Giustizia riformata? Adattata alle multinazionali
di Marco Della Luna - 23/06/2022
Fonte: Italicum
I cinque referendum per la riforma della giustizia non hanno raccolto un grande consenso dei votanti ma l’indifferenza dell’80% dell’elettorato. La palla della riforma è tornata ai politici.
Nonostante molte riforme già fatte negli scorsi decenni, ciascuna con grande enfasi, la giustizia italiana rimane da Africa nera a causa dell’inveterata prassi e mentalità del potere in Italia. Il caso Palamara, nei suoi versanti letterario e giudiziario, ha mostrato anche a chi non è del mestiere come la magistratura è caratterizzata da gruppi di controllo massonici, da partecipazione a comitati di affari, da partigianeria politica ed ideologica spesso apertamente dichiarata soprattutto dai magistrati sedicenti democratici, e in ogni caso accettata all’interno della categoria come un dato di fatto stabilizzato. Ovvero la categoria accetta che non si applica il principio della neutralità e terzietà dei magistrati. Ossia che è di parte, che è finta. E Mattarella non ha sciolto il CSM quando doveva farlo per contrastare quel cosiffatto sistema.
Quand’anche la maggioranza dei magistrati non condivida questa mentalità e prassi in modo attivo, in ogni caso la subisce, perché i magistrati corretti, non partigiani e non massoni, proprio per questo non raccolgono e concentrano potere sugli altri magistrati, mentre i magistrati scorretti e massonici, ammanicati con la politica e gli affari, lo raccolgono e lo concentrano, quindi finiscono automaticamente per comandare su quelli ‘sani’, come abbiamo potuto verificare. Nessuna possibile riforma potrebbe migliorare le cose e risanare la giustizia, appunto perché si tratta di una mentalità e di una prassi divenuta habitus generale. La magistratura è irriformabile, proprio come l’Unione Europea.
E allora, una volta posto ed acquisito che non è oggettivamente possibile avere una giustizia più giusta, che tipo di riforma possiamo fare, a che cosa possiamo puntare per soddisfare i requisiti posti dall’Unione Europea per darci i soldi del cosiddetto PNRR?
Ebbene, possiamo riformare puntando non all’impossibile risanamento della giustizia, ma a una sua maggiore efficacia e rapidità nel decidere e chiudere le controversie sul modello della instant lottery. Ossia, data l’impossibilità di avere una giustizia giusta, possiamo puntare ad avere una giustizia veloce, sbrigativa. E questo è ciò che hanno fatto le riforme dal 2012 in poi, col diminuire le possibilità di controllo sulle sentenze in sede di appello e di cassazione, in modo da consentire più arbitrio e più rapidità ai giudici di merito, di dare più definitività alle sentenze di primo grado, giuste o ingiuste che siano. Nelle ultime riforme, in questo senso, addirittura si consente al giudice civile di merito di procedere come meglio crede, cioè liberandosi dalle pastoie poste delle regole di garanzia processuale anche in fatto di prove. Sempre in questo senso, si parla di abolire l’appello civile. Tutto ciò faciliterà e allargherà il mercato delle sentenze.
Insomma, realisticamente, si punta ad avere una giustizia spiccia, probabilmente ancor più ingiusta, però rapida, con forti penali per chi perde, in modo da scoraggiare il ricorso alla giustizia dei non ricchi, perché chi sa di non avere avvocati e amici idonei, spesso si asterrà, prevedendo di aver già perso e che sarà condannato a somme enormi, anche se ritiene di avere buone ragioni. E’ una giustizia riformata per i grandi capitali, per le multinazionali che devono rilevare i settori economici in cui tasse, crisi e lockdown hanno fatto strage di piccole imprese nazionali, e che perciò faranno grandi investimenti, sicché hanno bisogno di sentirsi sicuri nelle aule di giustizia.
La recentissima assoluzione in massa di tutti gli imputati dello scandalo MPS e dello scandalo banca Etruria è un valido segnale di rassicurazione per i grandi capitali di rapina, una riforma che dimostra che siamo già su questa buona strada. Che sappiamo stare al nostro posto in Europa.