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Il disagio della civiltà

di Marcello Veneziani - 22/10/2019

Il disagio della civiltà

Fonte: Marcello Veneziani

Dov'è il pensiero che può rimettere in moto la storia, un pensiero che possa dare coscienza critica di quel che accade e prospettare la possibilità di modificarli? Un pensiero profetico, religioso, esistenziale.
Non possiamo considerare eterni e intoccabili questo capitalismo, questa democrazia, questa Europa, questo Occidente. Non esistono assetti indiscutibili e immutabili.
C'è una formula logora e verace per riassumere il disagio della civiltà: è l'abusata “crisi dei valori”. In realtà, non cadono i valori ma ciò che li precede. Si sgretola il terreno su cui si fondano, su cui nascono, crescono, si affermano. Quel terreno è la civiltà. Nasce al suo posto un mondo sconfinato, un potere smisurato, un ego smisurato che ribattezza la sua smisuratezza come libertà. La libertà senza confini, senza responsabilità. Tutto esorbita, sconfina, eccede. E si fa globale. Cos'è il globale, anzi il globalitario? È l'avvento del presente assoluto in uno spazio totalitario che non ammette zone franche, immuni.
La civiltà è invece un mondo compiuto e verticale, ha confini e connessioni, col passato, col futuro e con l'eterno. Dove non c'è più soglia tra sacro e profano, non c'è più misura, non c'è relazione tra ieri, oggi e domani; i valori si fanno volatili, si relativizzano, fino a scomparire. L'ordine cede al meccanismo, l'autorità all’automazione. I valori attengono al regno dei fini, l'infinito presente globale invece si caratterizza per il primato assoluto dei mezzi. La tecnica e l'economia sostituiscono la natura e la cultura. Qui è la crisi dei valori. Effetto, non causa. È accaduto qualcosa a monte. Si perde la linea di confine tra cielo, terra e mare, tra le terre, tra gli uomini. Il globale come presente assoluto e spazio totale è la perdita del naturale, del soprannaturale e della loro relazione. Senza storia, tradizione, destino e civiltà.