Il festival dell'individualismo
di Mario Adinolfi - 05/09/2024
Fonte: Mario Adinolfi
Tra due giorni si assegna il Leone d’Oro al festival del cinema di Venezia, il primo con l’intellettuale “di destra” Pietrangelo Buttafuoco alla guida della Biennale (direttore della Mostra resta Alberto Barbera). Ieri in concorso un film sulla pornografia italiana, Diva Futura con Pietro Castellitto, più un sequel sulla follia omicida di Joker, il musical Folie à deux con le superstar mondiali Lady Gaga e Joaquim Phoenix. Un’altra superstar famosa per essere stato James Bond in cinque iconici film della saga 007, Daniel Craig, è in concorso come miglior attore protagonista per aver interpretato “le più esplicite scene di amore omosessuale della storia del cinema mainstream”. Ma il premio maggiore, come abbiamo già detto, pare andrà al film di Almodovar che io regista ha detto di aver girato “per chiedere una legge mondiale sull’eutanasia”.
Da ragazzo scoprii grazie al Leone d’Oro la tragedia che accomunava tanti sacerdoti al destino di milioni di ebrei con il racconto di Louis Malle (Arrivederci ragazzi trionfò nel 1987), il talento sublime di Kieslowski (Tre colori, vinse del 1993), il coraggio dei patrioti cattolici irlandesi (Michael Collins, 1996). I tempi cambiano. Ma questi sono tempi di propaganda furibonda, a senso unico oltre che di subalternità culturale all’ideologia dominante dell’autodeterminazione. Il cinema ne è imbevuto, sembra voler raccontare solo quello e manca completamente una riflessione sulla crisi esistenziale come sulla radice storica del male che rischia di attanagliarci tutti.
Sostituiamo oggi questa riflessione con la narrazione di un sempre più feroce individualismo a più facce, che è molto di moda ma non durerà perché le moltitudini (o i popoli, usate la parola che preferite) amano da sempre racconti universali anche se apparentemente individuali. I racconti, anche cinematografici, che restano sono quelli che vedono le persone dentro una dimensione di comunità. Vincono personaggi anche forti che alla fine evochino il tutto e non il particolare, le linee che ci tengono collegati, non quelle sfibrate che ci fanno solo essere più soli e dediti ad una sorte di culto della morte (che sia quella della protagonista del film di Almodovar, delle vittime del folle Joker assassino o di Moana Pozzi e Riccardo Schicchi, non importa, tanto è un unico calderone) che pare la cifra dell’individualismo trionfante del nostro tempo. James Bond ne attraversava di ogni, ma non moriva mai.