Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il Conte atlantico

Il Conte atlantico

di Ernesto Ferrante - 12/12/2016

Il Conte atlantico

Fonte: l'Opinione Pubblica

Un (ex) esponente di punta del Pd ha incaricato un ministro del Pd di formare un governo a guida Pd dopo le dimissioni del presidente del Consiglio e segretario del Pd, in seguito alla sonora bocciatura a furor di popolo della riforma costituzionale voluta dal Pd.
Non è uno scioglilingua ma la cronaca politica italiana.

Al termine di un faccia a faccia durato circa un’ora, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha affidato a Paolo Gentiloni l’incarico di formare un nuovo governo dopo le dimissioni di Matteo Renzi. Il ministro degli Esteri, come da prassi, ha accettato con riserva.

“Cercherò di svolgere il mio compito con dignità e responsabilità. Ora lavorerò per definire la composizione e il programma dell’esecutivo che dovrà accompagnare il lavoro parlamentare per definire, con necessaria sollecitudine, le nuove regole elettorali”. Queste le prime parole di Paolo Gentiloni Silveri, discendente di una nobile famiglia papalina romana, ex extraparlamentare di sinistra, ex portavoce di Francesco Rutelli, ex deputato della Margherita ed ex ministro delle Comunicazioni nel secondo governo Prodi, dopo aver ricevuto ufficialmente l’incarico.

Una volta varata la lista dei ministri, Gentiloni dovrà giurare nelle mani del Capo dello Stato e ottenere infine la fiducia della maggioranza. La definizione della squadra del quarto premier consecutivo non eletto, non dovrebbe presentare eccessivi problemi anche se i capicorrente non renziani del Pd e gli alleati centristi scalciano per ottenere più posti e visibilità.

A meno di improvvisi cambi di spartito, i titolari dei principali ministeri dovrebbero essere riconfermati: da Padoan a Franceschini, dalla Pinotti a Delrio e Orlando. Più incerta appare al momento invece la copertura della casella degli Esteri, lasciata libera proprio da Gentiloni.

C’è chi parla di Angelino Alfano, chi è pronto a scommettere su Carlo Calenda, attuale ministro dello Sviluppo Economico, molto vicino a Renzi, chi punta su Piero Fassino e chi invece prevede una scelta “interna”, ovvero Elisabetta Belloni, attuale segretario generale del ministero e ancora prima capo di gabinetto dello stesso Gentiloni.

Della compagine di governo dovrebbero far parte anche il più renziano dei renziani, Luca Lotti, che sarebbe in predicato di prendere la delega ai Servizi Segreti ed un amico di vecchia data di Gentiloni, l’ex presidente di Legambiente e deputato Pd Ermete Realacci, vicino a diventare ministro dell’Ambiente.

Ancora poche ore e poi entrerà nel vivo l’avventura da premier dell’ex giovane stalinista e militante del Movimento Lavoratori per il Socialismo, divenuto il Ministro degli Esteri probabilmente più atlantista che l’Italia abbia avuto nella sua storia recente.

Le sue posizioni a favore del regime di Kiev e dei sedicenti “ribelli” moderati anti-Assad in Siria, il suo assenso alle sanzioni commerciali contro la Russia, poi successivamente ritrattato durante la 14esima edizione del Comitato italo-russo sulla cooperazione economica, finanziaria e industriale, il suo tifo palese per la guerrafondaia Hillary Clinton e quel “Dobbiamo cedere sovranità a un’Europa unita e democratica”, sono cose note anche a chi non è esperto di politica estera.

Da Renzi a Gentiloni, da Napolitano a Mattarella, dal Pd al Pd, senza votare. Anche questo non è uno scioglilingua: è la quintessenza del gattopardismo.