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Il Brasile vieta X: accelerazione di un sistema globale di censura assoluta

di Pino Cabras - 01/09/2024

Il Brasile vieta X: accelerazione di un sistema globale di censura assoluta

Fonte: Pino Cabras

Non solo Durov, non solo Telegram, non solo Francia. L’attacco per via giudiziaria alle grandi piattaforme del web non si ferma sulle rive della Senna. Ora abbiamo una decisione della Corte Suprema del Brasile volta a bloccare l’accesso a “X” (ex Twitter) in tutto il grande paese sudamericano. Tutto è nato quando il giudice Alexandre DE MORAES ha ordinato a “X” di bloccare diversi account legati alla “diffusione di fake news” e “discorsi d’odio”, molti dei quali associati all’ex presidente Jair Bolsonaro. Elon MUSK, proprietario di “X”, si è opposto, citando la libertà di espressione.
La Corte Suprema ha imposto una multa giornaliera di circa 18mila euro per ogni account non bloccato e ha richiesto la nomina di un rappresentante legale in Brasile. Musk ha risposto chiudendo la sede brasiliana di “X” e attaccando pubblicamente il giudice de Moraes, definendolo un dittatore: «non è solo un giudice; è essenzialmente il dittatore del Brasile, mascherato da giudice per apparenza. Egli detiene l’autorità esecutiva, giudiziaria e legislativa suprema: l’autentica definizione di un dittatore.» Nonostante ciò, la Corte ha dato un ultimatum di 24 ore a “X” per conformarsi alla legge brasiliana.
Il 30 agosto, non avendo ricevuto risposta, la Corte ha ordinato il blocco di “X”, che deve essere eseguito dalle compagnie di telecomunicazioni brasiliane. Le principali compagnie hanno subito bloccato l’accesso, mentre le più piccole hanno avuto tempo appena fino al 31 agosto per conformarsi. La Corte ha anche vietato l’uso di reti VPN per aggirare il blocco, con multe severe – dell’ordine di 10mila dollari al giorno - per chi tenta di farlo. Si tratta di una somma più alta del salario di un anno per la maggior parte dei lavoratori brasiliani.
Questa situazione evidenzia non solo le tensioni tra Musk e le autorità brasiliane, ma – dato il peso di un paese di oltre 200 milioni di abitanti - ha implicazioni significative su scala globale in termini di libertà di espressione e di regolamentazione dei social media.
Il Vice Governatore conservatore dello stato brasiliano di Minas Gerais, il professor Mateus SIMÕES, ha subito sfidato il provvedimento del giudice, che scrive un post proprio su “X”: «VPN in funzione. Non avrei mai immaginato di praticare e propagandare la disobbedienza civile, ma la censura non può essere tollerata, mai!» Si moltiplicano prese di posizione come questa, ma i principali media invece plaudono alla decisione del giudice. Sostanziale appoggio anche da parte del presidente Lula e del suo Partido dos Trabalhadores. Un tradimento rispetto alle posizioni assunte anni fa, quando Alexandre de Moraes veniva da loro definito un fascista e un golpista per provvedimenti che colpivano il loro partito.
Il deputato federale dell’opposizione Marcel VAN HATTEM scrive anche lui su “X” un post molto battagliero: «Questo tweet potrebbe costarmi quasi 10.000 dollari, secondo la decisione del tiranno Alexandre de Moraes, amico di Lula: ogni brasiliano che da ora in poi pubblicherà su X verrà multato di 50.000 Real, secondo la sua "sentenza" illegale. La mia dignità vale molto di più. In realtà, non ha prezzo. Continuerò a twittare nonostante le persecuzioni o le minacce dello Stato perché credo nella libertà di espressione, nella democrazia e nella vera giustizia. I brasiliani scenderanno in piazza. Il 7 settembre faremo sentire la nostra voce molto chiaramente. Chiederemo che Moraes venga messo sotto accusa dal Senato e mandato in prigione dopo un giusto processo, che Moraes crudelmente e incostituzionalmente non concede alle persone che perseguita.»
Paradosso dei paradossi, che viene fatto notare dal grande giornalista statunitense Glenn Greenwald, che da molti anni vive in Brasile: molti esponenti del partito di Lula sono impegnati in campagna elettorale e twittano come se niente fosse. Il Marchese del Grillo evidentemente ha cugini oltreoceano: “io so’ io e voi nun siete ecc.” Greenwald commenta: «Gran parte della sinistra brasiliana vuole un dittatore che possa silenziare e imprigionare tutti i suoi oppositori politici. È così sorprendente vedere una fazione politica degradarsi in fascista.»
