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di Lorenzo Merlo - 12/08/2024

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Fonte: Lorenzo Merlo

Abbacinati da specchietti e bon bon, ingannati da false promesse ci troviamo ora immersi in un mare di disperazione senza sponde. Per salvarsi ormai è tardi, bisognava giocare d’anticipo. Ne avevamo avuto la possibilità, ma chi poteva e chi avevamo delegato, ha preferito cercare di vincere facile.
Secondo la tradizione vedica, Kali yuga corrisponde all’eone della povertà spirituale. Spostandoci su coordinate di pensiero e gergo filosofico occidentale, ne troviamo corrispondenza con il positivismo, il materialismo, lo scientismo.
Tuttavia, tutte le tradizioni sapienziali del mondo, ognuna a mezzo del proprio gergo, germinano e fioriscono attorno al concetto olistico dell’Uno. Parte e tutto non presentano differenze se non nel famelico ambito quantificatorio scientista, autoreferenziale. Nell’Uno, materia o storia e spirito o eternità, non sono affatto due metà complementari. Sono invece una, quella storica, l’espressione dell’altra, quella universale. Significa che, anche nel buio assoluto, segnato dalla recisione con la nostra origine – radice e culmine materialismo – la luce dello spirito eterno è, in quanto immortale, presente.
I tempi di oggi, simili a un insospettabile, terrifico, incubo, permettono di vedere dove la cultura del razionalismo – intelligenza cognitiva über alles – ci ha condotti e anche dove seguitando a precipitare ci porterà.
La cultura occidentale per eccellenza ha dimenticato, o meglio, gettato via, la ricchezza fornitaci dalla consapevolezza, disponibile a tutti nella sua evidenza, che l’uomo misurabile non ha nulla a che fare con l’uomo incontaminato da superstizioni d’indipendenza e d’onnipotenza. Una dimenticanza che ha comportato la marginalizzazione a irrilevanza della dimensione umana più profonda e necessaria alla storia. Così, tra l’altro, invece di impegnarsi a crescere persone compiute e capaci realizzare nel benessere la propria vita, si è dedicata a coltivare stampini, con la stessa cravatta e gli stessi pensieri. Naturalmente ostracizzando i primi, almeno quelli che sgusciano dalle fitte maglie del sistema, e premiando con bmw, titoli e benefit, i secondi.
Che ora ci si senta smarriti non fa difetto. Nella concezione del mondo di chi è avveduto sul fatto che un uomo senza bussola va necessariamente alla deriva nel mare dell’esistenza, cioè, va a finire nel vuoto di sé. E non è prerogativa di chi condivide l’incubo. Anche le persone con meno disponibilità di osservazione, informazione e studio, avvertono a loro modo che la loro esistenza non solo è peggiorata, ma che non c’è nulla che possa far pensare migliori in futuro.
Nonostante le case piene di oggetti, nonostante la disponibilità diffusa della migliore tecnologia ad uso privato e pubblico, nonostante la gran parte di noi che ancora gode del benessere di superficie, quello del tempo libero e del consumo vizioso, si sta è ormai diffuso il sentimento di non avere più alcun potere contrattuale nei confronti dello stato. L’astensionismo quale primo partito, non è stato di fatto ignorato a caso da chi ci governa per una minoritaria manciata di voti. Precarietà e disoccupazione sono crescenti, l’informazione e la politica sono allineate e in mano ai poteri economici, la sovranità, bene che vada, è una bandiera buona per raccogliere poltrone ma non per altro.
Così, recisi dalla nostra origine, lo siamo anche dal nostro vertice politico, nonostante le voci che ci hanno annunciato tale disastroso epilogo.
E nonostante il teatro di guerra esistenziale sia lapalissiano nel suo bombardarci di menzogne e futilità, il dramma è che qualcuno ne vuole le prove. Senza queste, seguiterà a organizzare i suoi fine settimana e credere in wikipedia e ai giornalacci, come se l’orizzonte politico nazionale e internazionale non destasse preoccupazione particolare, come se, con il suo scientismo, potesse calmare tutte le burrasche.
I cosiddetti catastrofisti, coloro che non vedono terapia possibile per sanare lo stato sociale, ma che auspicano la sua morte al fine della generazione di una nuova epoca, sono forse i più realisti, ottimisti, e con il barlume vitale che gli permette di constatare la disumanità dell’umanità. Ci sono infatti anche loro tra quelli che sanno cosa significa dissanguare un essere vivente dalla sua linfa creativa.
Tutti gli altri, quelli che vanno a votare, quelli dell’Europa Unita, della Nato, della destra e della sinistra, del libero mercato, del buon senso, tutti replicanti di successo della vita imparata ai master discutono e dibattono, guardano la tv e leggono i giornali e senza timore ritengono che il nostro sia “il miglior sistema del mondo sebbene abbia bisogno di correzioni”. Parole di balsonati economisti e professori.
Parole che si generano e fluttuano nella kali yuga, una specie di corrente che ci trascina, obbligandoci a pensieri e azioni adatti alla sopravvivenza. Entri in acqua davanti all’ombrellone e torni a terra cento metri più in là. Significa che buttarsi a partecipare a vario titolo alla miglior gestione sociale, comporta entrare nella kermesse con le più pure intenzioni e ritrovarsi ad averle perse, dimenticate, cambiate, allineate alla corrente, appunto. Non la si può contrastare, la sua forza è superiore alla nostra. È come una notte, solo l’accondiscendenza, l’accettazione e l’attesa permettono di accorciarla.
Affinché la degenerazione non accada ci vuole anticipo, cioè consapevolezza d’insieme. Bisogna entrare in acqua cento metri a monte del flusso, se ne si vuole uscire al nostro ombrellone, sotto il quale giocano serene le nostre idee di bellezza, che, nonostante tutto, resta un comportamento riservato a pochi.
Eppure non erano i molti, la vera maggioranza, che in tweed, clarks, giornalaccio e grandi intenzioni si alzavano ad applaudire Giorgio Gaber. Uno dei tanti nella storia ad averci fatto presente dove ci stava portando la corrente.

Note
https://www.youtube.com/watch?v=S3Fn7C7awqw
https://www.youtube.com/watch?v=EGe-IRNVRMg
https://www.youtube.com/watch?v=3iccz42Yfxs