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Gianni Vattimo e l'eredità postmoderna

di Umberto Bianchi - 04/11/2023

Gianni Vattimo e l'eredità postmoderna

Fonte: Umberto Bianchi

Alcuni anni fa, andai a sentire una conferenza di Gianni Vattimo al centro sociale
“Angelo Mai”, in Roma, zona Rione Monti. Dopo aver attentamente ascoltato
quanto il filosofo stava dicendo, al termine della sua conferenza, gli domandai
come, in una situazione quale quella ingenerata dall’irrefrenabile espansione del
pensiero tecno economico, fosse, secondo lui, possibile addivenire ad una sintesi
di pensiero che, unendo Essere e Divenire, avrebbe rappresentato l’unica via
d’uscita alternativa a quello. Bene. La risposta di Vattimo fu che, cio& che al meglio
rappresentava quanto da me proposto, stava nel pensiero di Nietzsche,
aggiungendo poi che, tutto questo non avrebbe dovuto assolutamente ricadere
nell’errore della metafisica.
La recente scomparsa di Gianni Vattimo, e& qui a riproporci tutta una serie di
domande sull’attualita& e sulle possibili interpretazioni, non solo del suo
pensiero, ma anche di tutta una corrente che , in un modo o nell’altro, si e& fatta
portavoce attiva di un certo modo di intendere la nostra epoca che, puo& ben
essere definito dal concetto di Post Modernita&. Vattimo e&, anzitutto stato allievo
di quel Luigi Pareyson, grande filosofo di area cattolica, ma irresolunilmente
vicino all’esistenzialismo attivo di Heidegger e Jaspers a cui guarda con profondo
interesse, accentuandone pero& il lato “ermeneutico”, incentrato
sull’interpretazione soggettiva della realta& (e pertanto dell’Essere, sic!). Sulla
falsariga di Pareyson, sara& anche il pensiero ermeneutico di quell’Hans George
Gadamer, da Vattimo personalmente conosciuto in Germania e, sempre da
questi, portato alla conoscenza del grande pubblico italiano.
Il motivo su cui si muove molta parte del pensiero filosofico a cavallo degli anni
’50 del secolo passato, sino agli inizi del nuovo millennio, sta nella
considerazione dell’inanita& e dell’inconsistenza ontologica di qualunque forma di
pensiero “forte”, assiomatico, dinanzi all’impetuoso avanzare della Modernita&.
Motivo questo che, precedentemente rappresentato dall’esistenzialismo di
Heidegger e che, in Nietzsche aveva avuto un precursore, e& anche parte di tutta
una tradizione del pensiero occidentale, dall’Illuminismo in poi, improntata su
quella che noi possiamo definire “demolizione” della metafisica. Un processo
questo che, di fronte allo scenario degli ultimi settant’ anni assume una valenza
ed una urgenza ancor piu& stringenti, arrivando a porre delle domande ed a
prospettare scenari del tutto differenti dai precedenti.
Le grandi narrazioni ideologiche e le soluzioni precostituite, animate da uno
spirito unilaterale vanno sempre piu& mostrando la propria incapacita& a dare
risposte alle continue sollecitazioni offerte dall’inesorabile onnipervadenza della
sintesi Tecno Economica, in tutti i possibili ambiti della nostra esistenza. Se
quella della Modernita& rappresenta una fase di sviluppo della civilta& occidentale,
all’insegna di una serie di ben definiti parametri ideologici, la Post Modernita& ne
rappresenta una successiva all’insegna della piu& totale incertezza, essendo la
civilta& occidentale arrivata ad un vero e proprio bivio “ontologico”, tra la
prospettiva di un totale e deleterio appiattimento ai parametri della Tecno
Economia, con il globale deterioramento delle condizioni socio economiche,
sanitarie ed ambientali dell’intero genere umano o il globale miglioramento
qualitativo delle condizioni di vita di quest’ultimo, grazie anche al supporto di
una Techne al servizio dell’uomo. Di fronte a questo dilemma, studiosi come
Vattimo, ci parlano di un pensiero “debole”, in grado di adeguare e plasmare se5
stesso su quella che, del singolo e& l’ “interpretatio” che della circostante realta&
vien data, rifuggendo pertanto da qualsiasi gabbia ideologica o metafisica, che ne
vanificherebbero l’azione. Una forma di relativismo questo, condiviso anche da
altri pensatori contemporanei, quali Gilles Deleuze e Felix Guattari, ma anche
Jacques Derrida, Michel Foucault e Jacques Lacan.
Deleuze, in particolare, con Guattari, opera una feroce dissezione della
psicanalisi, accusandola di rappresentare una forma di pensiero assiomatico,
