Harris, la mano occulta dei neoconservatori
di Jeffrey Sachs - 10/09/2024
Fonte: Il Fatto Quotidiano
L’endorsement di Cheney - “È indizio di continuità: riflette il ruolo chiave dello Stato di sicurezza americano (Deep State) in politica estera”
La notizia potrebbe sorprendere, Dick Cheney, vicepresidente di George Bush jr., uno dei teorici neocon fa il suo endorsement a Khamala Harris, nonostante la propria storia repubblicana. Un passaggio di campo che è una dichiarazione di continuità, come sostiene in questa intervista al Fatto il professor Jeffrey Sachs, docente alla Columbia University dove dirige il Centro per lo sviluppo sostenibile.
Cosa significa questo appoggio di Cheney a Harris?
Significa che Harris fa parte della politica estera neocon che domina la politica statunitense dal 1992. La continuità riflette il ruolo chiave dello Stato di sicurezza degli Stati Uniti (meglio conosciuto come Deep state), che comprende il Pentagono, la Cia, il Dipartimento di Stato e altre agenzie di sicurezza e di intelligence statunitensi (e degli alleati all’estero) nel guidare la politica estera degli Stati Uniti.
Che ruolo ha avuto Cheney nella politica Usa?
Nel 1992, Cheney era il Segretario alla Difesa di George Bush Sr., e lui e il suo vice Paul Wolfowitz hanno avviato gli Stati Uniti sulla strada del neoconservatorismo. Quando Clinton entrò in carica l’anno successivo, la sua amministrazione continuò la politica neocon e nel 1994 decise il futuro corso dell’espansione della Nato, compreso l’obiettivo di includervi l’Ucraina negli anni 2000. È stato questo allargamento della Nato, così come la spinta per l’inclusione dell’Ucraina, che alla fine ha portato alla guerra d’Ucraina.
In che modo si è espressa questa continuità?
Si consideri il ruolo di leader neocon di Victoria Nuland negli ultimi 30 anni. Durante l’amministrazione Clinton, Nuland era un alto funzionario del Dipartimento di Stato per gli affari russi. Quando Cheney è diventato vicepresidente nel 2001, Nuland è diventata il suo viceconsigliere per la sicurezza nazionale. Nel 2005-08 è stata ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Nato per Bush-Cheney, guidando la spinta degli Usa all’allargamento all’Ucraina e alla Georgia. Nell’amministrazione Obama, Nuland è diventata portavoce del Dipartimento di Stato guidato da Hillary Clinton, per poi diventare assistente del Segretario di Stato per gli Affari europei. Nel 2014 è stata la persona di riferimento degli Stati Uniti per il colpo di Stato di Maidan che ha rovesciato violentemente il presidente ucraino Yanukovych. Durante l’amministrazione Biden-Harris, Nuland è stata sottosegretario di Stato e ha svolto un ruolo di primo piano nella supervisione della guerra della Nato in Ucraina e nella distruzione del gasdotto Nord Stream.
Il punto è che dal 1992 c’è stata una continuità molto profonda nella politica estera degli Stati Uniti, finalizzata all’egemonia statunitense. I partiti non hanno fatto la differenza. Clinton, Bush, Obama e Biden hanno tutti avuto Nuland e il neoconservatorismo in prima linea. Si noti inoltre che il marito della Nuland è Robert Kagan, anch’egli uno dei principali sostenitori pubblici dell’egemonia globale in America, cofondatore del progetto per un Nuovo secolo americano, che chiedeva agli Usa di essere poliziotto del mondo.
Quali sono le differenze tra Trump e Harris sulla politica estera?
Non lo sappiamo, perché lo Stato di sicurezza degli Stati Uniti è stato il principale motore della politica estera americana per decenni.
Lei pensa che Trump sia un fascista?
Trump è un immobiliarista corrotto di New York City che è diventato presidente. Ama la ricchezza, il potere, la fama e il golf. Sembra – e spero proprio che sia vero – che ami la ricchezza e il golf più della guerra. Con Trump, che è arrivato alla presidenza sapendo molto poco di politica estera, molto dipende dai suoi consiglieri. Ha scelto alcune persone davvero terribili, come John Bolton, che possono portare al disastro. Bolton si è persino vantato di aver ingannato Trump su alcune decisioni. Quindi, se Trump sarà eletto, molto dipenderà dai suoi consiglieri. Vedremo.
Cosa potrebbe succedere in Ucraina nell’alternativa tra Trump o Harris per la presidenza?
La situazione è terribile per l’Ucraina, con forse 600.000 ucraini già morti e perdite quotidiane massicce sul campo di battaglia. Qualsiasi vero amico dell’Ucraina sa che la guerra deve finire al più presto al tavolo dei negoziati. La chiave è che gli Stati Uniti o l’Europa dicano inequivocabilmente che la Nato non si allargherà all’Ucraina. Lo “Stato profondo” degli Stati Uniti ha voluto combattere fino all’ultimo ucraino, naturalmente non perché gli importi qualcosa dell’Ucraina, ma perché vuole indebolire la Russia e vuole davvero avere basi militari statunitensi in Ucraina, in Georgia e ovunque gli Stati Uniti vogliano. L’Europa è stata al gioco, in modo abbastanza pietoso, contro i suoi stessi interessi economici e di sicurezza. I leader europei sapevano, e probabilmente sanno anche oggi, che la politica statunitense di allargamento della Nato all’Ucraina è una politica assolutamente sconsiderata di guerra perpetua. La questione, quindi, è se Trump o Harris porranno alla fine della guerra quando il complesso militar-industriale vuole che continui, o se riconoscerà finalmente la verità che la guerra perpetua non è nell’interesse degli Stati Uniti, anche se arricchisce gli appaltatori militari. Un’altra possibilità è che Orban, Fico, Meloni e altri dicano la verità ai loro cittadini e agli Stati Uniti: la guerra e la politica di allargamento della Nato all’Ucraina devono finire.
a cura di Salvatore Cannavò