Golpismo atlantista contro il Popolo georgiano
di Pino Cabras - 02/12/2024
Fonte: Pino Cabras
Nella porzione di video che qui potete vedere, assistiamo ai metodi usati dalle forze di protesta in piazza a Tblisi, la capitale della Georgia. Immaginate a Roma o in una qualsiasi capitale europea come reagirebbe la polizia di fronte a “manifestanti” che si muovessero in assetto militare, che attaccassero il parlamento con armi incendiarie e aggredissero i poliziotti con lanci incessanti di fuochi d’artificio. Nessuno stato al mondo accetterebbe una sedizione di questo tipo che attentasse direttamente al nucleo istituzionale dello Stato. Accetto scommesse.
Questi gruppi sediziosi sono forse espressione della maggioranza del popolo georgiano e hanno una qualche giustificazione rispetto a eventuali abusi del governo in relazione all’esito delle recenti elezioni parlamentari? In nessun modo. Questi gruppi violenti non sono “il popolo”. Il partito al governo ha stravinto elezioni regolari sulle quali nessun osservatore internazionale istituzionalmente abilitato ha sollevato obiezioni e sulle quali non sono state portate convincenti prove di brogli. Ci sono solo le parole incendiarie della presidente in scadenza, Salomé Zourabichvili, ex ambasciatrice della Francia, che non riconosce il risultato elettorale e va in mezzo ai rivoltosi all’assalto del parlamento. A casa mia si chiama golpismo. A Bruxelles e Washington si sfregano le mani per quanto sono obbedienti certe marionette.
Una netta maggioranza del popolo della Georgia ha premiato il partito “Sogno georgiano” su un solo punto essenziale che possiamo parafrasare in questi termini: «la Georgia non vuole in nessun modo ripetere il destino dell’Ucraina. Noi che pure a lungo avevamo pensato di entrare nell’Unione europea, non intendiamo più farlo ora che la UE è diventata un’entità che ci userebbe per creare una guerra civile in seno alla nostra nazione e userebbe le risorse dello Stato per trasformarci in un paese in guerra con la Federazione russa e dunque in un bersaglio esposto a un conflitto catastrofico».
Il popolo georgiano l’ha capito benissimo, così come aveva capito altrettanto bene una scelta del parlamento di qualche mese fa: una limitazione imposta alle organizzazioni non governative che percepiscono fondi dall’estero per evitare pesanti interferenze straniere. Questa è una storia particolarmente interessante: si tratta di un limite estremamente più blando rispetto a quello che vige in abito UE nei confronti di finanziamenti esteri che entrino nell’associazionismo politico locale. Ripeto: in Georgia sono molto più laschi rispetto alle percentuali di finanziamenti esteri invece tollerate in Europa (e anche negli USA), visto che a Tblisi si pone un tetto del 25 per cento. Per molto meno, spesso perfino sul nulla, il Parlamento Europeo conduce una caccia alle streghe su presunte interferenze esterne (leggi: russe). Vedremo, con sorpresa, quali sono le personalità che scatenano queste campagne maccartiste. Eppure - ci credereste?- la legge georgiana è stata ribattezzata dalle istituzioni UE, dagli USA e dai loro inservienti nei media come “legge russa” e trattata come un procedimento liberticida che meriterà future sanzioni.
Il punto è che l’enorme flusso di denaro occidentale stipendia una marea di persone del blocco russofobo, quasi uno stato nello stato, una società nella società: le loro carriere (alcune fulgide), i loro mutui, il loro buon tenore di vita, le loro lisce parabole esistenziali sono totalmente dipendenti dal flusso di denaro che arriva da Ovest all’unico scopo di usare la Georgia come un cuneo geopolitico in contrasto incomponibile con la confinante Russia. Alcuni dirigenti georgiani sono praticamente intercambiabili nello spazio post-sovietico: l’ex presidente Mikheil Saakashvili, dopo aver lasciato la carica nel 2013, nel 2015 assunse la cittadinanza ucraina per fare il governatore della regione di Odessa. La ex viceministra dell’interno, Eka Guladze, dopo Maidan svolse lo stesso incarico nel governo dell’Ucraina (già pieno di passaporti occidentali) e poi ritornò in Georgia. Guladze era sposata con Raphael Glucksmann, cittadino francese (figlio del filosofo turbo-atlantista e filosionista André Glucksmann), anche lui con incarichi governativi in Georgia negli anni di Saakashvili, dal 2019 deputato al Parlamento Europeo, dove dal 2020 presiede nientemeno che la «Commissione speciale sull'interferenza straniera in tutti i processi democratici nell'Unione Europea», il braccio armato del maccartismo russofobo della vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. Orwell da qualche parte dell’Universo ride ancora, davanti a personaggi così troppo aderenti ai suoi romanzi.
