Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / I guardiani delle Élite

I guardiani delle Élite

di Antonio Terrenzio - 24/03/2025

I guardiani delle Élite

Fonte: Antonio Terrenzio

Con la pagliacciata progressista di Piazza del popolo, la sinistra scende in piazza per il riarmo Europeo. Il solito parterre di conformisti, lecchini dei poteri forti, intellettuali mancati o bolliti, più i Jovanotti e gli artisti prezzolati che tifano per una pace possibile solo preparando la guerra contro la Russia. Serra e Augias che parlano di "Europa impigrita", di un continente abituato alla pace. Si svegliano adesso, mentre quando la Serbia veniva bombardata tutto procedeva come da copione atlantista. Col cambio di amministrazione americana, questi menestrelli di regime, filoamericani per vocazione fino al giorno prima, si riscoprono "patrioti" e parlano di necessità di essere indipendenti dagli Usa. La loro è una ipocrisia solo di facciata che nasconde una perfetta continuità di intenti col Deep State EuroDem. Nella farsa senza ritegno degli Euroinomani, Vecchioni rovescia i paradigmi ideologici manco fosse Dominique Venner, quando parla di Europa culla della storia e della civiltà, da Shakespeare a Cervantes, chiamata a dare una prova della sua esistenza; l'ora fatidica di Mussoliniana memoria, ed in questo delirio di ottuagenaria impotenza, l'armata brancalaone di questi intellettuali impostori, dimentica che Mussolini e Marinetti in guerra ci andavano... Il Fascismo è stato definito dagli storici, anche "Regime dei giornalisti", ed è sorprendente come la canaglia di tali guardiani delle Élite, risulti più facinorosa nello spingere alla guerra più dei Meloni, in cerca di mediazione nella risoluzione del conflitto ucraino. Nel mezzo flop della manifestazione a sostegno militare all'Ucraina, erano tutti progressisti legati a testate come La Repubblica e La Stampa e agli interessi industriali degli Elkan, i veri beneficiari e sponsor della corsa agli armamenti. La parabola degli ex sessantottini si conclude in maniera tragicomica, dal pacifismo al bellicismo intransigente fino all'ultimo ucraino, anzi fino all'ultimo Europeo, dato che la questione non riguarda loro, che sono tutti ultraottantenni.

La foglia di fico ideologica della sinistra eroinomane è Il Manifesto di Ventotene, un documento mediocre e marginale assurto a Bibbia laica della borghesia liberal-progressista italiana. Un manifesto redatto nel '41 da Rossi e Spinelli, di impronta azionista e giacobina con l'obiettivo prefissato di abbattere gli Stati Nazionali per giungere agli Stati Uniti d'Europa. Un progetto oligarchico con un impianto ideologico social-liberale, dove si parla espressamente di "popolo immaturo", che deve essere educato in un "mercato comune" e dove gli individui si trasformino in "piccoli proprietari" da poter poter espropriare all'occorrenza. Uno spazio comune dove la democrazia è sospesa, in vista dell'obiettivo ultimo che più che la pace pare essere un continente "pacificato" di Kantiana memoria. I redattori del Manifesto desideravano una società pacificata, come ricorda Alessio Mannino, dove il conflitto sociale fosse completamente neutralizzato. Seppur redatto da membri del PCI, il Manifesto non prefigurava affatto il paradiso dei lavoratori, ma il sogno bagnato delle oligarchie neoliberali, ovvero il dominio di una minoranza tecnocratica su popoli desovranizzati e spogliati di qualsiasi identità storica e culturale. La sinistra che si straccia le vesti o in preda a crisi di pianto in Parlamento, se la Meloni si limita a sbattere in faccia la natura eversiva del documento, è un ircocervo neoliberista, più papista del Papa, e che senza più uno straccio di ideale, usa questo manifesto per darsi una patina ideologica ed una maschera di identità.
A concludere l'audizione dei cantori del sistema, non poteva che mancare il giullare per antonomasia del potere. Quel Roberto Benigni che dalla "Costituzione più bella del mondo" è passato al "Continente centro del mondo", anzi all'Unione Europea, faro di civiltà, cultura, pace e democrazia. Un guitto che mentre fa la sua elegia di accompagnamento al discorso di Draghi sul riarmamento, è spento, retorico e banale fino alla noia e che per ripetere le sue giullaresche banalità, ci costa pure un milione di Euro, alla faccia di chi blatera ancora di Tele-Meloni. In questa visione irenica della realtà, dove a sparire sono come sempre i fatti, e si pontifica di un continente di pace e prosperità, si dimenticano i bombardamenti sulla Jugoslavia, gli oltre 200mila bambini morti per denutrizione della Grecia per politiche di austerità. Nel continente "unito nelle diversità", manco fosse quello auspicato da De Gaulle e De Gasperi, i candidati arrestati in Romania ed esclusi dalle elezioni perché non esecutori di politiche belliciste ed acriticamente adagiate ai diktat europeisti. Ed i Sor Calenda che ne emulano disegni di legge per mettere fuori legge partiti "filorussi' e siti diffusori di fake news. Il bellicismo di questi pacifisti rinnegati è l'esito finale della loro senescenza e corruzione ideologica. Fanno utilizzo strumentale della Storia proprio nel momento nel quale ne rivendicano la loro contestualizzazione. Uno dei punti cardinali del Manifesto di Ventotene era infatti la necessità di una "tensione" permanente con la Russia, per giustificare l'esistenza e la federazione di un Superstato oligarchico Europeo, ma sotto protettorato americano. E tutto torna nella narrazione dei "Serra Boys". Nella manifestazione degli estremisti dell'Europa liberista e guerrafondaia di oggi, vediamo gli epigoni di coloro che sognavano un continente "pacificato" e e dominato da oligarchie illuminate. E se seguiamo la pista "follow the money" e degli interessi economici che sponsorizzano questi impostori, la risposta è come sempre molto semplice. Dietro Ventotene e questa patina di idealismo a un tanto al kilo, i guitti da salotto europeista vogliono un'Europa armata per odio ideologico verso tutto ciò che esula dai canoni liberali, e per fedeltà canina a chi garantisce loro prebende e rendite di posizione.