Il caso Svezia. Niente confinamento, ma tasso di mortalità tra i più bassi d’Europa
di Eugenio Palazzini - 27/03/2021
Fonte: Il Primato Nazionale
Sorpresa, la “sciagurata” Svezia non è stata travolta dal Covid. Niente lockdown, niente rigidi blocchi che soffocano l’economia globale, misure restrittive unicamente “volontarie”, ristoranti e negozi sempre aperti.
Svezia, niente confinamento ma…
Eppure, questo approccio soft alla pandemia sembra aver dato buoni frutti. I numeri resi noti dalla Reuters parlano chiaro: il tasso di mortalità complessivo nel 2020 è tra i più bassi d’Europa. L’agenzia di stampa britannica mostra per l’esattezza i dati preliminari Eurostat. Da questi si evince che la Svezia ha avuto il 7,7% di morti in più nel 2020 rispetto alla media dei quattro anni precedenti. Un incremento evidente dunque, ma chi ha optato per severe restrizioni fa peggio, decisamente peggio.
I dati che rivalutano l’approccio soft alla pandemia
A titolo esemplificativo la Spagna ha avuto un incremento del 18,1%, il Belgio del 16,2%. E in Italia? Il totale dei decessi nel 2020 è stato il più alto mai registrato dal secondo dopoguerra: 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019, pari al 15,6% di eccesso. Anders Tegnell, direttore dell’Agenzia di sanità pubblica svedese, già lo scorso settembre faceva notare che la Svezia “è passata dall’essere uno dei paesi con il maggior numero di infezioni in Europa, a uno di quelli con il minore numero di casi, mentre molti altri paesi hanno visto un aumento piuttosto drammatico”.
Adesso, dopo le aspre critiche ricevute dagli analisti europei, si prende un’altra rivincita. “Penso che le persone probabilmente penseranno molto attentamente a questi blocchi totali, a quanto sono stati davvero buoni”, dice Tegnell lanciando una chiara frecciata ai lockdown imposti un po’ ovunque. “Potrebbero aver avuto un effetto a breve termine, ma quando lo guardi durante la pandemia, diventi sempre più dubbioso”, dice ancora Tegnell.
Cautela doverosa, ma basta supponenza
Altri esperti, di fronte ai dati svedesi, mostrano cautela. “Tutti noi dobbiamo stare molto attenti nell’interpretare i dati sui decessi legati al Covid-19”, dice Mark Woolhouse, professore di epidemiologia all’Università di Edimburgo. In ogni caso “sollevano una domanda sul fatto che, in effetti, la strategia della Svezia abbia avuto un relativo successo”, precisa Woolhouse. Certo, i detrattori dell’approccio svedese avranno gioco facile a ripeterci che in fondo gli svedesi sono meno “scapestrati” di altri e che l’età media della popolazione è bassa. Osservazioni che dimostrano poco.
La monarchia scandinava, a lungo totem socialdemocratico – per il suo futuristico welfare, le innovazioni in salsa eco friendly e un’elastica politica dell’accoglienza – d’un tratto è stata bollata dagli stessi progressisti di tutto il mondo uniti come un cattivo esempio. E’ come se la Svezia avesse scompaginato due apparenti fronti: quello dei responsabili democratici da una parte e quello dei “negazionisti” sovranisti dall’altra. Illusioni ottiche dettate dalla semplificazione obnubilante di certi media, perché in realtà non si sta giocando una partita tra buoni e cattivi. La cautela è sempre d’uopo, adesso però qualcuno – di fronte a certi dati – dovrebbe piantarla con la supponenza o quantomeno evitare di puntare il dito contro Stoccolma.