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Gli eurofanatici sono i primi nemici dell’Europa

di Marcello Veneziani - 22/03/2025

Gli eurofanatici sono i primi nemici dell’Europa

Fonte: Marcello Veneziani

Ma davvero davanti all’Europa che va alla guerra mentre Russia, Ucraina e Usa stanno trattando la pace, svenandosi con una cifra pazzesca e un’impresa velleitaria, il problema del nostro paese è il giudizio storico sul manifesto di Ventotene? Sarebbe stato un tema significativo sul piano storico e politico, affrontare in un convegno questo mito, questo dogma di Ventotene; ma farlo davanti a una questione così grossa, grave, cocente mi sembra per metà una follia ideologica e per metà una diversione furba. Tacere del nuovo massacro di Gaza con oltre 400 morti, e dividersi, strillando e accapigliandosi, su Spinelli e compagni, mi sembra un’ulteriore ipocrisia.
E affidare a Roberto Benigni, che è la continuazione di Mattarella con altri mezzi, il compito di adorare i Re Magi di Ventotene e sperticarsi a dire che l’Unione Europea, che sta affondando nel tragico e nel grottesco, sia la costruzione più importante degli ultimi cinquemila anni, è la dimostrazione che non ci sono più confini tra la verità e la comicità, la storia e il ridicolo. Significa offendere una civiltà millenaria, confondendo Carlo Magno con Romano Prodi; la civiltà greca, romana e cristiana con la von Der Leyen e la sua pessima comitiva armata fino ai denti. Peraltro, se qualcosa di europeo c’è stato nel dopoguerra lo dobbiamo soprattutto a statisti d’ispirazione cristiana, più che a euro-giacobini e social-comunisti.
Come avrete capito, mi riconosco appieno nella civiltà europea, ammiro la sua storia millenaria, so distinguere tra la grande storia e i titoli di coda in appendice. E verso Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nutro il rispetto verso tre uomini coerenti che patirono il confine per le loro idee. Ma quelle idee non sono le mie, e non portarono bene all’Europa. E non solo per i passaggi che la Meloni ha evidenziato, circa la necessità di una dittatura pedagogica delle élite sull’Europa e un furore socialista aggravato da un orizzonte individualista. Quell’utopia fu la stessa di Piero Gobetti, e poi del Partito d’azione, che sognavano un mondo liberale e socialista, pensavano anche loro a una dittatura pedagogica, profondamente anticattolica e sostanzialmente atea e neo-illuminista e ritenevano con Gobetti che perfino i soviet, la rivoluzione bolscevica, fossero un esempio di rivoluzione liberale.
Ora, capisco che si possa avere un’altra idea dell’Europa e della politica ma ritenere che quella sia l’unica idea giusta dell’Europa, che quel Manifesto sia un dogma e una verità di fede che non si può discutere se non a patto di essere blasfemi e dissacratori, a me pare una follia e un esercizio di cecità.
Allora lasciamo da parte gli estremisti e i fanatici, i giacobini europei e anche i sanfedisti, e proviamo a ragionare in tema di Europa. C’erano due modi per fare l’Europa. Uno è quello di integrare le nazioni europee in un progetto confederale e condiviso; quello, per intenderci che De Gaulle definì l’Europa delle patrie. L’altro è quello di disintegrare le nazioni in un progetto utopistico e velleitario, in cui l’Europa è solo il gradino per una specie di Internazionale socialista e libertario ritenendo che non i nazionalismi ma le nazioni, le patrie, fossero un male da sradicare.
La prima Europa discende dalla sua storia e dalla sua civiltà, proviene dalla grecità, dalla romanità e dalla cristianità, riconosce la sovranità degli stati e l’identità delle nazioni, e cerca di trovare un terreno comune solido e vero per far sorgere non contro ma sopra le nazioni, una realtà sovraordinata chiamata Europa. La seconda Europa ritiene invece di essere figlia del cosmopolitismo dei Lumi e della guerra di liberazione dalle religioni e dalle tradizioni, dalle patrie e dalle sovranità nazionali, nel nome di un progressismo radicale, individualista per quel che concerne il suo “liberalismo” e socialista per quel che riguarda il suo “egualitarismo”. Il motore e il riferimento dei primi è l’Europa dei popoli, quello dei secondi è l’Europa delle oligarchie illuminate, le minoranze che detengono la verità.
L’Unione europea non ha un progetto e un disegno, ma la sua prassi come la sua ideologia inclina più verso la seconda concezione dell’Europa: è un caso che quest’Europa ogni giorno mostra il suo fallimento, la sua lontananza dalla realtà e dai popoli, la sua espressione tecnocratica e finanziaria, giustificata ideologicamente da quell’inclinazione verso il politically correct e l’ipocrisia di un pacifismo umanitario che poi si schiera per la guerra e per il riarmo, anche perché si tratta di far arrivare soldi agli utilizzatori finali.
Insomma, la disputa non è tra nazionalisti ed europeisti, tra oscurantismi e umanitari, ma tra due diverse idee dell’Europa; poi ai bordi ci sono da una parte i nazionalisti e dall’altra l’ultrasinistra radicale e internazionalista. Ma se provi a fare un ragionamento del genere ti impediscono di farlo, sei solo un nemico di Ventotene, dunque un nazifascista, un antieuropeista, un reazionario. E così si va avanti giorno dopo giorno, anno dopo anno, eurofallimento dopo eurofallimento.