto ciò perché un “colpevole” ci deve essere, e se non c’è dobbiamo inventarcelo.

Un terzo fattore può essere infine individuato nella personalità esaltata o megalomane di molti soggetti, dall’io ipertrofico e strabordante, che porta tali individui a credere di possedere conoscenze esclusive, che la massa non ha, e di aver compreso le vere cause degli eventi ignorate dai più; cause che se individuate nell’azione intenzionale di gruppi ben identificabili volti al male dell’umanità, portano altresì questi soggetti ad elevarsi al ruolo di eroi, di salvatori del mondo, contro tali malefici cospiratori. Le teorie da loro elaborate sono così caratterizzate da una visione manichea della storia – anche questa semplicistica e infantile -, visioni tipiche di molta letteratura cospirazionista: da una parte il “male” rappresentato dai cospiratori, dall’altra il “bene” incarnato da loro stessi. Tutto il mondo sembra ruotare attorno a tali due assi. Solitamente dietro questi individui si formano schiere di seguaci, persone in genere dalla personalità fragile e facilmente suggestionabile che, seguendo la chiamata alle armi dell’“eroe”, si vedono proiettati anche loro, in qualità di truppe al seguito, in questo epico scontro in cui si giocano le sorti dell’umanità. Così persone che per lo più conducono una vita mediocre e anonima, spesso trascorsa davanti a un computer o sui social a discettare di queste loro fantasiose teorie, si ritrovano a credere di essere gli unici veri ribelli presenti al mondo, coloro che hanno svelato i piani segreti delle élite, che resistono alla dittatura dei poteri forti orchestrata con la scusa della pandemia, che mettono sul chi va là l’umanità sulla probabile e imminente invasione degli alieni! Tra questi complottisti e i loro seguaci si stabilisce un rapporto quasi morboso, di dipendenza, tipico delle logiche di “setta”, e il settarismo diventa spesso una della caratteristiche di tale genere di cospirazionismo: investiti, come credono di essere, di una missione universale se non addirittura “divina”, prigionieri del film che si sono costruiti nella loro testa, questi soggetti non tollerano e concepiscono alcuna obiezione alle loro tesi, bollando i critici o come vittime inconsapevoli dei cospiratori o come loro agenti, quindi parte del complotto stesso. Del resto una certa intolleranza caratterizza inevitabilmente anche le altre due tipologie di complottisti sopra richiamate: fin tanto che lo scenario delineato e i soggetti che la popolano risultano essere frutto più della loro fantasia che dati di fatto, è chiaro che essi tenderanno a bollare, in perfetta buona fece, come stolto o agente del nemico stesso chiunque osi contestarli, come un allucinato che non riesce a concepire come gli altri non vedano quello che a lui pare una realtà fin troppo evidente.  

Ovviamente questi tre fattori, che danno origine a tre tipi psicologici diversi, possono benissimo ritrovarsi riuniti nella stessa persona: ad esempio la tendenza a semplificare diventa facilmente caratteristica del tipo del risentito o del megalomane, presi come sono a costruire nel modo meno impegnativo possibile le loro figure antagoniste; così come il tipo del risentito può sfociare in quello del megalomane, in questo modo passando dal suo stato di subalternità al ruolo di protagonista in una lotta titanica contro il male e trovando quindi un’occasione ulteriore di riscatto.  

