Il fallimento della consorteria europea
di Marcello Veneziani - 25/09/2022
Fonte: Marcello Veneziani
Non sappiamo che fotografia dell’Italia ci daranno le urne stasera né sappiamo se davvero ci sarà la vittoria della destra e dei suoi alleati e tantomeno sappiamo se ne saranno all’altezza, ma una cosa possiamo già dirla con certezza: assistiamo al fallimento in eurovisione, delle oligarchie europee. Intendo per oligarchie non solo quelle che vengono definite impropriamente le élite dirigenti che comandano in Europa ma anche la cupola mediatico-istituzionale che ruota intorno e le sue ramificazioni periferiche, i funzionari e i galoppini. È stata una disfatta indecorosa, una sconfitta senza onore, di un ceto dominante che non ha saputo nel corso della vicenda elettorale, e non solo in Italia, ma anche in Svezia, probabilmente in Spagna e un po’ ovunque, esprimere una visione dell’Europa, un’idea positiva e un minimo progetto futuro che potesse coinvolgere i popoli europei e non solo gli apparati sovrastanti.
Non abbiamo sentito nulla in positivo che generasse condivisione, ma solo paure, minacce, sanzioni e campagne di allarme e di dissuasione, senza un minimo disegno politico, culturale e civile. Da Ursula von der Leyen a Enrico Letta, passando per l’eurocrazia intera, i suoi satrapi, i suoi influencer, i suoi saltimbanchi, più la stampa e l’informazione televisiva hanno saputo offrire ai cittadini europei solo una serie di spettri agitati per spaventarli e costringerli a chiudersi in una specie di lockdown politico; hanno intimato loro con toni mafiosi di non uscire dal Palazzo proclamando un coprifuoco ideologico e politico, con ricaduta economica. Il popolo europeo è stato trattato come se fosse un minore, se non un minorato psichico, incapace di fare scelte con la propria testa. I nomi degli spettri agitati sono ormai noti e ripetuti ossessivamente dalla macchina mediatica al servizio della consorteria: Putin, Orban, Mussolini.
Hanno persino coniato una nuova categoria politica per criminalizzare anche chi vince libere e democratiche elezioni e non ha mai dato prova di governo: i governi sgraditi, presenti e futuri, li chiamano autocrazie elettorali. Chi decide e sulla base di quali parametri la differenza tra una “normale” democrazia e un’autocrazia elettorale? Escluso il consenso del popolo sovrano, per loro irrilevante, escluso il rispetto delle leggi e della libertà dei cittadini che nessuno minaccia, su che base si possono condannare a priori alcuni movimenti e leader con l’accusa apriori di instaurare un regime di autocrazia elettorale? Ma lo stabilisce la stessa casta nei confronti di chiunque non provenga dai suoi ranghi o non si sia conformato ai suoi diktat.
Compreso il diktat vergognoso e orwelliano che denuncia la violazione delle costituzioni mentre le stesse consorterie si accingono ancora una volta a violarle: chi esige che venga rispettata la volontà sovrana dei cittadini e non venga violata la sovranità degli stati, si attiene fedelmente alla Costituzione del proprio paese. Invece, a violare la Costituzione, è chi calpesta la sovranità degli stati e dei popoli e dà mano libera agli eurocrati di decidere in ultima istanza le loro sorti. L’ultima manovra liberticida è revocare il diritto di veto, ultima salvaguardia di garanzia per le sovranità nazionali; se la Cupola eurocratica decide una linea, gli altri si devono attenere, non è più tutelato nemmeno il diritto delle minoranze e il rispetto delle volontà popolari e nazionali. La Carta è ridotta a usi igienici.
Le oligarchie europee provengono da partiti diversi ma sono ormai tutte accucciate dentro la consorteria che usa i tecnici per commissariare popoli e stati e si avvale dell’ideologia progressista come fornitrice di norme etico-politiche applicate anche ai temi sensibili della vita, della morte, della famiglia, delle differenze sessuali, della storia e delle identità.
Ma quel che è peggio è il silenzio mortale delle oligarchie europee per motivare i popoli e i cittadini; non c’è una linea di difesa della civiltà europea e della sua tradizione e tantomeno un’aspettativa futura che dia fiducia e infonda energia. Si governa soltanto con la paura dei mostri: se non ci siamo noi, arrivano Putin o il fascismo. Al di là del giudizio che possiamo avere sul Regno Unito e sulla Monarchia, abbiamo ora assistito a un paese, a un popolo che si è stretto intorno alle tradizioni, ai riti e ai simboli della sua storia. L’Europa, invece, come la sua bandiera di stelle ha un vuoto al centro: non ha tradizioni, simboli, riti, civiltà intorno a cui chiamare il suo popolo. Ha solo spettri da fugare, interessi economici da difendere, sanzioni da infliggere all’interno e all’esterno, dipendenze coloniali da servire e sacrifici da imporre ai suoi cittadini; nazioni da distruggere e umiliare come la Grecia. Un’anemica, asfittica consorteria comanda in Europa e non si accorge di perdere terreno, consenso e credibilità e di perdere tutte le sue battaglie, a partire da quella energetica. Dalla brexit ai referendum presto bloccati perché si pronunciavano a sfavore della UE, agli orientamenti di voto che per due terzi, in Francia come in Italia e non solo in Polonia e in Ungheria, si esprimono in direzione opposta alle indicazioni della consorteria. Ora si orientano verso la destra nazionale, popolare, sociale e cattolica; ora verso la sinistra sociale e radicale come Melenchòn, ora verso i movimenti populisti e pauperisti come i 5 Stelle e i partiti anti-sistema, ma è in atto un vistoso e ormai consolidato divorzio della cittadinanza europea dalle consorterie che la dominano. Al di là dell’esito elettorale e di come poi si adatteranno i vincitori alle “direttive” europee, si può già dire che ogni consultazione di popolo si rivela una dichiarazione di sfiducia e di fallimento della consorteria europea. Lo sarà anche quella di stasera.