I rischi della narrativa sull’origine del virus Covid 19
di Ivan Cardillo - 23/04/2020
Fonte: Analisi Difesa
Sull’origine del virus Covid 19 nessuno ha certezze ma tutti vogliono scrivere la verità che più fa comodo. La narrativa dell’epidemia ha avuto vari capitoli: la contrapposizione tra l’efficiente sistema autoritario e la lentezza delle democrazie garantiste, il rispetto dei protocolli di sicurezza dell’OMS, la cronologia delle comunicazioni e la trasparenza del governo cinese, gli aiuti e la diplomazia delle mascherine, la creazione in laboratorio del virus, le condizioni igieniche dei mercati cinesi ecc.
Sull’origine del virus si gioca una grande partita e gli interessi in ballo sono molteplici. Il laboratorio epidemiologico P4 di Wuhan potrebbe gettare le basi del futuro delle relazioni diplomatiche internazionali. Due organizzazioni globali sono al centro della contesa: l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Organizzazione mondiale del commercio.
L’ipotesi di un virus creato in laboratorio era stata proposta inizialmente dall’Indian Institute of Technology, che rilevava la presenza della proteina S e segmenti del virus dell’aids. L’esito della ricerca era stato fortemente criticato dalla comunità scientifica internazionale, e l’articolo in pubblicazione ritirato.
Recentissime suonano le parole di Luc Montagnier, premio Nobel, che riapre la tesi del virus modificato in laboratorio e non manca mai di precisare che parla liberamente, estraneo ad ogni forma di pressione. Montagnier ha un rapporto di amore ed odio con la Cina.
Lui fa spesso riferimento ad amici cinesi, ma la sua esperienza non è delle più felici. Nel 2010 il Nobel è invitato dalla Shanghai Jiaotong University, che sostiene la sua idea di creazione di un “laboratorio Montagnier” sulla ricerca del virus dell’aids, e chiede al governo cinese un finanziamento da 42 milioni di euro. Una prima fase di esame della proposta ad opera dei dipartimenti di biomedicina si conclude positivamente, ma la seconda fase stronca il progetto.
Il governo centrale non approva l’idea, ritiene insufficiente i curricula dei 10 scienziati e dei 30 ricercatori che avrebbero dovuto lavorare nel centro, e lamenta la cattiva reputazione internazionale di Montagnier, passato allo studio di pseudoscienze (omeopatia e onde interferenti, sulla scia di un suo vecchio amico).
Ogni possibilità di finanziamento viene bloccata e la stessa Shanghai Jiaotong University ha un grave danno alla sua reputazione di centro di eccellenza. I documenti relativi al dossier sono stati pubblicati da Rao Yi, presidente della Capital Medical University, a seguito delle dichiarazioni del Nobel.
Montagnier aveva negli ultimi anni espresso molte riserve e critiche anche nei confronti della dott.ssa Shi Zhengli, l’esperta del laboratorio di Wuhan, con un dottorato di ricerca presso l’università di Montpellier. Il laboratorio epidemiologico P4 di Wuhan è il primo laboratorio del genere in Cina, con il grado di sicurezza possibile più alto per tale tipo di struttura.
Il laboratorio nasce da una cooperazione del 2018 tra Cina e Francia, e vede in diretto dialogo le città di Wuhan e di Lione, la seconda sede del più grande laboratorio epidemiologico al mondo. Il laboratorio di Wuhan, basato sul modello lionese, sarebbe dovuto diventare un centro di ricerca e di prevenzione per malattie infettive; un centro di raccolta di virus patogeni; il laboratorio di malattie infettive di riferimento delle Nazioni Unite e dell’OMS (la relativa certificazione era prevista per quest’anno).
Dietro a questa collaborazione c’è Alain Mérieux, magnate francese, titolare dell’Istituto Mérieux, e della società BioMérieux (sviluppatrice della diagnostica in vitro), giganti del mondo farmaceutico. Mérieux riceve nel 2018 la medaglia dell’amicizia dal governo cinese dedicata al 40imo anniversario della politica di riforma e di apertura. Un’altra medaglia dell’amicizia gli era stata consegnata nel 2014.
Le relazioni con la Cina della famiglia Mérieux iniziano nel 1978, ed erano legate al mondo dell’automobile. I primi anni del nuovo secolo vedono la nascita della joint venture della BioMérieux a Shanghai.
