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Il distacco dell'Europa dall'imperialismo americano è una questione di sicurezza globale

di Lama El Horr - 21/04/2025

Il distacco dell'Europa dall'imperialismo americano è una questione di sicurezza globale

Fonte: Giubbe rosse

Al termine di un mandato quadriennale, il trio Blinken-Sullivan-Austin, vetrina dell’amministrazione Biden, si sarà distinto per aver moltiplicato focolai di tensione attorno alla Cina, una guerra ibrida NATO-Russia, due guerre genocide, una trasmessa in televisione a Gaza, l’altra sotto copertura nel Congo orientale, un sanguinoso conflitto in Sudan, con milioni di rifugiati, e l’ennesimo tentativo di sterminio ad Haiti – il tutto coronato da mutilazioni di massa in Libano e dalla devastante caduta della Siria. Quanto alle sanzioni extraterritoriali e alle operazioni di cambio di regime, dalla Georgia al Venezuela, passando per Iran, Pakistan e Bangladesh, sono state mantenute o intensificate.

È un luogo comune che il successo si misuri dai risultati, quindi è prematuro esprimere un giudizio sulle azioni di Donald Trump. Il massimo che possiamo dire è che le sue dichiarazioni a favore della risoluzione del conflitto in Ucraina sono state elogiate ovunque al di fuori dell’Europa. Quanto alle sue intenzioni di cancellare la Palestina dalla mappa, di conquistare nuove aree geografiche (Groenlandia, Canada, Canale di Panama, Golfo del Messico) e di appropriarsi delle risorse naturali dell’Ucraina, queste sono un indicatore della gravità delle tensioni globali, ma anche del tenore delle discussioni in corso con Mosca, e in futuro con Pechino, sull’accesso alle risorse strategiche, sulla sicurezza delle catene industriali e di approvvigionamento e sul ruolo del dollaro negli scambi commerciali.

Di fronte a questa ristrutturazione del panorama globale, che sta cancellando i privilegi occidentali dopo il crollo dell’URSS, i Paesi europei commetterebbero un errore irreparabile se decidessero, controcorrente rispetto al cambiamento globale, che la loro sottomissione all’imperialismo americano fosse inevitabile. Affermare una politica indipendente sarà certamente un compito arduo, poiché il Vecchio Continente, rinchiuso dietro le sbarre dorate della sua prigione atlantista, si è isolato dal resto del mondo.

Il Vecchio Continente, o la parte mordace

Da quando Donald Trump e il suo squadrone di antidiplomatici hanno pubblicamente attaccato i leader europei a Washington, Bruxelles e Monaco, si è parlato molto dell’insolenza dello stile MAGA. “Bisognerebbe chiamare uno psicologo per analizzare questo comportamento“, ha scherzato un alto funzionario di Bruxelles. Eppure, per quanto spudorato possa essere, questo stile è solo una copia carbone del tono condiscendente con cui Washington e i suoi satelliti europei hanno sistematicamente rimproverato Pechino, Mosca, Teheran, Caracas e altri eterni capretti del blocco atlantista. Ciò che è senza precedenti, inoltre, non sono i diktat di Washington nei confronti degli europei, ma il fatto che questi imperativi vengano comunicati attraverso i media, privando così gli europei del loro status di co-beneficiari dell’eccezionalismo americano.

Altrettanto sorprendente è il contenuto del messaggio MAGA. Per giustificare le sue minacce di ricorrere all’ultra-protezionismo contro l’UE, o le sue più esotiche minacce di espropriare gli alleati di territori strategici, Donald Trump invoca il movente della “sicurezza nazionale” – un concetto elastico che consente a Washington di legittimare il ricorso al terrorismo politico, economico o militare. Questi metodi, ovviamente scioccanti, non dovrebbero oscurare il fatto che gli stessi europei, seguendo le orme di Washington, hanno sfruttato fino alla nausea  questo concetto della “sicurezza nazionale”  per giustificare l’adozione di misure coercitive unilaterali, come la sospensione dell’Accordo globale sugli investimenti con la Cina, il divieto di Huawei per le reti 5G, l’abbandono da parte dell’Italia del progetto BRI o il congelamento e il sequestro di beni russi. Quindi, non c’è niente di nuovo sotto il sole, se non che Washington ora sta usando questo concetto, sinonimo di ragion di Stato, anche contro i suoi satelliti europei.

Per denunciare le ambizioni territoriali di Donald Trump, alcuni leader europei hanno ritenuto opportuno sottolineare che l’inviolabilità delle frontiere è un principio fondamentale del diritto internazionale, che deve applicarsi ovunque. Senza dubbio il mondo intero avrebbe applaudito a queste precisazioni, se i governi europei non si fossero irrimediabilmente screditati, ancora una volta al fianco di Washington, incoraggiando l’occupazione sanguinaria dei territori palestinesi da parte di Israele, negando al popolo saharawi – ma anche a quello di Haiti, Cuba e Nicaragua – il diritto all’autodeterminazione, spingendo per la frammentazione del Congo, della Somalia, della Siria e dello Yemen, e coltivando una doppiezza guerrafondaia su Taiwan, nonostante tutti i paesi europei riconoscano la politica di una sola Cina.

