I valori dell’occidente
di Roberto Pecchioli - 02/10/2022
Fonte: EreticaMente
Si parla spesso – specie da quando è iniziata la guerra in Ucraina – di valori dell’occidente. Ascoltiamo severi signori e garrule signore parlare, mano sul cuore e ciglia bagnate, elevando peana ai valori. Strano contrappasso: sono gli stessi che hanno applaudito lo smantellamento di ogni principio in questo angusto angolo di mondo. Talvolta inalberano cartelli come quello della signora Cirinnà, madrina del matrimonio omossessuale, pardon, ugualitario. “Dio, patria, famiglia, che vita de merda”. Sgrammaticata volgarità. Un altro valore dell’occidente, la terra del tramonto. Nell’ora del crepuscolo, cambiano i nomi: l’Europa, la civiltà greco-romana e poi cristiana (Cristianità ovvero Europa, poteva scrivere Novalis) diventa occidente dopo una sottrazione e qualche addizione.
Lungi dal rappresentare la geografia, occidente è oggi un concetto politico: è l’Europa dimezzata senza la sua metà orientale, di stirpe e cultura slava – più Israele che è in Medio Oriente, alcune ex colonie britanniche e naturalmente gli Stati Uniti, i capoclasse. Resta il dato astronomico: il luogo dove il sole tramonta. Il nome come presagio.
I valori dell’occidente si compendiano nel denaro e nell’accumulo: senza limiti. E’ diventato perciò materialista, tecnocratico, relativista, nemico della vita. Come ogni civilizzazione morente – al di là della forza economica e militare – il carattere più impressionante dei suoi valori riguarda l’ipersessualizzazione e una volontà tenace di appropriazione generalizzata sino ai fondamenti della vita, dal corpo fisico al controllo tecnologico della coscienza.
Il tutto è attraversato (l’occidente è “trans”) dalla smania di non avere limite alcuno, di abolire ogni confine – materiale, morale, economico – nonché dalla convinzione che l’esistenza non abbia uno scopo e una direzione diversa dalla volontà soggettiva. Ciò conduce a una disperazione sottile, a un malessere diffuso mascherato dall’ansia di soddisfare desideri e capricci che rende schiavi di molte dipendenze. Dai farmaci per placare l’ansia e la paura, alle sostanze che consentono la “prestazione”, un obiettivo figlio dell’insicurezza; da uno stato di continua tensione verso l’oltre e il più – detto progresso- al bisogno compulsivo di beni materiali e di seguire mode e condotte suggerite da un formidabile apparato di comunicazione ed indottrinamento che- caso forse unico- non viene percepito come tale dalla maggioranza.
Il filo comune è estraneo alle altre civiltà, un incredibile odio di sé che Roger Scruton chiamava oicofobia – il disprezzo per ciò che si è – e agisce come tabula rasa, il vero nome della cultura della cancellazione (un ossimoro, peraltro). Lo stupore massimo degli storici futuri sarà scoprire come e qualmente la distruzione di ogni radice, costume e cultura nostra fosse chiamata, nello stravagante Occidente del XXI secolo, woke, risveglio. Concluderanno che i suoi strambi abitatori vivevano a testa in giù.
Li aiuterà – se non verrà bruciato nei falò postmoderni – la lettura di George Orwell. Neolingua, bispensiero, Ministero della Verità e i tre slogan scolpiti sul palazzo del potere: la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.
Ma il vero valore dell’Occidente contemporaneo è il non pensare, nel non voler pensare. L’ortodossia conformista è inconsapevolezza: ancora Orwell. Sconvolge l’amore per le proprie catene, scambiate per libertà. Come in un’aria famosa dell’operetta: oh Cincillà, le tue catene son fatte di fior.
No, le catene della terra del tramonto non sono fatte di fior. Si tratta piuttosto di un impazzimento collettivo, inspiegabile con le categorie della sociologia e dell’antropologia. L’unico paragone è con il comportamento di quei cetacei che cercano la morte in massa spiaggiandosi, trascinandosi sulla terraferma, l’elemento in cui non possono vivere.