Nel 2018 si inaugura il laboratorio P4, Mérieux e Madame Peng, moglie di Xi Jinping e ambasciatrice dell’OMS contro la tubercolosi e l’aids, posano insieme per una foto. La joint venture cinese del gruppo Mérieux è specializzata nei kit per diagnosi dell’aids e dell’epatite B. Forbes segnala Mérieux come uno dei miliardari del 2020, classificandolo al 268imo posto. La sua ricchezza dal 2018 al 2020 è cresciuta di 2,7 miliardi.
Accusare di lacune, incompetenza e manipolazioni il laboratorio P4 di Wuhan, significa accusare anche tutti i partner stranieri coinvolti, rappresentanti delle istituzioni e di una fetta importante del mondo del business. La Francia è il paese europeo maggiormente esposto a tali colpi.
L’OMS ha elogiato l’operato cinese nel contrastare l’epidemia, e adesso rischia di perdere i finanziamenti USA. Il direttore dell’organizzazione è al centro di critiche. Quello che l’America vuole evitare è il riconoscimento alla Cina delle capacità di far fronte ad emergenze globali. A nulla vale lo straordinario esempio di reazione, la costruzione di ospedali in pochi giorni ecc.
Si vuole rendere la Cina responsabile della diffusione del virus, chiederle il risarcimento dei danni economici patiti, e chiudere il laboratorio P4 e con esso tutte le sue ambizioni ed interessi economici.
La Cina dal canto suo continua a non sciogliere delle riserve, per evitare imbarazzanti ed autolesionistici mea culpa. Tutti abbiamo letto i documenti iniziali contro il medico che per primo aveva dato l’allarme.
L’indizione per lo scorso 15 aprile della giornata nazionale sull’educazione alla sicurezza, che propone 16 “sicurezze” ispirate ai valori centrali del socialismo e alla responsabilità individuale di non diffondere false informazioni, ha il sapore di propaganda spicciola.
Il 1° gennaio 2020 è entrata in vigore la nuova legge cinese sugli investimenti stranieri. Una legge a lungo discussa che tenta di rispondere alle critiche di opacità e inaffidabilità del mercato. Le reazioni degli osservatori sono state varie e variegate.
I temi del level playing field, l’assenza di reciprocità e parità di trattamento, la proprietà intellettuale restano irrisolti, tanto che la legge è stata definita da alcuni come un’occasione persa. La legge prevede i diritti ma non gli strumenti concreti di tutela.
Il tema degli investimenti diretti è terreno di scontro nell’Organizzazione mondiale del commercio ed ha portato al blocco delle nomine dei giudici dell’organo di appello. Il problema è quello del bilanciamento degli interessi nazionali e internazionali, il giusto dosaggio tra investimenti, interessi stranieri, e tutela degli interessi nazionali, che vanno spesso sotto il cappello della sicurezza e degli interessi pubblici, ed in nome dei quali si può non rispettare gli accordi presi.
La stessa legge cinese prevede tale clausola come condizione di esproprio contro le aziende straniere.
L’Organizzazione mondiale del commercio dovrebbe poter tutelare e garantire gli interessi di tutti, la scelta dei giudici è perciò vitale, ma mancando accordi tra i maggiori player i giudici non vengono nominati. L’America continua a bloccare la procedura.
La Cina vorrebbe una narrativa dell’epidemia capace di riconoscerle affidabilità, autorevolezza e prestigio internazionale. Ciò che le manca per poter accreditare le sue politiche, penso alla Nuova via della seta e alla comunità per il destino del genere umano, anche presso le grandi potenze del mondo.
L’America vorrebbe una narrativa completamente contraria alla Cina, scrivere così l’atto finale di un tentativo cinese di rivalità alla pari, e poter imporre indisturbata al mondo intero la clausola contrattuale dell’America first.
Trasparenza e collaborazione sono le due parole d’ordine. L’America vuole una Cina trasparente, e la Cina vuole un’America aperta a collaborazioni multilaterali. Finché queste due potenze non faranno entrambe un passo indietro sarà difficile accertare la verità sull’inizio dell’epidemia e costruire una fruttuosa e duratura fase 2, e il discorso continuerà a seguire logiche da rivalità e lawfare.