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Il fronte guerrafondaio va avanti, Trump rimane fermo

di Riccardo Paccosi - 16/04/2025

Il fronte guerrafondaio va avanti, Trump rimane fermo

Fonte: Riccardo Paccosi

Con l'intervista rilasciata due giorni fa alla rete televisiva CBS, il dittatore ucraino Zelensky ha fatto fare un salto di qualità al fronte guerrafondaio occidentale. Non che l'intervista contenesse novità: Zelensky ha tirato fuori i soliti discorsi sulla Russia che vuole conquistare l'Europa ribadendo, quindi, che l'America non dovrebbe ritirarsi dal fronte russo-ucraino.
Il punto è che non solo le nazioni europee stanno tirando dritto col sostegno a Zelensky e con un riarmo finalizzato alla guerra continentale, non solo il dittatore ucraino non è finito travolto in seguito all'umiliazione mediatica presso la Casa Bianca, ma il fronte bellicista trova ora rinnovata sponda anche nel sistema informativo statunitense. E il fatto che Trump minacci di ritirare la licenza di trasmissione alla CBS - rea di attaccarlo troppo spesso - è una palese dimostrazione di debolezza.
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Almeno per alcuni aspetti, si tratta di un film già visto, ovvero quello del Presidente bloccato e isolato - praticamente "all'opposizione" - del mandato 2016-2020: un Presidente che, pur contrario alla guerra con la Russia, sulla spinta d'una crisi avviata dalla Gran Bretagna nel 2018 attuava il dimezzamento del personale diplomatico fra Russia e Stati Uniti, la perquisizione dell'FBI all'ambasciata russa e così via.
E' inutile stare a ricordare che in questo secondo mandato il potere di Trump è nettamente superiore alla volta precedente: quello che sta emergendo è, comunque, un senso di stallo e di relativo isolamento internazionale.
Viene infatti da chiedersi: come si può pretendere di combattere una battaglia interna al proprio paese nello stesso momento in cui si scatena una guerra commerciale col resto del mondo?
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Il fronte globalista-bellicista, invece, tiene salda la sua narrazione e la sua coesione interna, anche perché quale "visione" alternativa è mai sorta? L'anarcoliberismo in salsa nazionalista di Trump è un approccio re-attivo che funziona per ottenere il consenso elettorale della working class americana, ma non ha alcun potere di seduzione a livello internazionale né comunque può competere con l'incessante dinamismo pro-attivo dei globalisti.
Questi ultimi, infatti, possono vantare in questi giorni il ritorno delle Rivoluzioni Colorate in Serbia e altrove, il pieno controllo delle istituzioni delle singole nazioni tramite il quale cancellare avversari scomodi come Georgescu e Le Pen.
Il ruolo politico di Giorgia Meloni potrebbe in teoria fare la differenza, in quanto potrebbe candidare l'Italia al ruolo di paese mediatore fra Trump e i globalisti, ma la domanda allora è: può ancora esistere il paradigma della mediazione nel panorama politico occidentale?
La risposta non può che essere negativa e infatti, a riprova di ciò, abbiamo visto Carlo III presentarsi al Parlamento italiano richiamando l'Italia ai suoi doveri di schieramento col fronte della guerra senza che nessuna figura politica nazionale osasse eccepire alcunché.
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Tutto questo indica che l'unico fattore capace di ribaltare i rapporti di forza, potrebbe constare dell'allargamento e dell'internazionalizzazione del movimento europeo contro il riarmo: ma per ora tale obiettivo - a cui anche chi scrive sta lavorando - risulta purtroppo molto lontano dal suo raggiungimento.