Su questo riflettevamo leggendo di tre fatti che il circo della comunicazione di massa ha celato o nascosto nelle “brevi”, le notizie di poca importanza riunite in una colonnina giusto per riempire il giornale.
In California, Eldorado di ogni novità e tecnologia, Mecca del progresso e vetrina dei valori d’occidente, è legge la possibilità di trasformare i corpi dei defunti in concime, per contrastare i cambiamenti climatici. L’esito del compostaggio può essere consegnato ai superstiti affinché lo usino come meglio credono. Il corpo umano morto è equiparato al letame: è questo il valore della dignità umana nel dannato Occidente. Se le civiltà che ci hanno preceduto si fossero comportate allo stesso modo, sarebbe difficilissimo ricostruire il passato dell’Homo Sapiens futuro concime. Inutile rammentare Antigone che muore per dare degna sepoltura al fratello sconfitto. Anticaglie: il nuovo è un valore d’Occidente.
In Olanda – altro avamposto della civiltà mercantile, del progresso e dei nuovi valori – è in vendita un gioco di costruzione il cui nome è Crocifiggi tu stesso Gesù Cristo, con il punto esclamativo finale. Vari pezzi staccati compongono la croce e il corpo del nazzareno, e la confezione comprende un martello. Un invito agli inventori: fate lo stesso con Maometto per vedere se valgono i valori dell’Occidente, un altro dei quali è la blasfemia irridente, satanica.
In Spagna, nel dibattito parlamentare su una legge – detta ley trans – che permetterà cambio di sesso e aborto senza consenso dei genitori ( 1,2, 3, enne) dall’età di dodici anni, la ministra – si deve dire così – dell’uguaglianza Irene Montero, dopo aver affermato che l’educazione sessuale è un diritto “dei bambini e delle bambine” ha pronunciato la seguente frase: “ i bambini, le bambine e “les nines” devono sapere che hanno diritto ad amare e ad avere relazioni sessuali con chi vogliono, sempreché consenzienti”.
Non sappiamo come tradurre “les nines” espressione della neolingua inclusiva, inesistente in spagnolo: bambini, bambine e poi un’entità e un articolo ulteriori (les nines) per comprendere, conformemente ai valori dell’Occidente, tutti i sessi (tre, tredici, o trentatré) diversi dai due dell’oscuro passato in cui uomini e donne non erano ancora trans né potenziale concime. Non commentiamo il presunto consenso del bambini: basta il brivido che proviamo al pensiero.
Sgomenta la normalizzazione della pederastia e della pedofilia, con l’astuta inversione: sarebbe un “diritto” dei bambini, non degli adulti pedofili, un valore nuovo fiammante. Si resta stupefatti sapendo che la Montero è madre (o genitore 1) di tre bambini (nines?). Il suo sinistrissimo partito si chiama Unidas Podemos, Unite Possiamo, l’unico movimento politico con il nome al femminile. Il fondatore e capo storico è tuttavia un uomo, Pablo Iglesias, compagno della Montero e genitore 2 dei “nines”, destinatari del diritto al sesso infantile. L’espressione usata è relazioni sessuali “con quien les da la gana”, con chi gli pare, con chi hanno voglia.
Non si hanno più parole, eppure tutto ciò va avanti: pederastia, sessualizzazione dei bambini, inversione come orgoglio e medaglia al merito, il corpo morto ridotto a letame, umiliazione di un simbolo millenario diventato, come ogni altra cosa, oggetto di consumo nella forma ripugnante di gioco della crocifissione. Davvero, gli “spiriti animali” del capitalismo ultimo, frutto d’occidente.
Silenzio, tutt’al più sguardi perplessi, ma nessuno prende posizione contro queste derive. Amiamo le nostre catene, precipitati così in basso da non accorgercene più. Il Grand Hotel Abisso è talmente giù che fuggirne diventa impresa da speleologi. In Occidente non ci si può più neppure esiliare; resta il mare aperto e il destino degli scampati al naufragio della nave di Enea dopo la tempesta scatenata da Giunone: rari nantes in gurgite vasto, pochi nuotatori nell’immenso gorgo.
