Identità e moneta: la vera battaglia dei popoli africani
di Roberto Siconolfi - 18/08/2018
Fonte: oltre la linea
Pur rimanendo in un contesto di abbondanza economica e dei consumi, nelle società occidentalicontemporanee abbiamo il paradosso dello sfruttamento del lavoro “oltre i limiti della disumanità”. Sono vergognose le realtà di supersfruttamento dei lavoratori stranieri, o meglio degli schiavi, nelle campagne del meridione d’Italia, ad opera di un sistema ben collaudato fatto da imprenditori, criminalità organizzata e intermediari, i cosiddetti “caporali”.
In Puglia la raccolta dei pomodori viene pagata per 2-3 euro l’ora, per non parlare delle condizioni fatiscenti dove vive la suddetta manodopera. Inoltre in questi giorni vi è stato il drammatico episodio dei 16 braccianti agricoli africani, morti in malo modo in due incidenti stradali.
All’interno di questo scenario, tuttavia, facciamo attenzione a non farci sedurre, infatuare o commuovere da coloro che la manodopera sfruttata la mobilitano solo per fini strumentali. Nelle campagne foggiane in questi giorni si è visto in primo piano il ruolo del sindacato USB e di un giovane africano Aboubakar Soumahoro, i cui discorsi contro il governo hanno poco a che fare con delle sane rivendicazioni riguardanti i diritti del lavoro. Sin dai primi giorni di concepimento dell’esecutivo, Soumahoro non perde occasione per gridare al razzismo e ora allude a presunte connessioni con la mafia del Ministro dell’Interno.
D’altro canto alla regia vi è l’Unione Sindacale di Base (USB), un sindacato di ispirazione marxista, che, come nella tradizione peggiore del marxismo e della social-democrazia, preme per la sollevazione del “disagiato”, in questo caso lo “sfruttato”, per fini di potere politico e di posizionamento burocratico-sindacale.
L’USB è contro il governo, come la maggior parte delle forze della sinistra radicale e antagonista, e per questo fine è disposta a mobilitare chiunque e per qualunque motivo, anche con la menzogna – es. dare del mafioso e dell’assassino di “migranti” a Salvini.
Questo tipo di capi politici africani, sono perfettamente integrati nelle logiche capitalistico-occidentali. Essi sono indottrinati di una falsata retorica della lotta di classe e di “terzomondismo sessantottino”. In base a questo, sugli europei deve cadere perennemente il senso di colpa dei problemi dell’Africa, anche quando, coi i processi di globalizzazione, l’europeo è vittima delle stesse multinazionali e della stessa strozzatura monetaria dell’africano, seppur a gradi diversi.
Questo ragionamento è stato capito, invece da Kemi Seba e da Mohammed Konare, due giovani capi del “movimento panafricanista”. Essi hanno ben compreso che solo attraverso la liberazione dal giogo monetario che i popoli africani possono riscattarsi. Infatti la “nuova lotta di classe” verte principalmente sulla contraddizione creditori/debitori, ciò rielaborando le tesi di Max Weber e dello stesso Karl Marx de “Il Capitale”, circa la lotta di classe della società antica.
Questa liberazione è nelle mani degli africani stessi ed è possibile “solo” ed “unicamente” sul territorio africano, non a caso i due leader invitano i giovani a non migrare dall’Africa verso l’Europa. Agendo come “catalizzatori” di un risveglio delle identità collettive africane, sia Seba che Konare hanno intuito che la lotta africana è anche, o soprattutto, lotta identitaria nei confronti del cappio omologante del mondialismo.
Ancora sulla moneta, sia Seba che Konare hanno messo in luce il ruolo nefasto del franco CFA, la moneta usata da 14 stati dell’Africa occidentale e centrale. Esso ha due caratteristiche: 1) il Franco CFA è una moneta ancorata a un cambio fisso, prima con il Franco Francese e ora con l’Euro; 2) La piena convertibilità del Franco CFA è garantita dal Ministero del Tesoro francese, che però chiede il deposito, presso un conto del ministero, del 65% delle riserve estere dei paesi aderenti all’unione monetaria. Una vera e propria fregatura dunque!
In un’intervista a ByoBlu, Konare spiega che “In 14 stati africani circola questa moneta che è di proprietà francese. Il 50% dei ricavi effettuati da questa moneta permangono nelle banche francesi e il restante 50% è utilizzato sempre dalla Francia per progetti economici con le multinazionali in questi 14 stati, e quindi non rimane davvero ad essi. La moneta è in vigore solo in quell’area, ma non è valida ugualmente tra i paesi dell’Africa occidentale e quella centrale. Tutti gli scambi economici di questi 14 paesi, inoltre, devono ricevere il beneplacito della Francia”. Indicativo è che “22 capi di stato africani che si sono battuti su questo problema sono stati uccisi dalla Francia”.
Capiremo che in sostanza l’economia nazionale di questi paesi è bloccata, ed è chiaro che le possibilità di sviluppo economico e di benessere sociale per questi popoli sono compresse. Dunque l’indipendenza politica di questi stati è un fatto puramente formale, visto che l’economia è nelle mani delle banche francesi.
È la moneta il cardine della nuova lotta di classe e con essa l’azione predatrice della forza lavoro e delle risorse naturali effettuata dalle multinazionali. Questo nuovo posizionamento antagonistico vede inevitabilmente alleate le classi lavoratrici al capitale nazionale, e il tutto in visione del “bene comune” e dell’integrità del corpo unico della comunità e dello stato politico. In pratica l’esatto contrario di ciò per cui premono i vari Soumahoro e i sindacati alla USB, per i quali è importante, invece, la sollevazione di “una parte contro il tutto”.
Importante, oltre alla battaglia per la sovranità monetaria, è la questione identitaria che è posta a viva voce dai due esponenti di un “panafricanismo” rinnovato. Questo movimento accetta la sfida dei processi mondializzatori, i quali mettono sotto assedio il bagaglio di cultura, tradizione e specificità delle diverse aree geopolitiche del globo.
Anche in questo caso la differenza con il dirigente dell’USB, e con le forze politico-sindacali di questo tipo, è netta. Accecati dalla stessa mentalità “economicista” e “materialista” del grande potere globalistico, per essi le identità nazionali sono un fattore inesistente o tutt’al più da utilizzare solo per scopi strumentali. Insomma come la pubblicità della Benetton che finge la diversità interraziale e ma favorisce l’omologazione.
Sulle basi suaccennate è possibile, invece, anche una concreta alleanza tra i popoli d’Europa e i popoli d’Africa di contro all’oppressione delle oligarchie mondialiste e finanziarie, e in nome di un assetto multipolare del pianeta. Un assetto che offra reali possibilità di sviluppo per ogni popolo, sul proprio territorio di riferimento.
Dunque, facciamo massima attenzione ai “sobillatori del popolo affamato”, in questo caso della manodopera sfruttata, essi sono nient’altro che la diramazione del potere che apparentemente dicono di combattere.