traducentesi in una prassi al servizio del capitalismo. Deleuze, inoltre, sara& il
primo autore, nel dopoguerra, ad operare la riscoperta di un pensatore come
Nietzsche, sino a quel momento demonizzato a causa delle sue connessioni
ideologiche con l’esperienza del Nazismo. In Nietsche, Deleuze vede la possibilita&
di un’apertura ad una realta& non piu& intesa ed interpretata in un solo senso ma,
attraverso mille, differenti piani percettivi. Il che, lascia aperta la possibilita&
all’individuo di poter intendere e plasmare la realta& a proprio piacimento,
arrivando a superare i propri umani limiti, pervenendo, in tal modo, a quella
condizione di “super-uomo”, deleuzianamente “oltre-uomo”, tanto bene da
Nietsche, descritta e preconizzata.
Si accusa sovente il “pensiero debole”, con la propria forte carica di
individualismo, di costituire la rappresentazione ideologica ed il portabandiera
di tutte quelle che, di questa fase epocale, rappresentano le tare e le cedevolezze,
una specie di manifesto programmatico della “decadence” d’Occidente. Se questo
puo& esser vero da un lato, dall’altro va considerato un risvolto del tutto inedito
ed inaspettato, rispetto a quel che comunemente si potrebbe pensare. Quella che
Vattimo e Deleuze ci vanno prospettando, e& un’apertura a 360° ad una realta& che,
non piu& intesa in un senso monolitico, puo& divenir soggetta ad un qualsivoglia
parametro interpretativo. E tutto questo, oltre a divenire una maniera per
evitare di finire avvolti nelle spire del pensiero Tecno Economico, fa sì& che si che
l’Occidente possa adottare forme di pensiero “altre” rispetto a quelle
rappresentate dagli usuali parametri ideologici.
La resa delle narrazioni ideologiche novecentesche ed il fenomeno del riflusso,
hanno portato ad una vera e propria riscoperta della sfera dell’irrazionale che,
ha avuto i propri prodromi con certa confusionaria ”New Age”, oramai superata
da altri e piu& rilevanti fenomeni di massiva diffusione da ambiti di pensiero tali
(basti solo pensare alla riscoperta dell’interesse per tutte quelle dottrine a forte
carattere iniziatico e magico...), da poter parlare di un riaffacciarsi di quell’
“Idealismo Magico” di cui il Novalis (ed altri...sic!) fu l’acuto precursore, in
un’epoca in cui si andavano, invece, prepotentemente affacciando sul proscenio
occidentale, le principali narrazioni materialiste ed economiciste.
E proprio la costitutiva “bipolarita&” dell’Occidente, sempre in bilico tra razionale
ed irrazionale, tra narrazioni materialiste e slanci verso l’Assoluto, fenomeno
questo, unico nella storia delle civilta&, proprio questa, dicevamo, sara& il “quid”
che salvera& il mondo da quella catastrofe rappresentata dal Globalismo e da tutte
le sue ricadute. E pertanto, nel caso dei pensatori post moderni, alla Vattimo o
alla Deleuze, non mi pare proprio sia il caso di parlare di “pensiero debole”,
quanto piu& appropriatamente di “pensiero elastico”, in grado di adattarsi e
contrapporsi alle spire del pensiero unico, ritornando a far girare il Samsara
della Storia. Forse qualcuno obiettera& che, probabilmente non era questo che i
Vattimo, i Deleuze o i Derrida intendevano.
Non importa. L’enunciazione di un Pensiero, e& un qualcosa che si fa vera e
propria forza autonoma, esotericamente parlando “Eggregora”, che va
procedendo verso conclusioni che, neanche i propri creatori potevano
minimamente immaginare. E’ quella che, filosoficamente, potremmo definire
quale “eterogenesi dei fini”, della quale l’ ermeneutica filosofica rappresenta una
delle piu& pregnanti espressioni. E questo, con buona pace di tutti i superficiali
cantori di quel pensiero “mainstream” oggi tanto in voga, ma anche tanto in crisi.
UMBERTO BIANCHI
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
G. VATTIMO: Le avventure della differenza, Garzanti, Milano,1980
Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano,1983(a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti)
G.DELEUZE: Nietzsche e la filosofia (1962), tr. Salvatore Tessinari, Colportage, Firenze
1978 e tr. Fabio Polidori, Feltrinelli, Milano 1992; poi Einaudi, Torino 2002
L'Anti-Edipo (1972), volume I di Capitalismo e schizofrenia, tr.Alessandro Fontana,
Einaudi, Torino 1975
D’AGOSTINI: Breve Storia della filosofia del Novecento-Einaudi
M. FOUCAULT: L'archeologia del sapere (1969), trad. Giovanni Bogliolo, Rizzoli, Milano 1971.