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Il buio oltre il silenzio: io, Atticus Finch e i creatori di mostri.L'avvocato come archetipo del non conformismo.

di Lorenzo Borrè - 01/03/2018

Il buio oltre il silenzio: io, Atticus Finch e i creatori di mostri.L'avvocato come archetipo del non conformismo.

Fonte: Lorenzo Borrè


I casi Moffa e Caracciolo.

Mi ha sempre colpito, negativamente, la dinamica massmediologica con cui -impiccando le persone a parole che spesso non hanno neanche detto- si creano mostri da sbattere in prima pagina, salvo poi lasciar cadere nel silenzio assoluto la notizia dell'accertamento che tali persone mostri non lo erano punto e che la loro unica colpa era quella di essere state scelte come teste di moro.

La barbarica legge ricordata da Riccardo Bacchelli ne il Mulino del Po -secondo cui "trovato il nome che designi il nemico al disprezzo, la persecuzione infierisce più facile"- è stata applicata circa otto anni fa nei riguardi di due docenti universitari, Antonio Caracciolo e Claudio Moffa, che, in diversi contesti, hanno visto gravemente compromesse la loro vita sociale e quella professionale grazie all'accusa di essere dei “negazionisti”,

In quei giorni ministri, sindaci, parlamentari, gente di spettacolo e persone influenti nel mondo accademico si accodarono, coscienziosi e sdegnati, ai corifei dello scandalo ascritto ai due docenti, tanto che digitando i nomi di quest'ultimi nei motori di ricerca il suggerimento ancor oggi appare lo scellerato sostantivo nelle sue varianti: negazionista, negazionismo.

Ebbene, nel mese di grazia del febbraio 2018, due sentenze -una del Tribunale di Roma e l'altra della Corte d'appello capitolina- ci hanno consegnato una realtà, acclarata in contraddittorio, che attesta l'assoluta infondatezza delle accuse di negazionismo e la vacuità dell'evocazione di frasi mai dette da questi docenti, mai dette, ma usate per ostracizzarli dal consesso civile, per additarli come cattivi, pericolosi maestri.

E queste due sentenze sono state accolte da un silenzio che mal si coniugherebbe, in un paese che fosse intellettualmente onesto, con il clamore dato all' accusa.

Quella che si riscontra è dunque, a mio avviso, la stessa postura di conformismo colpevolizzante che ci muove a sdegno nel romanzo di Harper Lee -e che ci porta a solidarizzare con la figura di Atticus Finch, l'avvocato che difende l'innocente Tom Robinson e solo per questo si vede attribuito l'epiteto di 'negrofilo'- tanto che la vulgata demonizzatrice trova poi spesso stolida eco in quei dispeptici secondo cui è disdicevole che un avvocato difenda persone accusate di negazionismo, perchè per la mentalità dei dispeptici l'accusa equivale ad una sentenza di condanna fatta e finita, richiedendo troppo sforzo intellettuale e incomodo di tempo la ricerca della verità.

Concludo riportando, ad epitaffio di certi modi di fare disinformazione criminalizzando, quanto accertato nei giudizi che hanno riguardato i due docenti, da me difesi nei relativi procedimenti con sommo biasimo dei suddetti dispeptici e degli immancabili linciatori in servizio permanente effettivo.

Per fortuna esistono gli avvocati, per fortuna esistono i Giudici.

La verità sulla lezione di Claudio Moffa:

«Alla stregua di tali contenuti v''è in primo luogo da escludere che Moffa abbia affermato che “l'Olocausto sarebbe una vera e propria messinscena utile alla creazione e alla difesa dello Stato d'Israele […]. In definitiva la lezione di Moffa nei punti maggiormente salienti offre una panoramica della querelle che si agita intorno alla tematica dell'Olocausto, rivendica il diritto di un approccio non preconcetto alla questione, segnala che il caratttere incandescente del dibattito -peraltro su aspetti che non riducono le atrocità commesse dai nazisti e di ciò da conto anche il Moffa- è conseguenza della strumentalizzazione a fini politici dell'Olocausto nell'area mediorientale. Di qui l'erroneità delle affermazioni […] che fanno di Moffa un negazionista, intendendosi con tale termine la posizione di coloro che neganol'Olocausto -o altri crimini di genocidio- lo banalizzano o minimizzano in modo grossolano». (Corte d'appello di Roma, sentenza n. 1274/2018).

La verità sul caso Caracciolo:

“Ritiene il Giudice che la contestazione mossa al ricorrente, basata su articoli di giornali (cfr. docc. 14 e 15 della intervenuta: articolo di Repubblica.it del 22/10/09 e de Il Messaggero.it del 22/12/15), non prenda in debita considerazione, come del resto emerge anche dall’assoluzione davanti al Consiglio di disciplina universitario (cfr. doc. 16 del fascicolo del merito), la circostanza che il ricorrente avesse posto la questione in termini di libertà di ricerca storica e non tout court di negazione dell’Olocausto, rivendicando il diritto, quale studioso, che si potesse liberamente studiare anche le pagine buie della Storia. Dalla documentazione prodotta unitamente alla memoria autorizzata risultano inoltre le pregresse iniziative che il [Caracciolo] aveva assunto, ex L. 47/48, per chiedere la rettifica delle dichiarazioni attribuitegli, negando di aver concesso interviste a ‘La Repubblica’ ed eccependo la manipolazione del ‘virgolettato’ [...e] in quanto, nel quadro dell’invocata libertà di ricerca storica, si pone l’opinione di chi ritiene che la Storia debba essere scritta non nelle aule di Tribunale (cfr. il riferimento alla spada di Damocle della sanzione penale), ma negli archivi storici, esaminando i documenti, o sul territorio, raccogliendo le testimonianze dei diretti interessati, così da lasciare poi agli storici ed agli studiosi in genere il compito di vagliare la fondatezza ed il rigore scientifico delle singole tesi.». (Tribunale di Roma, sentenza n. 2492/2018).