Riepilogando: c’è una sorta di “Internazionale russofoba” interamente nelle mani delle istituzioni atlantiste che ha il controllo diretto delle carriere di politici e dirigenti che devono tutto a questo sistema e devono dimostrarsi pronti a obbedire ciecamente ai loro padroni, fino al sacrificio dei popoli presso i quali esercitano una funzione dirigente, appoggiati da risorse immense e da un potente retroterra logistico e mediatico che li sostiene. Non sono aperti a nessun compromesso con chi non sia disposto a essere un mero vassallo dei nuovi signori della guerra occidentali, al punto da intervenire contro ogni convenienza, ogni ragione, ogni parametro (pure proclamato con toni estremi) di gioco democratico regolare. L’interruzione del rubinetto del denaro per loro non è accettabile. Se pure perdono malissimo le elezioni, devono andarsene quelli che le hanno vinte. Se c’è da usare la violenza, la usano massicciamente ma accusano gli altri di essere violenti, tanto trovano una Kaja Kallas (alto commissario della politica estera UE), che tuona contro il governo georgiano, o un Glucksmann che proclama che «saremo al loro fianco, fino al trionfo della democrazia». Insomma, il manuale di EuroMaidan del 2014 attuato ancora una volta sul campo, con tanti soldatini dello Zio Sam pronti a scattare con riflesso pavloviano.
Il primo ministro e leader di “Sogno georgiano”, Irakli Kobakhidze spiega molto bene la sua posizione agli esponenti UE che non trovano di meglio che minacciare sanzioni alla Georgia se non vuole aderire alla UE, e la spiega anche alla presidente Zourabichvili, la quale non vuole lasciare l’incarico alla scadenza. Riporto tutte le sue parole perché è davvero raro assistere a posizioni così nette, segno di una cesura storica importante:
«Alla signora Salomé Zourabichvili restano quattro venerdì. Non riesce ad abituarsi, capisco il suo stato emotivo. Ma il 29 Dicembre dovrà lasciare la sua residenza e consegnare questo edificio al presidente legalmente eletto dal legittimo parlamento della Georgia.
Permettetemi di ricordarvi che Salomé Zourabichvili ha perso le elezioni del 26 Ottobre. Ha fatto una campagna per la vittoria dell'opposizione radicale alle elezioni del 26 Ottobre, pensando che ciò le avrebbe garantito il mantenimento della carica, ma ha perso molto pesantemente le elezioni.
Alcune persone, incluso l'ambasciatore dell'UE, ci hanno detto che riconosceranno la Georgia solo se assassini, carnefici, mafiosi, criminali economici e persone che hanno iniziato la guerra nel 2008 torneranno al potere.
Questa è una posizione offensiva per noi: quando ti viene posto un ultimatum in cui ti dicono che o tornano i criminali pagati all'occidente, oppure la Georgia non ha valore.
Questo, ovviamente, non è un atteggiamento corretto e salutare nei confronti del nostro Paese e consideriamo l’attacco all’OSCE (che ha trovato regolari le elezioni, ndr) come una continuazione di questo ricatto.
Tutti devono fare i conti con il fatto che in Georgia si sono svolte elezioni democratiche, che nel paese esiste un governo democratico, che il processo di formazione del parlamento e del governo è stato completato e che presto sarà eletto il presidente della Georgia che non sarà un burattino che prende ordini dall'occidente.
Chiunque rispetti il principio della democrazia deve accettare la volontà del popolo georgiano».
La lezione della terrificante catastrofe ucraina, creata con mano implacabile dalle élite occidentali in un lavorio durato decenni e culminata con l’ascesa del regime post-Maidan del 2014, è stata appresa molto bene. Abbiamo l’impressione che anche se Soros aumentasse la pressione di pompaggio per tenere in piedi la baracca e anche se Picierno e Glucksmann urlassero più forte al lupo al lupo (anzi, all’orso all’orso, russo ça va sans dire), sarebbero comunque tutti sconfitti da chi ha preso la pace come scelta politica primaria.