Usa un “thread” di “X” anche Brendan CARR, un avvocato statunitense che svolge il ruolo di commissario repubblicano della Federal Communications Commission (FCC) dal 2017. È stato nominato sia dal presidente Donald Trump che dal presidente Joe Biden. Ebbene, Carr fa un’analisi molto allarmante sul diktat di de Moraes: «Il testo della sua sentenza, lunga 51 pagine, è molto più preoccupante e radicale di quanto suggeriscano i titoli. Le parole di de Moraes chiariscono che sta tentando di sferrare un colpo più ampio contro la libertà di parola e a favore di controlli autoritari. La sua opinione non cerca nemmeno di nasconderlo. Si espone apertamente e indica la Brexit e l'elezione del presidente Trump nel 2016 come esempi, nel suo racconto, dei tipi di risultati "populisti" estremi che sta tentando di evitare imponendo un nuovo regime di censura in Brasile prima delle elezioni nazionali che si svolgeranno più avant quest’anno. Ma questo tipo di censura di natura politica e ideologica è espressamente proibito dalla Costituzione brasiliana. Ciononostante, de Moraes sostiene che la libertà di parola su “X” non può essere permessa perché la diversità di opinioni politiche espresse sul sito potrebbe influenzare la popolazione brasiliana in vista delle elezioni del 2024. Si veda a p. 31-32. In altre parole, de Moraes sostiene che la libertà di parola è una minaccia per la democrazia: una posizione tanto orwelliana quanto pericolosa.
È vero il contrario. La libertà di parola è il freno della democrazia all'eccessivo controllo governativo. La censura è il sogno dell'autoritario.
Per mascherare la sua decisione, de Moraes utilizza un vecchio trucco di repertorio: etichettare come ‘disinformazione’ e ‘misinformazione’ i discorsi politici che contraddicono la sua ortodossia. Ma gli autoritari come de Moraes non sono preoccupati che le persone vengano fuorviate dai messaggi politici che scelgono di leggere. Sono preoccupati che quei messaggi siano efficaci.
In fondo, questa decisione fa parte di un dibattito vivo, in corso e globale tra libertà di parola e censura, tra libertà e controllo.
È imperativo che prevalgano la libertà di parola e la libertà. Oppure, come disse una volta il defunto direttore del New York Times John Oakes, "La diversità di opinioni è la linfa vitale della democrazia. Nel momento in cui iniziamo a insistere che tutti la pensino come noi, il nostro stile di vita democratico è in pericolo". Questa è la posta in gioco.»
Brendan Carr va in dettaglio sul testo dell’incredibile imposizione di DE MORAES. «Qui, de Moraes dice che sta mettendo al bando “X” per influenzare i risultati delle elezioni brasiliane del 2024, sostenendo che l’elettorato potrebbe altrimenti essere influenzato dalle visioni politiche (quel che lui definisce "discorsi anti-democratici") postati su “X”, che portano a risultati populistici. E cita i casi di Brexit e Trump.»
E aggiunge: «La decisione di de Moraes si scontra frontalmente con la Costituzione brasiliana, che vieta la censura di natura politica o ideologica. Quindi la questione non è se il suo ordine violi la libertà di espressione in generale, ma se lui stia rispettando le leggi del Brasile.»
Carr solleva lo sguardo alla questione globale, che dunque non si limita al caso di “Telegram” e al caso di “X”, se consideriamo anche le recenti colossali ammissioni di Mark ZUCKERBERG su come ha assecondato i desideri dell’amministrazione Biden nel censurare pesantemente notizie, fatti e opinioni su “Facebook”. Si domanda dunque Carr: «Perché stiamo assistendo a questa impennata globale della censura governativa? Per prima cosa, i funzionari vedono una finestra di opportunità. Hanno guardato indietro agli ultimi due anni e hanno concluso che molte persone ora accetteranno di prendere di mira gli oppositori politici, a patto che coloro che detengono il potere facciano due cose:
(1) invocano il mantra di "preservare la democrazia" mentre intraprendono le loro azioni autoritarie;
(2) prendono di mira i tipi giusti di persone.
Ecco come si finisce con de Moraes che dice che deve censurare il discorso populista per evitare che la gente voti per posizioni populiste alle urne. Stanno testando i limiti della vecchia storia della rana nell'acqua bollente.
In secondo luogo, quando Zuckerberg e il vecchio Twitter cedevano alle richieste segrete di censura dei governi, non c'era motivo di imporre la censura attraverso azioni ufficiali come la decisione de Moraes. Poiché X si rifiuta di cedere a richieste segrete e illegali, ora si assiste a richieste pubbliche e illegali.»
Naturalmente in Unione Europea il Commissario Thierry BRETON e la compagnia di giro dei guerrafondai non vede l’ora di trovare nuovi giudici compiacenti per replicare l’esperienza brasiliana e censurare le grandi piattaforme con pressioni giudiziarie e sentenze pronte a demolire ogni resistenza a un nuovo sistema oppressivo che non tollera la diversità di pensiero. Non vogliono disattendere mesi di lettere minatorie a chi lascia spazio al dissenso. L’attacco alla libertà è questione di estrema, drammatica, sconcertante attualità.