C’è un’espressione: furia del dileguare, ossia ansia di distruggere, usata da Hegel per criticare Rousseau (il capostipite dell’Occidente odierno): l’obiettivo ultimo della società “naturale e virtuosa” del cattivo maestro ginevrino sbocca in un vuoto dagli esiti catastrofici. E’ l’infezione dell’Occidente malato di arroganza e di accumulazione, il cieco caterpillar che schiaccia tutto per trasformarlo in merce, compravendita, scambio. Il capitalismo globalizzato invera con altri mezzi e altri fini la rivoluzione permanente, una sorta di trotzkismo capovolto. Del resto, molti esponenti della cultura e della politica americana – motore dell’impero d’Occidente – hanno un passato trotzkista.
Un libro di Ida Magli, sociologa e femminista scomoda, l’ultimo di una lunga vita, Figli dell’Uomo, espone verità sgradevoli che tendiamo a respingere per la loro durezza. I bambini, i figli dell’uomo, non sono stati affatto amati e protetti, nella storia: uccisi, sfruttati, venduti, tratti in schiavitù, perfino mangiati, nei tempi di più dura carestia, fatti oggetto di orribili pratiche sessuali. Mai, tuttavia, il governo di una nazione civile –la Spagna romana una volta cattolica, conquistatrice ma anche evangelizzatrice e non schiavista come altre potenze depositarie dei “valori dell’Occidente” – ha definito la pedofilia un diritto delle sue vittime.
Aborto e cambio di sesso liberi a dodici anni: avanguardie sì, ma del nulla, come nichilismo puro è ridurre a concime il corpo umano defunto, legalizzare la “buona morte” anche dei bambini, sventurati figli dell’uomo (Belgio, Olanda), dei depressi e addirittura dei poveri (Canada); odiare a tal punto i simboli di ciò che siamo stati, come la croce, da farne giocattoli o strumenti di pratiche erotiche, abbattere statue e monumenti. In Francia sarà rimossa una statua di San Michele poiché non è sul sagrato della chiesa, ma su suolo pubblico, contro la legge sulla laicità del 1905, ma soprattutto per non “offendere gli atei”.
Una motivazione altamente simbolica: una civiltà muore piagnucolando di offese a ogni minoranza vittimista, che si vergogna non di ciò che è diventata, ma della grandezza passata, tanto conformista da “decifrare il mondo con i sottotitoli della propaganda ufficiale “. (J.P. Michèa). Non c’è che da augurare una rapida morte a questo occidente, collaborando alla sua fine. Non ci vorrà molto, tra denatalità, eutanasia, pandemie, estenuazione, aborti generalizzati, inversione sessuale.
Il punto di non ritorno è stato raggiunto. G.B. Vico indicava tre caratteristiche, altrettante invarianze di ogni cultura umana. Tutte hanno instaurato il culto dei morti, celebrato nozze pubbliche e fastose e hanno avuto qualche forma di religione o spiritualità. Se il grande napoletano non si equivocava, non siamo più una civiltà, tutt’al più una civilizzazione, la fase discendente della civiltà.
I valori dell’occidente sono quelli che vediamo. Meglio contribuire alla dissoluzione finale, tenendosi in piedi tra le rovine, mantenendo fermi i principi di sempre; diventare “cristalli di massa” (E. Canetti), gruppi che resistono con l’obiettivo di contribuire alla ripresa della civiltà e alla sua trasmissione.
Inutile lottare contro la furia del dileguare. Occorre abbandonare l’occidente al suo destino ormai segnato e formare mille fuochi, oasi di resistenza e persistenza, coscienti di ciò che scrisse Alasdair Mc Intyre nel brano finale di Dopo la virtù.
“E’ sempre rischioso tracciare paralleli fra un periodo storico e un altro, e fra i più fuorvianti di tali paralleli vi sono quelli tracciati fra la nostra epoca in Europa e Nordamerica e l’epoca in cui l’impero romano declinava verso i secoli oscuri. Tuttavia certi parallelismi esistono. Un punto di svolta decisivo in quella storia antica fu quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che si prefissero – spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo – fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che la civiltà e la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e oscurità. (…) Da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto tale punto di svolta. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che incombono su di noi. (…) Non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta, però, i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci governano già da parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso. “