Ciò che alla fine accomuna le tre tipologie e quindi le diverse tendenze del cospirazionismo è la superficialità e il dilettantismo che emerge dalle loro teorie e dalle loro ricostruzioni degli accadimenti storico-sociali. Un approccio che nelle sue intenzioni pretende di offrire una lettura più profonda ed acuta degli eventi rispetto a quelle ufficialmente accreditate, si dimostra di una banalità e di un infantilismo sconcertanti: la storia umana, la cui natura essenziale è proprio la complessità dovuta ai molteplici fattori – economici, sociali, naturali - che la determinano, ridotta ad un teatrino in cui circoli ristretti di uomini da dietro le quinte dirigono il corso degli eventi a loro piacimento. E di fronte alla ridicolizzazione di cui queste stravaganti ricostruzioni sono fatte inevitabilmente oggetto, i loro sostenitori non si perdono d’animo, additando tale reazione e l’ostracismo di cui a loro dire sono vittima da parte della cultura “ufficiale” alla pericolosità che le loro tesi rappresenterebbero per il “potere”, per il “sistema”, e alimentando in tal modo ancor di più il loro risentimento o il loro io ipertrofico, come se quelle reazioni fossero la prova maestra della verità delle teorie da essi sostenute. Visto tale gioco delle parti, viene da chiedersi se davvero il complottismo non sia alla fine l’arma migliore proprio di quel “potere”, di quel “sistema” che i complottisti dicono di combattere, arma volta a delegittimare e ridicolizzare ogni critica e opposizione, anche quelle serie e razionalmente fondate, mettendo tutto in un unico calderone. A tal proposito si potrebbero ricordare le posizioni espresse da alcuni autori di scuola tradizionalista, quali Guénon ed Evola, che vedevano nel complottismo uno strumento della stesse forze del male che i complottisti pensano di combattere (dal loro punto di viste le forze della cosiddetta “contro-iniziazione”); strumento volto a distrarre le masse dai veri obiettivi della loro azione (paradossalmente, si potrebbe dire, per questi autori il complottismo è esso stesso un “complotto”!). E non è un caso che i complottisti, convinti di essere invece sostenitori di un normale sapere critico volto ad accertare fatti nuovi o taciuti, attribuiscano l’invenzione stessa del termine complottismo, con tutta la valenza negativa che esso ha, a coloro che hanno individuato come loro avversari, alimentando e rafforzando anche in questo modo il loro ruolo di antagonisti all’interno di quel gioco delle parti che essi stessi hanno in realtà contribuito a costruire.

Anche in riferimento alle aree politico-culturali sopra richiamate a cui in maggioranza il complottismo fa riferimento – la sinistra e la destra estreme - esso rappresenta con tutta evidenza una banalizzazione e una semplificazione grottesca delle rispettive prospettive di analisi e delle stesse rispettive visioni del mondo,  finendo per tradirle tout court. E noto come il marxismo, da una parte, faccia delle strutture socio-economiche impersonali il motore essenziale della storia e di ogni accadimento, strutture in cui l’azione del singolo non può giocare alcun ruolo significativo, fino, in alcune correnti del marxismo come lo strutturalismo althusseriano, a scomparire del tutto, rappresentando così la negazione stessa del dogma fondamentale del cospirazionismo: l’accadimento come frutto dell’azione intenzionale di pochi individui. Ma anche in riferimento alla destra, soprattutto quella di ispirazione tradizionalista o comunque volta a privilegiare una visione spiritualista della vita contro il materialismo marxista e moderno in genere, il cospirazionismo finisce per rappresentare un vero e proprio rovesciamento della sua visione del mondo e della storia, visti solitamente da essa come manifestazioni di forze e volontà “altre” e trascendenti (Dio, il Fato, l’Assoluto…), a cui i singoli non possono che rimettersi e in cui riconoscersi con serena e distaccata accettazione, consapevoli della loro ineluttabilità e imperscrutabilità. In tal senso lo spirito dell’uomo della Tradizione rappresenta l’opposto stesso di quello spirito di risentimento che, arrivando al limite della paranoia e dell’ossessione, si è visto essere uno dei tratti fondamentali della personalità cospirazionista.

Al di là quindi della matrice culturale a cui il complottismo fa riferimento, esso rappresenta davvero un’ideologia trasversale e a se stante, una precisa forma mentis con caratteristiche proprie e precipue, al limite del patologico, che soprattutto in tempi straordinari di cambiamento, di confusione e di perdita di punti di riferimento solidi e riconosciuti, emerge nelle persone più fragili e disorientate, se non addirittura disturbate, incapaci di stare ai fatti, di confrontarsi con un mondo complesso e una realtà il più delle volte inestricabile nei suoi risvolti ultimi. Con la pretesa di penetrare meglio e più in profondità la natura del mondo e della storia, il complottismo ne finisce per dare un’immagine parodistica e caricaturale.