Genocidio a Gaza
di Alberto Negri - 10/04/2025
Fonte: Il Manifesto
Via libera del presidente Usa alla pulizia etnica della Striscia; e sui dazi Netanyahu ha ricordato che non si tocca il complesso militar- industriale israelo-americano
Benjamin “Bibi” Netanyahu, Donald Trump e poi tutti gli altri, ad ascoltare muti come scolaretti la lezione dello studio ovale – dai dazi alla guerra di Gaza, ai negoziati con l’Iran – del complesso militar-industriale israelo-americano.Ovvero dell’unica alleanza infrangibile che si conosca, resistente a ogni temperie. Sono legami storici ma anche di sangue e religiosi, visto la figlia di Trump, maritata a Jared Kushner, è anche convertita all’ebraismo. Quindi ascoltano in silenzio il vice di Trump Vance, i suoi ministri e anche noi europei, non solo incapaci di dire una parola sul mandato di cattura a Netanyahu della corte penale internazionale ma pronti a breve ad accoglierlo, come ha già fatto l’Ungheria di Orbán.
SIAMO SENZA tetto né legge. E vergogna. L’articolo di Michele Giorgio di ieri sul manifesto con la richiesta da parte della Mezzaluna Rossa di un’indagine internazionale sull’esecuzione israeliana a Gaza di 15 soccorritori, sepolti sotto i detriti, è stato l’unico sull’argomento a comparire sui media. Se ne è accorta e lo ha sottolineato anche la rassegna stampa di Rainews.
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È il segnale disperante di come dal 7 ottobre 2023 ci siamo abituati alla violenza, al ciclo inarrestabile della vendetta e del sangue: non siamo neppure più in grado di essere testimoni di quanto accade. E i giornalisti palestinesi, che continuano a morire (altri tre nelle ultime ore, 210 dall’inizio del conflitto) sono un altro bersaglio privilegiato di Tel Aviv che non consente a nessuno di entrare a Gaza, come ovviamente blocca gli aiuti e bersaglia i civili. Non solo. Israele si è impadronito di una “zona cuscinetto”. dove ha raso al suolo tutto, che corrisponde secondo Yaakov Garb, docente alla Ben Gurion University, ad almeno il 50 per cento del territorio dell’intera Gaza. L’esercito controlla anche due corridoi militari, quelli di Netzarim a nord e di Philadelphi a sud, e ne sta costruendo un terzo, quello di Morag, sempre a sud. In poche parole occupa e occuperà la Striscia fino a stritolarla in una morsa.
“Pietà l’è morta”, diceva il canto partigiano di Nuto Revelli. Dal viaggio di Netanyahu da Trump abbiamo capito che esiste soltanto una legge: la loro. Quale sia l’accordo che riguarda il rilascio degli ostaggi israeliani non è chiaro ma è evidente che o si accettano le condizioni di Tel Aviv oppure si continua il conflitto, ovvero il tiro al bersaglio sui palestinesi a Gaza e il genocidio.
spiraglio è stata la teleconferenza per chiedere il cessate il fuoco di Macron, in visita anche ieri al Cairo, organizzata con Trump, l’egiziano Al Sisi e il re di Giordania Abdallah II. Ma la risposta venuta da Washington è stata la lode sperticata di Netanyahu al piano di Trump “Gaza Riviera” che prevede la pulizia etnica «volontaria» di migliaia di palestinesi. «Trump è il miglior presidente americano mai avuto da Israele», ha detto il premier: ma è anche colui che sta vendendo agli ebrei e a Israele una pericolosa bugia, come sottolinea un articolo Michael S. Roth sul New York Times, ovvero che la loro difesa passa attraverso un violenza senza freni e contro ogni legge internazionale e democratica.
IN REALTÀ, COME sappiamo, e ne è cosciente una parte consistente della società israeliana, Netanyahu salva prima di tutto se stesso e il suo potere, come ha dimostrato l’inchiesta dello Shin Bet che ha portato all’arresto di due suoi consulenti accusati di avere ricevuto denaro dal Qatar nell’ambito delle operazioni di finanziamento di Hamas. Alla Casa bianca Netanyahu ha fatto la sua passerella internazionale e dettato anche la linea sui dazi: quel 17% di tariffe imposte a Israele da Donald Trump verrà presto eliminata con una negoziazione per arrivare a “tassi zero”.
SI TRATTA di una sceneggiata a uso e consumo di chi sta fuori dall’alleanza suprema Israele-Usa. Dagli anni Cinquanta a oggi Tel Aviv ha ricevuto dagli Stati uniti oltre 260 miliardi di dollari di aiuti militari, soltanto nell’ultimo anno e mezzo hanno superato i 20 miliardi di dollari. Israele, allo stesso tempo, è all’avanguardia nella ricerca scientifico-tecnologica militare, è uno dei maggiori esportatori di armi e, contemporaneamente, uno dei maggiori clienti delle americane Boeing, General Dynamics, Lockheed Martin e RTX (Raytheon Technologies). Tutte queste aziende sono controllate da una struttura finanziaria globale: i fondi d’investimento internazionali noti come le “Big Three”, Vanguard, BlackRock e State Street, in buona parte gli stessi finanziatori di Trump. Il complesso militar-industriale israelo-american utilizza i Territori Occupati palestinesi, ma anche il Libano, la Siria, lo Yemen, l’Iraq, l’Iran, come banco di prova per le armi e le tecnologie di sorveglianza che esporta in tutto il mondo.
NETANYAHU è andato a dire a Trump questo: il complesso militar-industriale israelo-americano non si tocca. Casomai si usa insieme come nel caso di un eventuale conflitto contro l’Iran, la vera ossessione del premier israeliano. Trump ha annunciato l’avvio sabato in Oman di colloqui diretti tra Washington e Teheran sul programma nucleare iraniano, avvertendo che se i colloqui non avranno successo, «sarà un giorno molto brutto per l’Iran». Teheran non può avere un’arma nucleare, ha aggiunto. Dicono che Netanyahu sia stato colto di sorpresa ma è pura finzione: a quel tavolo negoziale è seduto anche Israele. Come a Teheran sanno benissimo.