Ma è stato l’annuncio di Trump di negoziati di pace tra Washington e Mosca, segno di un riaggiustamento della strategia imperialista americana, a infliggere il colpo finale al blocco europeo. È vero che plasmare la sicurezza dell’Europa senza gli europei può sembrare incoerente – un punto che non sfugge alla Cina, che si rifiuta di isolare l’Europa. Allo stesso tempo, se avessero un migliore senso della cronologia, gli europei ricorderebbero di aver spinto la NATO fino alle porte della Russia senza chiedere il parere di Mosca e di aver organizzato conferenze di pace sull’Ucraina senza invitare la Russia. Le contraddizioni non finiscono qui, poiché Parigi avrebbe offerto a Mosca un dialogo sull’Ucraina senza l’Ucraina – che la Russia avrebbe apparentemente accettato, suggerendo che non è Mosca, ma Washington, a cercare di isolare l’UE, ovvero di impedire un riavvicinamento tra il blocco europeo e la Russia.

In ogni caso, la presenza degli europei al tavolo delle trattative sarà sussidiaria finché il blocco dell’UE non sarà altro che una cassa di risonanza per le decisioni di Washington, a maggior ragione se la Russia vede il suo conflitto con l’Ucraina come una guerra per procura di Washington contro Mosca.

La sconfitta strategica della Vecchia Europa

Sullo sfondo dei sanguinosi conflitti che scuotono il mondo, i paesi dell’Europa occidentale non hanno saputo cogliere le dinamiche geopolitiche in atto. Londra, Parigi e Berlino, tra gli altri, non hanno compreso che i movimenti di emancipazione in tutto il mondo li riguardano non solo in quanto potenze (neo)coloniali, ma anche in quanto potenze vassalle, sottoposte alla tutela americana. Questa lettura errata – un peccato di orgoglio? – ha impedito loro di definire il posto dell’Europa nel mondo emergente. Di conseguenza, all’inizio del XXI secolo, il Vecchio Continente è una delle ultime aree geografiche al mondo – insieme a Guatemala, Filippine e Giappone – a non aver ancora avviato la propria lotta per l’indipendenza.

Gli ultimi sviluppi nell’alleanza transatlantica rivelano inequivocabilmente che le maggiori potenze europee vogliono continuare a tenere sospesa sulle loro teste la spada di Damocle che le ha private della loro sovranità, le ha declassate economicamente e le ha screditate moralmente: l’ombrello di sicurezza americano.

Certo, ci ha detto un alto funzionario di Bruxelles, gli Stati Uniti non sono irreprensibili e il loro disprezzo per strutture multilaterali come l’ONU e l’OMC è fonte di frustrazione per i loro alleati europei. Ciononostante, questa fonte interna alla Commissione europea trova ” difficile considerare le relazioni transatlantiche come una minaccia”. A suo avviso, non dovremmo fare affidamento sul clamore mediatico, perché finora le minacce di Trump si sono concluse con un “ritorno in voga”, soprattutto in materia di dazi. Non ha torto, se consideriamo che questo “ritorno in voga” implica un’adesione da parte dell’UE alle condizioni di Washington, ovvero: un riorientamento delle economie europee verso un’industria bellica, destinata, in gran parte, a sostenere la strategia americana di un perno sull’Asia-Pacifico e ad alimentare il complesso militare-industriale americano.

Questa corsa precipitosa militaristica porterà inevitabilmente a un inasprimento delle tensioni e persino a un’esplosione di insicurezza su scala globale, in particolare nel Mar Cinese Orientale e Meridionale, nel Medio Oriente e nella regione nordico-baltica: la follia ha raggiunto vette tali che alcuni professori universitari stanno facendo campagna affinché i membri europei della NATO si confrontino con Mosca in quei territori.

I popoli europei scopriranno presto che un simile orientamento politico implica l’attuazione di programmi di aggiustamento strutturale, simili a quelli che hanno colpito decine di paesi del Sud a causa del loro indebitamento con il FMI e la Banca Mondiale. Questi programmi non solo hanno sistematicamente indebolito le istituzioni e la sovranità nazionale, ma hanno anche compromesso la prosperità economica, i diritti dei lavoratori e la pace sociale.

Con lo slogan “Autonomia strategica”, la corsa agli armamenti dell’UE solleva lo spettro di una maggiore tutela americana sugli europei, con un bastone più aggressivo e una carota più insignificante. In breve, ci troviamo di fronte a un caso in cui rafforzare le proprie capacità difensive rende più deboli.

Forse è giunto il momento di prendere il tabù per le corna e mettere in discussione, una volta per tutte, la natura europea dell’UE, questa camera di registrazione delle decisioni di Washington, che non è mai stata in grado di aggregare lo spazio europeo in un polo di potere. I leader europei non possono più ignorare il fatto che il mantenimento di un’alleanza militare con gli Stati Uniti, che ha come corollario la sottomissione politica, economica e culturale dell’Europa al proprietario dell'”ombrello”, non può che basarsi su una sconfitta strategica per la Vecchia Europa.

di Lama El Horr per chinabeyondthewall.org    –    Traduzione a cura di Old Hunter